L’euro instabilità politica può spingere Draghi
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nelle braccia di Merkel
Cipro (declassata) si smuove dopo l’ultimatum della Bce. Timori per lo stallo italiano. Ora si rafforzano idee e posizioni dei “nordici”
Cipro pesa quanto lo 0,2 per cento del pil dell’Unione europea, ma l’ondata di instabilità che viene dalla piccola isola eurodotata e declassata a CCC da S&P’s, sommata allo stallo politico in Italia, rischia ancora una volta di mutare profondamente gli equilibri politici di tutto il continente. Innanzitutto restringendo lo spazio di manovra che si era ritagliato negli ultimi mesi Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea. Ieri mattina, non a caso, è stata la Bce a mostrare il volto più duro dell’Ue nelle trattative in corso con Cipro che, martedì scorso, aveva bocciato il piano di aiuti proposto dai leader dell’Eurozona con annesso prelievo forzoso dai depositi bancari locali. L’Eurotower ha deciso di mantenere aperto il rubinetto di liquidità di emergenza (Emergency liquidity assistance) verso l’isola fino a lunedì prossimo. Successivamente, ha scritto in una nota stringata, la liquidità di emergenza potrà essere elargita soltanto se Nicosia accetterà un programma di aiuti da Ue e Fondo monetario internazionale. Così mentre si allungavano le code ai bancomat delle banche cipriote (chiuse da sabato scorso e fino alla settimana prossima), e mentre davanti al Parlamento si verificavano scontri tra manifestanti e polizia, il governo ha proposto una completa “ristrutturazione” del sistema bancario locale.
Non si escludono prelievi sui depositi bancari più pingui, né la vendita delle riserve auree e la nazionalizzazione dei fondi pensione, mentre l’ipotesi di un aiuto russo è ora meno verosimile. Draghi è dunque riuscito a imprimere una svolta? Si vedrà. Certo è che, in questa situazione, un parziale irrigidimento da parte della Bce bisognava attenderselo, secondo David Marsh, già storica firma del Financial Times e oggi presidente dell’Official Monetary and Financial Institutions Forum. Più della situazione cipriota, per Marsh, pesa però la situazione italiana: “L’alta considerazione di cui godeva Mario Monti presso i tedeschi, in particolare la sua stretta relazione con Angela Merkel, ha accresciuto la credibilità di Draghi in Germania – ha scritto Marsh sul sito Market Watch del Wall Street Journal – dove i politici e l’opinione pubblica sono sempre più dubbiosi su costi e benefici dell’euro”. Anche grazie alla stabilizzazione delle condizioni italiane ad opera del governo tecnico, osserva Marsh, Draghi ha potuto giocare di sponda e arginare le resistenze della Bundesbank e di molti politici teutonici, prima avviando le operazioni di rifinanziamento a lungo termine delle banche europee (dicembre 2011), poi aprendo un ombrello illimitato a sostegno dei debiti pubblici dei paesi in crisi (settembre 2012). Dopo il voto italiano, però, sostiene sempre Marsh, “lo spazio di manovra della Bce e di Draghi è stato limitato”. Il fatto che sia “venuto a mancare un mandato riformista a Roma ridisegna il complesso equilibrio di potere a tre, tra Draghi, Weidmann (banchiere centrale tedesco e già stretto collaboratore di Merkel, ndr) e Merkel”. Il nuovo equilibrio pende più a favore dei falchi di Berlino.
Della stessa opinione è Nouriel Roubini, economista-guru, la cui società d’analisi in queste ore ha diramato ai suoi clienti un rapporto sull’Italia così intitolato: “L’instabilità politica farà pagare dazio”. “In questa situazione inizierà un processo di ‘ricatto politico’ vicendevole tra Bce, autorità dell’Eurozona e un precario governo italiano (…). E’ possibile che alla fine la Bce farà qualcosa, ma c’è attualmente una penuria di strumenti politicamente utilizzabili”. Per l’economista della Luiss Pierpaolo Benigno, invece, “la Bce non sta cambiando veramente atteggiamento. Piuttosto, di fronte al fatto che a Bruxelles si ragiona dietro le quinte sull’ipotesi di far uscire Cipro dalla moneta unica, Draghi sta correttamente ribadendo che ogni programma di acquisto illimitato di titoli di stato potrà scattare soltanto in cambio di precise condizionalità di politica economica. Altrimenti sarebbe un’intrusione nella politica fiscale”. Pure Benigno, però, osserva che la rinnovata instabilità politica coincide “con la scomparsa dal discorso pubblico dei ragionamenti su una maggiore integrazione, come per esempio sugli Eurobond”. Discorsi invisi ai governi nordici, e a maggior ragione impraticabili di fronte al rischio che alcuni paesi possano non mantenere i loro impegni su rigore e riforme. “L’instabilità non è positiva per nessuno – è il ragionamento dell’europarlamentare francese Sylvie Goulard sul mutato atteggiamento delle capitali più rigoriste – La moneta non è uno strumento tecnico, presuppone la fiducia. In un contesto così delicato, ogni stato deve sforzarsi di garantire la massima stabilità e di rispettare gli impegni. Una cosa è chiedere l’applicazione intelligente di certi criteri, un’altra è approfittarsi delle difficoltà collettive per rubare qualche beneficio”.
di Marco Valerio Lo Prete – @marcovaleriolp