I caimani del bipolarismo. Perché Prodi può

salvare l’eredità più preziosa del berlusconismo

Le tendenze neocentriste messe in luce dalla conclusione della vicenda innestata dalle dimissioni dei ministri del centrodestra, comunque le si giudichino, vedono il loro naturale sviluppo in un progressivo smantellamento della democrazia dell’alternanza. Chi ha legato la propria esperienza politica e ha maturato le proprie convinzioni più radicate proprio in quel sistema, oggi si trova spiazzato, e domani fuori gioco, se non saprà o non vorrà dare battaglia per difenderlo. Oltre a Silvio Berlusconi, c’è un altro grande protagonista dell’alternanza, Romano Prodi, che forse non a caso proprio in questi giorni ritorna a far parlare di sé. La discussione che si è riaperta sulla bocciatura della sua candidatura al Quirinale a causa di un potentissimo “fuoco amico”, oltre che a rinfocolare polemiche interne al Partito democratico alla vigilia del congresso, può servire a sottolineare come, anche per questa via, sia stato dato un colpo al bipolarismo.

Prodi ha l’autorità e l’indipendenza (sottolineata dal rifiuto di ritirare la tessera del Partito democratico) per rivendicare, dal suo versante politico, il valore permanente dell’alternanza, che ha consentito di cancellare le esclusioni pregiudiziali, portando a esperienze di governo anche esponenti delle posizioni ideologiche più radicali, da Fausto Bertinotti a Francesco Storace, senza che questo mettesse in discussione il rispetto dei principi democratici, proprio perché l’alternanza è l’antidoto più efficace a ogni pericolo di instaurazione di un “regime” che si sottragga alla sovranità popolare. Prodi e Berlusconi si sono combattuti, ma hanno rispettato nella sostanza il ruolo l’uno dell’altro, criticando aspramente le scelte politiche dell’antagonista ma non la sua funzione di punto di riferimento di uno dei due campi in competizione. Se si rileggono alla luce della situazione che si è creata gli ammonimenti di Arturo Parisi sul rischio di affossamento del sistema dell’alternanza attraverso il predominio di poteri non elettivi fuori dal Parlamento e di consorterie autoreferenziali all’interno, bisogna riconoscere che molte di quelle considerazioni, a suo tempo attribuite a uno spirito di Cassandra esasperato dalla sconfitta della cordata prodiana, contengono invece un nocciolo di verità su cui sarebbe utile riaprire una riflessione, non solo nel centrosinistra. Può apparire un paradosso l’idea che spetti proprio a Prodi salvaguardare l’eredità più preziosa del berlusconismo, l’alternanza e il rispetto della sovranità popolare, ma se si guarda al fondo delle questioni e non solo alla crosta propagandistica, si vede che esistono effettive ragioni di convergenza.Il Foglio, 8/10

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