I marò rispediti in India per proteggere gli affari
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I marò lanciano un appello dall'India «per unire le forze e risolvere
questa vicenda», che si sta trasformando in farsa con il voltafaccia del governo italiano di rimandarli a Delhi dopo aver deciso di trattenerli in Italia.
Oggi il ministro della Difesa Giampaolo di Paola e quello degli Esteri, Giulio Terzi, presenteranno un'informativa al Parlamento sui due fucilieri del San Marco. Il dibattito si preannuncia rovente. Il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, punta il dito contro il presidente del Consiglio: «Monti ha fatto una figura vergognosa con la vicenda dei marò. È senatore a vita immeritatamente. Si dimetta».
Il Giornale ha ricostruito l'inversione a U del governo scoprendo che per rimandare in India i fucilieri si è schierato in prima fila il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera. Nella riunione mattutina ristretta del 21 marzo del Comitato interministeriale per la sicurezza, è stato l'ex banchiere a caldeggiare il ritorno di Latorre e Girone paventando rappresaglie economiche degli indiani. Sarà un caso, ma il consigliere diplomatico del ministro, ereditato dal precedente governo, era Daniele Mancini nominato in gennaio ambasciatore in India: il diplomatico che gli indiani avevano bloccato a Delhi e che rischiava il peggio se i marò non fossero rientrati dopo 4 settimane di permesso elettorale in Italia.
La vera Trimurti che li ha rispediti in India è composta dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, dal premier Monti e dal braccio operativo, il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura. Terzi è responsabile della fuga in avanti dell'11 marzo con l'annuncio di voler trattenere i marò in Italia avallata da Di Paola. Dopo la colossale figuraccia farne dei capri espiatori per la Caporetto indiana serve solo a coprire i veri responsabili del voltafaccia.
Il 15 marzo, quattro giorni dopo l'annuncio che Latorre e Girone restavano in Italia, Napolitano convoca al Quirinale i ministri interessati puntando ad «una soluzione amichevole» con l'India. Mario Monti non aspetta altro e rimette in pista De Mistura, relegato in un angolo. Il sottosegretario, di fatto scavalcando il ministro degli Esteri, prende contatti con l'ambasciata indiana per una resa onorevole, che si trasformerà in una «farsa», come l'ha definita il Capo dello stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli. La mattina del 21, un giorno prima dello scadere del permesso elettorale dei marò, Passera va all'attacco. Più tardi nel Consiglio dei ministri Monti gela Terzi e Di Paola che tentano di reagire. Secondo una fonte del Giornale anche il ministro della Cooperazione, Andrea Riccardi, si schiera nettamente con Monti per il rientro in India dei marò. Quello della Giustizia, Paola Severino, avalla il voltafaccia parlando il giorno dopo di garanzie «per un giusto processo». Ieri Berlusconi si è scagliato contro il premier: «Ha sbagliato tutto. Hanno fatto tutto di testa loro, non ci hanno chiesto niente, si devono dimettere in gruppo, cacciamo Monti dal Senato».
Dall'India arriva la notizia della nomina del giudice Amit Bansal a presidente del Tribunale speciale che deciderà il destino dei marò. Secondo il codice di procedura penale non può applicare la pena di morte o l'ergastolo, ma una condanna massima a 7 anni. Il sottosegretario de Mistura ha incontrato il ministro degli Esteri indiano cantando vittoria, come se non esistesse un'evidente disfatta.
I più seri sono i marò. Ieri sera nella puntata di «Terra!», su Rete 4, Toni Capuozzo ha letto un messaggio di Latorre. «Non ci serve ora sapere di chi sia stata la colpa perché non ci porta a nulla - spiega il fuciliere -. Quel che vi chiediamo ora non è divisione, ma unite le forze e risolvete questa vicenda (prima aveva scritto tragedia e poi l'ha corretto). Come dicono i fucilieri tutti insieme, nessuno indietro. Siamo italiani dimostriamolo».
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