La verità sulle leggi elettorali

Il maggioritario aiuta il Cav.? Il Pd prenda atto,

e non scorciatoie. La discussione che si è riaccesa sulla modifica “provvisoria” della legge elettorale potrebbe anche arrivare a qualche esito, se partirà con realismo e un pizzico di disincanto da una doppia constatazione: che nessuna escogitazione sul sistema elettorale basta a risolvere i problemi di governabilità; e soprattutto che non si può evitare di discuterne tra le maggiori forze politiche. Insomma che il Pd deve riconoscere che non può andare da nessuna parte senza discutere con Silvio Berlusconi (anche perché il sistema elettorale della Seconda Repubblica, di tipo grosso modo maggioritario, ha sempre premiato più lui che loro) e viceversa. Si è preso un sacco di tempo proprio per inseguire l’idea dell’autosufficienza, che è cosa diversa e persino opposta alla vocazione maggioritaria. Per la verità, Walter Veltroni lo aveva detto, ma poi la sua disponibilità al dialogo con l’avversario fu sepolta dalla ritorno di fiamma dell’identitarismo antiberlusconiano, che oggi riemerge attraverso il rinfocolamento di antiche polemiche sull’ineleggibilità.

Al di là delle questioni tecniche, particolarmente ardue in questo campo, conta la consapevolezza dell’insufficienza dell’ingegneria elettorale in assenza di una ragionevole ridefinizione dei rapporti politici. Le osservazioni della Cassazione sulla legge in vigore, la denuncia del fatto che il premio di maggioranza, se salta l’alleanza di coalizione che l’ha ricevuta, ostacola la soluzione delle crisi, riguarda il vezzo, tutto italiano, dei ribaltoni, più che le caratteristiche del meccanismo di voto. Il primo passo, quello di riconoscere gli interlocutori indispensabili per le riforme, è stato fatto, magari per imposizione del Quirinale, ora si tratta di capire che una norma provvisoria “di salvaguardia” non può anticipare e ancora meno sostituire quella istituzionale che deve accompagnarla. Se si smette di sperare che la legge elettorale magicamente risolva i problemi politici (soprattutto per la sinistra), si può scoprire che invece una sfida leale sul merito, se si vuole una sfida politica e non moralistica a Berlusconi, aiuta davvero a uscire dal marasma in cui ci si illude di eliminare gli avversari dichiarandoli ineleggibili o “impresentabili”. Le condizioni per archiviare le scorciatoie illusorie ci sono tutte, resta da verificare la capacità di trarne con serenità le conclusioni naturali. Foglio, 24/5

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