L'orgoglio dei veri italiani alla faccia di chi li offende
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Mentre quattro mentecatti vorrebbero dichiarare ineleggibile il principale
uomo politico italiano degli ultimi vent'anni, Bersani si rifiuta di ascoltare la rabbia di un italiano su tre
Non è la via stretta, quella di Bersani, è la via sbagliata. Quattro mentecatti che vorrebbero dichiarare ineleggibile il principale uomo politico italiano degli ultimi vent'anni, i micromeghisti che passeggiano a Roma, piazza Santi Apostoli, sono nell'immaginazione malata di questo vecchio e fino a ieri prudente capo apparato l'avanguardia della cosiddetta società civile.. Un governo aperto ai grillini, cioè agli alieni, alle astensioni dalla presenza in aula, cioè ai futuri cecchini, un governo ridondante di scemenze programmatiche, senza numeri e senza idee, pronto a tutto pur di durare un pochettino di più della compagine Prodi del 2006, quella che aveva ventimila voti di vantaggio alla Camera su Berlusconi. Ecco il pragmatismo, ecco il cambiamento.
Invece a Piazza del Popolo ci sono i berluscones .. Milioni di voti regolarmente espressi. Una esperienza di molti anni e un assetto della vera società civile. Con questi, dice Bersani, non si parla. Non esistono se non alla lontana per un qualche accordo formale sulle riforme istituzionali ed elettorali. Ma non fanno «discorso di rinnovamento», non si prestano alla mascherata che ha portato alla presidenza delle Camere gli outsider senza consenso, gli ultimi venuti senza altro appeal che non sia una presuntiva garanzia civile derivante dalle sezioni umanitarie dell'Onu e, figuriamoci, da una carriera in magistratura..
È la via della faziosità, della demagogia sfrenata, dell'ottusità, del muro contro muro, del guerreggiare senza costrutto, dell'esclusione programmatica. Hai la maggioranza? Allora forma un governo e rispetta l'opposizione invece di sognare decreti autoritari per abolirne la leadership, nessuno te lo impedisce. Non ce l'hai? Allora fa' una grande coalizione con l'avversario di ieri, con l'altro grande partito che ha preso praticamente i tuoi voti, sei obbligato dalla logica, dalla situazione effettiva in cui si trova il tuo Paese, dall'orientamento ovvio dell'opinione europea e italiana a favore di soluzioni per quanto possibile stabili, che abbiano fondamento in un vero consenso.
Che i capricci molesti del gruppo Espresso-Repubblica e le invidiose cattiverie dei neopuritani del Palasharp abbiano a tal punto condizionato Bersani e il suo Pd è veramente uno scandalo in movimento, difficile da sopravvalutare. Bersani è un faticone della vita di partito e un buon ministro «riformista», uno dei pochi che si segnalarono per qualche idea efficace nei governi di centrosinistra degli anni Novanta. Il suo progetto culturale era chiaro: restaurare un certo ordine mentale e culturale in politica, fare le cose che è possibile fare, tenere conto del ruolo e della storia delle forze sociali e politiche realmente espresse dalla società italiana, senza chiusure pregiudiziali a quel che si muove fuori delle istituzioni, ma senza star lì a adulare ogni cascamorto che si autoinsignisce della titolarità della società civile. È finita malamente. Il Pd si vergogna di sé stesso, e il suo leader sacrifica al proprio interesse personale provvisorio, come uno che scopra il potere a sessant'anni, i sogni della generazione che aveva giurato di voler promuovere alla guida del Paese.
Vinci le elezioni e fa' il governo che avevi promesso agli elettori, con i tuoi uomini e donne di partito, con i Fassina, con i Matteo Orfini, con le Moretti, con le forze vive che hanno nutrito la tua battaglia (sbagliata, peraltro) contro Matteo Renzi. Non sarà niente di eccezionale ma questo è il risultato di una fisiologia democratica. Invece ecco che Bersani le elezioni non le vince, e fa o vuole fare il governo suggerito dai giornali di area, dalle lobby della cosiddetta società civile, un esecutivo subalterno ai dettati di Grillo e Casaleggio. Faccia tosta: dal governo di Bettola, con benzinaio incorporato, alla giunta di Gaia, la fumisteria apocalittica del guru.
G. Ferrara, 24/3