Disintegrazione di una leadership
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Bersani affronta nel modo peggiore il blocco di sistema e la crisi
Il pragmatismo della Padania rossa è perfetto per le lenzuolate, per le parafarmacie, per gli asili nido, tutte cose importanti, ma non funziona quando le domande di senso riguardano la politica, i rapporti di forza, la definizione di un’identità programmatica se non, addirittura, di una visione. Lo si vede dal comportamento astruso e ostinato di Bersani, che sta disintegrando il fatto e il significato della sua leadership, e in pochi giorni sta vanificando il vantaggio d’immagine e di tattica che aveva acquisito all’epoca delle primarie. Certo, ha perso la corsa elettorale. E’ passato da una posizione di maggioranza virtuale, in cui vedeva l’inseguitore Berlusconi “con il binocolo”, a un risultato di parità che solo il premio di maggioranza corregge aritmeticamente ma non politicamente. E così ha pensato bene di trasformare Grillo da “fascista del Web” a interlocutore della sinistra massmediatica, quella banale degli intellettuali firmatari di appelli, e della sinistra parlamentare, quella da lui rappresentata che da Grillo ha preso una impressionante sequela di schiaffi e schiaffoni. Poi ha intrapreso consultazioni lentissime, con vari soggetti tra cui gli acrobati del circo, che sono un insulto alla condizione disperata alla quale, non senza esagerazione, proprio lui vorrebbe inchiodare l’immagine del paese e dell’economia. Alla fine ha preso atto, malamente e indirettamente per adesso, del dato che a molti era parso evidente da subito, la necessità di un compromesso con Berlusconi e il suo esercito di parlamentari per ottenere la fiducia al Senato e un clima idoneo al progetto di varare un esecutivo e avviare una legislatura.
Se gli riuscisse per vie traverse, in una logica di rinvii, di trucchi d’Aula ipotizzati un po’ alla vergognosa (l’uscita dall’Aula), di ottenere dal Quirinale un inutile confronto parlamentare, questo confronto si focalizzerebbe su un governo di minoranza, fragile, privo necessariamente di un orizzonte solido di idee e di programma, esposto a tutti i venti. Il contrario di quanto l’uomo comune e i mercati all’unisono auspicano per il paese. Solo un patto esplicito, e capace di reggere perché apertamente rivendicato e argomentato, il cui contenuto sarebbero riforme istituzionali e costituzionali condivise, più una garanzia bipartisan nell’elezione imminente di un presidente della Repubblica successore di Giorgio Napolitano, potrebbe restituire una decenza che ora latita al tentativo di Bersani e alla sua tortuosa linea di condotta dal giorno delle elezioni in qua. Ma è proprio quella dimensione che sembra sfuggire al politico che ha radici nell’onesta amministrazione, più che nella cultura della vita pubblica. Guidare il proprio schieramento, proporgli la strada, con le sue curve, è affare per uomini di stato, non per leader improvvisati.
Quotidiano, 27/3