Boldrini choc
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Economisti e imprenditori “global” allarmati dall’attacco a
Marchionne Parlano Parisi, Tanzi, Serra e altri
Dopo le dure critiche del presidente della Camera, Laura Boldrini, recapitate via lettera due giorni fa all’ad di Fiat, Sergio Marchionne, ieri è stato il giorno delle reazioni da parte di politici e sindacalisti. Soprattutto, però, sono gli economisti e gli imprenditori italiani che si muovono con dimestichezza nei mercati internazionali a giudicare con preoccupazione l’entrata scomposta della terza carica dello stato nelle scelte della prima azienda manifatturiera italiana. Boldrini, infatti, non ha soltanto respinto l’invito di Marchionne a visitare martedì prossimo lo stabilimento Sevel in Abruzzo, ma ha commentato lungamente le scelte industriali del Lingotto. I passaggi più discussi della missiva sono quelli evidenziati dalla stessa Boldrini sul suo account Twitter. Primo: “Lei concorderà che le vecchie ricette hanno fallito e che ne servono di nuove – ha detto l’onorevole eletta con Sel, il partito di Nichi Vendola, commentando le scelte di Marchionne – Per la competitività servono innovazione e ricerca, ma anche il dialogo sociale”. Secondo punto: “Non sarà certo nella gara al ribasso sui diritti e sul costo del lavoro che potremo avviare la ripresa del paese”. Una polemica con l’ad italo-canadese che dal 2010 ha tentato di rendere più flessibili le relazioni industriali, uscendo da Confindustria, ottenendo la maggioranza dei consensi dei lavoratori su nuovi contratti aziendali negli stabilimenti Fiat, e infine affrontando una lunga serie di ricorsi giudiziari avviati dalla Fiom-Cgil.
“Il presidente della Camera con queste parole dimostra di non rendersi pienamente conto di quali siano i problemi di crescita delle aziende italiane – dice al Foglio Stefano Parisi, fondatore di Chili Tv e attuale presidente di Confindustria digitale – La competitività si riconquista anche con una maggiore flessibilità del lavoro. Le imprese italiane ci stanno provando, pure attraverso difficili percorsi nelle relazioni sindacali, ma senza alcuna contrazione dei diritti dei lavoratori”. Aggiunge poi l’ex ad di Fastweb: “Formule generiche come ‘lavoro da reinventare’, ‘progetto del tutto nuovo’, ‘modelli di sviluppo sostenibile’, ‘ricette nuove contro ricette vecchie’, confermano che anche i massimi livelli istituzionali di questo paese non hanno coscienza della questione centrale della ‘competitività’. L’onorevole Boldrini poi rivendica di aver incontrato ‘sia le delegazioni di lavoratori, sia i piccoli e medi imprenditori’. E le grandi imprese? Questa cultura anti impresa, soprattutto anti grande impresa, di per sé, costituisce uno dei maggiori freni agli investimenti in Italia”. Fiat è uscita polemicamente da Confindustria, ma secondo Parisi “Marchionne sta tentando il rilancio di Fiat, anche con operazioni internazionali complesse, perciò mi auguro che tutto il paese e tutto il sistema industriale lo sostengano”.
Vito Tanzi, per 20 anni direttore a Washington del Dipartimento affari fiscali del Fondo monetario internazionale, nella missiva di Boldrini rinviene un “problema di stile” che poi diventa anche di “sostanza”. “Marchionne potrà commettere errori come imprenditore, ma sempre nel tentativo di far andare avanti la Fiat. Le posizioni accusatorie, per di più da parte di figure istituzionali, non mi piacciono affatto. Soprattutto se non possono portare ad alcun beneficio”. Qui arriva la critica di merito: “Certe frasi denotano un’incomprensione di fondo su come funziona il mercato internazionale – dice Tanzi al Foglio – Potrà piacere o non piacere, ma quello che dice Boldrini non cambia nulla. L’Italia non esce dalla crisi se le sue imprese non guadagnano competitività, anche attraverso una maggiore flessibilità del lavoro che è cosa assolutamente distinta dalla violazione dei diritti”. La lettera di Boldrini è scrutata con attenzione anche da Francesco Galietti, fondatore dell’osservatorio di rischio politico Policy Sonar, e autore di report periodici sulla situazione del nostro paese indirizzati a investitori internazionali e banchieri: “A colpire è la scelta semantica della terza carica dello stato che, dopo vicende molto significative e complesse come quelle che ruotano attorno alle acciaierie Ilva di Taranto, conferma agli investitori stranieri l’esistenza di un dissidio non ricomposto tra vecchie élite industriali e istituzioni”.
Ancora più tranchant Fabio Scacciavillani, capo economista del Fondo di investimento dell’Oman: “Qualcuno può forse immaginarsi lo speaker della House of Commons inglese che scrive alla prima azienda del paese dicendo che i suoi stipendi sono troppo bassi o troppo alti? A meno di violazioni penali, che non sta al presidente della Camera perseguire, non si verificherebbe mai un episodio simile”. Anche per Scacciavillani il problema non è soltanto di bon ton.
“Dalla lettera dell’onorevole Boldrini emerge lo zombie di una cultura che da 40 anni tenta, e purtroppo riesce, a prevalere sulle idee che invece hanno fatto progredire il resto del mondo – continua Scacciavillani, capo economista del Fondo d’investimento dell’Oman – Una cultura-zombie che entra in campo soltanto per tutelare gli amici della stessa congrega politica, in questo caso quella dei sindacati delle grandi aziende, affossando indirettamente i lavoratori di piccole e medie imprese che spesso sostengono condizioni più difficili per mantenere i privilegi delle imprese sindacalizzate”. Scacciavillani, riferendosi al “combinato disposto di dichiarazioni di Boldrini e sentenze altalenanti come quella della Consulta contro Fiat”, fa notare che anche “il livello del dibattito pubblico e istituzionale è uno dei ‘fondamentali’ cui guardano con attenzione fuori dai confini italiani. Se perfino la libertà contrattuale è compromessa, e poi messa in discussione con tanta retorica dai vertici delle istituzioni, un investore ci penserà dieci volte prima di venire in Italia. Ve lo assicuro”.
Si dice “choccato” Davide Serra, fondatore e Ceo di Algebris Investments, boutique di asset management specializzata nel settore finanziario globale che gestisce asset per circa 1,4 miliardi di dollari: “L’onorevole Boldrini scrive di voler ‘stimolare e incoraggiare nuova occupazione’ con ‘proposte di legge’. Ecco, in questo modo rappresenta egregiamente quei politici che hanno fallito pensando di risolvere tutto con una legge in più. Noi in Italia abbiamo il triplo delle norme degli altri paesi europei, tuttavia siamo terzi per gravità della disoccupazione giovanile. Se l’onorevole Boldrini vuole davvero contribuire ad attrarre investitori e a tutelare i diritti dei giovani – dice Serra, che nel novembre scorso ha sostenuto Matteo Renzi alle primarie del Pd per la premiership – si preoccupi di tagliare la spesa pubblica, a partire dalla Camera dei deputati. E’ anche con quei risparmi di spesa che la tassazione sul lavoro si potrà rendere più conveniente per sfidare la globalizzazione. Altro che ‘più diritti’”.
“Quello che sfugge in Italia è che oggi Marchionne è diventato un brand globale che simboleggia in positivo la capacità di uscire dal tunnel della crisi – dice Edoardo Narduzzi, imprenditore ed editorialista di Italia Oggi – Incarna il volto dell’Italia che non si lamenta e accampa scuse ma cerca le soluzioni nel mercato competitivo internazionale. Criticarlo significa anche mettere in cattiva luce la parte positiva del made in Italy contemporaneo. Inoltre nessuno sottolinea mai il fatto che senza Marchionne l’Italia avrebbe già perso l’auto e che la sua strategia crea varie opportunità anche alle imprese italiane: a Detroit, a Belo Horizonte, nel mondo”. La TechEdge Group di Narduzzi ha 800 dipendenti in tutto il mondo, dal Brasile a Londra, e anche nella Detroit dove Marchionne è stato celebrato sia dai lavoratori di Chrysler sia dal presidente Barack Obama: “Lì c’è consapevolezza che gli standard della globalizzazione sono terzi rispetto a tutti, perfino alle grandi economie, figuriamoci all’Italia o a Fiat”.
I sindacati riformisti si difendono
Governo, Parlamento e parti sociali procedono intanto in ordine sparso. “Non capisco le polemiche suscitate dalla lettera della presidente Boldrini a Marchionne – ha detto ieri pomeriggio Stefano Fassina, viceministro dell’Economia in quota Pd – Le sue parole sul lavoro sono orientate da un punto cardinale della nostra Costituzione: la dignità della persona che lavora”. Identica la posizione del leader di Nichi Vendola, leader di Sel, il partito entrato in Parlamento grazie all’alleanza con il Pd, alleanza abbandonata dopo l’avvio della grande coalizione a sostegno del governo Letta: “Finalmente con Laura Boldrini la schiena dritta delle istituzioni”.
Durante la mattinata, invece, non erano mancate le critiche trasversali all’intervento della presidente della Camera. Benedetto Della Vedova, di Scelta civica, aveva parlato, durante la trasmissione “Omnibus” di La7, di “parole sgangherate e poco responsabili nei confronti della Fiat”, “una accusa superficiale e ideologica a una grande multinazionale che sta investendo in Italia, nonostante la crisi anche di settore”. Critico anche Fabrizio Cicchitto del Pdl. Sandro Gozi, parlamentare prodiano del Pd, ha contestato l’errore di metodo: “Credo che la terza carica dello stato debba ricordarsi sempre di essere la terza carica dello stato: Boldrini lasci a noi e alle forze politiche il dibattito sul merito”. Non solo: un gruppo di parlamentari del Pd (principalmente renziani) e di Scelta civica ha scritto ai vicepresidenti della Camera, Roberto Giachetti e Marina Sereni, chiedendo di “valutare se accettare l’invito al Parlamento a recarsi negli stabilimenti Fiat in Val di Sangro, dando così un segnale al mondo economico e del lavoro”. Giachetti ha già detto che andrà. Anche i sindacati riformisti hanno attaccato il presidente della Camera: “Non sa di cosa parla – ha detto Giuseppe Farina, segretario generale della Fim-Cisl – Gli accordi sindacali fatti in Fiat e voluti dalla larga maggioranza dei sindacati e dei lavoratori sono tutti fatti nel rispetto delle leggi e dei diritti dei lavoratori”. Alle 21 di ieri sera, da Confindustria non erano arrivate prese di pozioni ufficiali. Sul Sole 24 Ore, quotidiano degli industriali, è apparso invece un editoriale a firma di di Alberto Orioli (a pagina 45). Lunedì prossimo Marchionne parlerà all’Unione industriali di Torino e forse replicherà. Martedì comunque annuncerà il nuovo investimento in Abruzzo, dopo i 2,8 miliardi già stanziati per Pomigliano, Grugliasco e Melfi dopo l’annullamento del piano “Fabbrica Italia” e i suoi 20 miliardi originari.
© - F.Q.di Marco Valerio Lo Prete – @marcovaleriolp