TOGA AMERICANA STRIGLIA TOGHE DE’ NOANTRI

IL GIUDICE DELLA CORTE SUPREMA USA CONTRO

I MAGISTRATI  CHE FANNO POLITICA – L’IPOCRISIA SU GUANTANAMO

Antonin Scalia: “Perché dei giudici non eletti, dovrebbero avere una visione speciale su come deve essere il mondo? Chi mai desidera un Paese guidato da giudici ed esperti di diritto? Su Guantanamo, voi europei non fate i moralisti: volete farcela chiudere? Allora quei terroristi li spediamo in Italia”…

Marco Bardazzi per "La Stampa"

Giudici, giù le mani dalla Costituzione e dalle leggi: limitatevi ad applicarle, non tocca a voi cambiarle, né darne una lettura che non corrisponde all'intento originale. Parola di Antonin Scalia, il veterano tra i nove giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti (è in carica dal 1986, quando fu nominato da Ronald Reagan) e sicuramente il più battagliero.

Scalia, 77 anni, terrà oggi a Torino l'annuale discorso dell'Istituto Bruno Leoni, nel quale prenderà di mira l'attivismo giudiziario e i magistrati che fanno politica. Seduto nel giardino di un albergo torinese insieme ad Alberto Mingardi, direttore generale del «Bruno Leoni», il giudice anticipa il suo intervento sfoderando il repertorio dialettico e l'ironia che lo hanno reso celebre come uno dei conservatori più stimati (e anche odiati) del Paese.

Ma si fa serio quando il discorso cade su Guantanamo e sui «diritti» dei detenuti nella base navale Usa, molti dei quali oggi in sciopero della fame: «Sono poco tollerante nei confronti dell'atteggiamento di superiorità degli europei su questi temi».

Perché, vostro onore? L'Europa si interroga su quale sia la soluzione per uscire dallo stallo legale di Guantanamo.

«È un atteggiamento ipocrita. Non vi piace Guantanamo? Bene, ma cosa dovremmo fare, lasciarli liberi di tornare a uccidere i nostri soldati o altra gente? Saremmo felici di rilasciarli in Italia. Diteci dove li volete, ve li spediamo. È un problema terribile, non c'è spazio per sensi di superiorità».

Quindi resteranno in quelle celle per sempre?

«È molto difficile trovare una soluzione. Non si possono celebrare processi ordinari per questa gente. Sono stati catturati sul campo di battaglia e nelle nostre aule servono testimoni, non fonti di prova indiziarie. Cosa dobbiamo fare, andare a cercare testimoni in Iraq e Afghanistan? Impensabile».

È venuto in Italia per parlare di attivismo giudiziario. Il suo approccio è l' «originalismo», cioè leggere la Costituzione per quello che significava quando è stata scritta. Ma non andrebbe adattata alla società che cambia?

«Se va emendata, lo decida il popolo. Questa è la democrazia. L'importante è che non lo decidano le corti. Perché mai dei giudici non eletti, degli studiosi del diritto, dovrebbero avere una visione speciale su come dovrebbe essere il mondo? Cosa li rende adatti a questo compito? Chi mai desidera un Paese guidato da giudici ed esperti di diritto?»

Non è solo questione di un Paese, in Europa molte decisioni sui diritti individuali oggi vengono prese a livello europeo o discusse dalla Corte per i diritti dell'uomo.

«Non sarebbe male se la Corte europea interpretasse in modalità statica le indicazioni della convenzione sui diritti dell'uomo o delle costituzioni. Ciò che era considerato invasione della privacy quando furono adottate, lo deve restare in futuro. Tutto il resto va affidato a scelte democratiche. Ma le corti non devono parlare di moralità: che ne sanno?».

Ma un giudice costituzionale come deve comportarsi di fronte a cambiamenti nella società? In Francia, per esempio, mercoledì saranno celebrate le prime nozze gay ed è un tema su cui anche la sua Corte si appresta a pronunciarsi.

«Non tocca certo a me decidere se una condotta omosessuale sia morale o no. Tocca a me, nel caso degli Usa, decidere se la costituzione richieda agli Stati di permettere il matrimonio gay e stabilire il ruolo del governo federale. Io non credo in una "costituzione vivente", che si evolve secondo la "mentalità del tempo". Se si vogliono cambiare le leggi, lo si faccia con gli strumenti della democrazia. Il giudice si limiti al suo ruolo».

Perché è così difficile nel suo Paese cambiare la legislazione sulle armi, nonostante le recenti tragedie?

«Non è per niente difficile: basta cambiare o cancellare il Secondo emendamento alla Costituzione. Ma occorre capire che non tutto il Paese considera una persona armata un criminale, come accade a New York. In Pennsylvania, per esempio, il giorno dell'apertura della caccia chiudono le scuole, perché i ragazzi sono nei boschi con i loro papà a caccia di cervi».

Casi come la strage nella scuola Sandy Hook non le fanno ritenere che occorra limitare la vendita di armi?

«Certo, ma come si limita? Qual è il criterio: non più di sette colpi? La strada è cancellare ciò che dice la Costituzione, non aggirarla».

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