PAGARE IL RISCATTO AI PIRATI

Pubblichiamo alcuni stralci de “Il tesoro dei pirati

"Sequestri, riscatti, riciclaggio". Da il Foglio

La dimensione economica della pirateria somala”, una ricerca del Centro Militare di Studi Strategici. Lo studio, curato da Fausto Biloslavo e Paolo Quercia, ricostruisce la nascita e la crisi della pirateria somala e dei suoi meccanismi economici fino all’apparente “scomparsa” del fenomeno dell’ultimo anno. “Il tesoro dei pirati” sarà presentato venerdì a Trieste.

Almeno 5 miliardi di costi per l’economia mondiale, centinaia di milioni di dollari di riscatti in contanti “segretamente” paracadutati ai pirati somali da società specializzate subito inghiottiti dai circuiti finanziari del riciclaggio internazionale, un esercito di svariate migliaia di pirati armati di tutto punto e dotati delle

più sofisticate attrezzature di navigazione che hanno sequestrato centinaia di mercantili e tenuto in ostaggio migliaia di marittimi.

Sono queste alcune delle cifre dell’economia, clandestina e non, che si è creata attorno alla questione della pirateria somala, che per anni ha messo in pericolo la rotta marittima più importante del mondo globale, quella che unisce il Mediterraneo con l’oceano Indiano. Un fiume di denaro, oltre 400 milioni di dollari

negli ultimi sette anni, pagato dal “mercato globale” per poter transitare nelle acque più pericolose del mondo. A oggi nelle mani dei pirati somali rimangono 5 navi e 77 ostaggi, una piccola aliquota rispetto

al picco del 2011-2012, quando si sono registrati pagamenti superiori ai 165 milioni di dollari. Da sette mesi non si registrano più sequestri di navi nel Golfo di Aden, grazie alla mobilitazione navale internazionale e alle misure di protezione adottate dagli armatori. Il 2012 è stato l’anno

nero per i pirati.

…….. L’armatore stipula una polizza per la nave e il proprietario lo fa per il carico. Le assicurazioni scelgono uno studio legale di Londra, con l’avallo dell’armatore, che negozierà il riscatto in collaborazione con la

società di sicurezza che poi consegnerà i soldi. Il costo complessivo dei migliori studi e compagnie private oscilla tra 3 e 5 milioni di dollari.

“E’ un dato di fatto che una nuova economia è fiorita nel mondo con compagnie di sicurezza, specialisti legali e negoziatori che guadagnano dalla soluzione dei casi di pirateria – ha scritto Birgen Keles, politica turca, in una relazione per la Nato – Londra è lo snodo di società che aiutano gli armatori a districarsi negli aspetti legali del pagamento dei riscatti”. Una volta stabilita la cifra dopo mesi di trattative, che possono arrivare a oltre un anno

e mezzo nei casi più sfortunati, il riscatto viene pagato in gran parte in contanti, in dollari americani e solitamente con i seguenti tagli: banconote da 100 dollari (90 per cento), da 50 (7 per cento) e da 20 (3 per

cento). Almeno l’80 per cento del riscatto viene paracadutato direttamente ai pirati.

Un funzionario dell’Onu, in cambio dell’anonimato,ha confermato che i soldi deiriscatti arrivano a Mogadiscio per poi venire trasportati ad Hobyo, Eyl, Galkayo o Haradhere che hanno delle piste per il decollo di piccoli aerei pilotati da contractor che lanciano il denaro pattuito in contenitori stagni e galleggianti sul ponte della nave sequestrata, oppure nel mare circostante.

….  Cinque giorni dopo un rappresentante della compagnia di sicurezza Salama Fikira basata a Nairobi ha ritirato i soldi in contanti. Poi il denaro è arrivato a bordo di un aereo Cessna Citation, un piccolo jet, dalle Seychelles a Mogadiscio.

I due britannici coinvolti, Andrew Oaks e Alex James, lavorano per la Fikira guidata da Rob Andrew Obe, ex membro delle Sas, i corpi speciali inglesi. A Mogadiscio era atterrato anche un Cessna Caravan, monomotore a elica, modificato per il lancio con il paracadute a guida Gps del riscatto sul ponte della nave da liberare.

….. Nel momento in cui la nave sequestrata getta le ancore di fronte alle coste somale entra in gioco il negoziatore dei pirati. Una figura fondamentale nelle trattative per il buon esito del sequestro, che è assoldata dai pirati, ma non fa parte integrante dell’organizzazione.

….. Lo racconta Eugenio Bon, l’ufficiale triestino che nel 2011 ha passato oltre dieci mesi nelle mani dei pirati somali. “A bordo (della Savina Caylyn) arriva Alì, che si presenta come ‘avvocato’ e sostiene di essere il negoziatore con la società per farci tornare in patria il prima possibile.

Alì sta trattando anche per altre navi, ma da casa, via telefonino – spiega Bon – ‘Non ci sto a bordo con questa gentaglia’ dice in perfetto inglese indicando i pirati. L’avvocato ci permette di chiamare le famiglie

per tre minuti a testa”.

…..Due mesi dopo, con gli ostaggi allo stremo, Mr. Ali, il cui vero nome è Alì Mohammed Ali, richiama direttamente Gullestrup e in pochi giorni si chiude l’accordo su 1,7 milioni di dollari. In cambio Ali riceverà 75 mila dollari e i soldi del riscatto verranno rimborsati dalla compagnia di assicurazioni Channing Lukas & Partners di Londra.

……Settantuno giorni dopo il sequestro sembra tutto finito, ma in realtà è l’inizio della fase più pericolosa. “Erano circa le dieci del mattino quando tutti i pirati coinvolti sono saliti a bordo armati” ricorda il capitano della nave Andrey Nozhkin. Assieme ai pirati arriva da terra anche uno stuolo di negozianti, uomini d’affari e creditori che a torto o a ragione reclamano parte del bottino avendo investito sull’operazione e mantenuto nave ed equipaggio per due mesi.

Sulla spartizione dei soldi scoppia il caos: “Chi chiedeva troppo si trovava con le mani schiacciate nelle porte come punizione

….La petroliera trasporta un carico di greggio di 2 milioni di barili del valore di 100 milioni di dollari. Farah Abd Jameh, un presunto pirata, fornisce alla televisione satellitare al Jazeera una registrazione audio con le condizioni per la liberazione della nave. Nella registrazione viene spiegato che il riscatto verrà contato e controllato da una macchinetta che identifica i soldi falsi. Il 20 novembre 2008 i pirati chiedono 25 milioni di dollari imponendo un ultimatum. Quattro giorni dopo la cifra scende a 15 milioni. Il 9 gennaio 2009 la nave viene liberata dopo il lancio con il paracadute a guida Gps di un riscatto di 8 milioni di dollari. Il barchino di cinque pirati che hanno abbandonato la nave dopo la spartizione del bottino affonda a causa di una tempesta. Su uno dei cadaveri recuperati in mare vengono trovati 153 mila dollari in una busta di plastica.

Il riciclaggio del bottino

Secondo un rapporto dell’Unodc (l’agenzia delle Nazioni Unite per la lotta al crimine organizzato con sede a Vienna) sui flussi finanziari della pirateria i proventi dei riscatti vengono investiti in Kenya in attività legali come i trasporti pubblici e per merci, ristoranti, negozi di elettronica, alberghi e benzinai.

Stiamo parlando di dettagli rispetto al grosso del riciclaggio. I dati sono incerti, ma lo stesso Unodc accredita i sospetti sulla speculazione immobiliare a Eastleigh, il sobborgo di Nairobi abitato in maggioranza

dai somali, che l’hanno trasformato in una specie di cittadella finanziaria soprannominata “piccola Mogadiscio”.

…… Gran parte dell’equipaggiamento tecnologico per gli abbordaggi arriva da Dubai, come le macchine lussuose che i pirati si comprano con i soldi dei riscatti.

La diaspora.

…….  Alcuni somali occidentali sono complici dei pirati. E la notizia riguarda direttamente l’Italia. Lo ha rivelato il rapporto confidenziale del Monitoring Group al Consiglio di sicurezza dell’Onu dello scorso 27 giugno. A pagina 18, il punto 46 recita testualmente: “Investigando i movimenti e gli investimenti dei

proventi della pirateria il Monitoring Group ha identificato alcuni trasferimenti finanziari fra i pirati somali ed individui della diaspora (…) collegati a una serie di casi di sequestro come l’Al Khaliq (2010), Orna (2010), Irene SL (2011), Rosalia D’Amato (2011) ed Enrico Ievoli (2011)”.

Le due navi italiane, D’Amato e Ievoli, fanno parte delle 4 sequestrate per lunghi periodi fra il 2009 e il 2012. Al punto 46 del rapporto si fa riferimento anche all’allegato 4.4 “Strictly Confidential”. Secondo una

fonte riservata nella pagina e mezza secretata “vengono indicati alcuni nomi di persone che sono coinvolte nel riciclaggio di denaro proveniente dai riscatti pagati per ottenere la liberazione degli equipaggi e dei mercantili tenuti in ostaggio dai pirati. Persone che sono già ben note alle forze di polizia italiane e all’Interpol”. Alcuni somali immigrati in occidente sono complici. La notizia riguarda l’Italia, ci sono nomi e cognomi

…….  Quando la nave sequestrata getta le ancore di fronte alle coste somale arriva il negoziatore dei pirati. In questa foto alcuni soldati francesi arrestano dei pirati somali

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