CONTI CIPRIOTI CONGELATI FINO A DOMANI

Pugnalati alle spalle, dai loro governanti e dall'Unione europea. Domenica di

rabbia per i ciprioti: non riescono a digerire il fatto che il salvataggio dell'isola si farà sulla loro pelle. Salvata l'Irlanda con 67 miliardi, salvato il Portogallo (78 miliardi), salvata la Spagna (39 miliardi), salvata la Grecia (240 miliardi). Fino ad ora nessuno aveva fatto pagare il dissesto di un paese direttamente ai suoi cittadini.

Marco Sodano per "la Stampa", 18/3

Cipro invece si candida a ottenere questo sgradevole primato con la legge che imporrà, in cambio dei 10 miliardi in arrivo dall'Europa, un prelievo forzoso sui conti correnti del 9,90% per quelli sui quali ci sono più di 100 mila euro e del 6,75 su tutti gli altri.

Attenzione però: in cambio, i correntisti, riceveranno azioni dell'istituto presso il quale hanno il conto. Consolazione parziale vai a sapere nei prossimi giorni dove precipiteranno le quotazioni delle banche cipriote - che però cambia il quadro delle cose. In Italia, correva il 1992, il prelievo deciso da Amato con la tassa per l'euro fu 11 volte più basso di quello del 6,75%. Però nessuno ci ha restituito nulla.

I ciprioti non se ne danno per intesi: ieri è continuata la corsa ai bancomat già vista sabato, stratagemma estremo per tentare di salvare il salvabile. Tutto inutile, la stragrande maggioranza degli sportelli automatici dell'isola è già a secco, per gli altri vale il congelamento delle attività deciso ieri dal governo. Stesso discorso per le filiali bancarie: chiuse oggi per il "lunedì pulito", festività ortodossa che corrisponde al nostro mercoledì delle ceneri, lo resteranno anche domani, messe in ferie forzose dal governo che teme disordini. «Speriamo che il popolo ci capirà», ha dichiarato ieri il ministro delle Finanze. Non c'è da scommetterci.

Resta il problema di approvare la legge. Ieri il governo ha deciso di spostare la votazione ad oggi nel tentativo di trovare una maggioranza. Il presidente Nikos Anastasiades fatica a trovare i 57 voti necessari. La Banca centrale europea ha fatto pressing in tutti i modi per ottenere un voto domenicale spinta - a sentire fonti dell'Eurotower - «dal timore di un effetto domino» che potrebbe scatenarsi fin da questa mattina sui mercati finanziari e negli istituti bancari europei.

Secondo i siti web di Cipro, invece, la fretta di Francoforte nascerebbe dal timore che l'isola riesca a ottenere aiuti finanziari da altri creditori internazionali non europei. La Russia non sarà della partita: ha già fatto sapere che non intende fornire altri aiuti a Nicosia dopo il prestito di 2,5 miliardi di euro deciso nel 2011 (sul quale Mosca sarebbe però pronta a concedere un allungamento dei tempi di rimborso e un taglio del tasso di interesse). Però sempre ieri - e sempre a quanto scrivono i siti ciprioti - una delegazione di parlamentari sarebbe arrivata a Pechino per chiedere al governo cinese un prestito che consenta di non toccare i depositi bancari.

Ultimo atto di una giornata burrascosa, infine, è arrivato il discorso alla nazione del presidente Anastasiades. L'accordo fatto in Europa, ha detto, «è una scelta dolorosa ma è l'unica che consentirà di salvare la nostra economia». Rifiutare l'offerta dell'Eurozona equivarebbe all'immediata chiusura «di una delle maggiori banche di Cipro» e l'interruzione degli aiuti della Bce agli istituti di credito dell'isola con un corollario di conseguenze terribili: migliaia di posti di lavoro perduti nelle banche stesse, il fallimento di centinaia di piccole e medie imprese locali e «l'espulsione immediata dall'eurozona, con una paurosa svalutazione della moneta cipriota».

3 - L'EUROPA HA ROTTO UN TABÙ MA AL MINOR PREZZO POSSIBILE

Marco Zatterin per "la Stampa"

Il problema non è ciò che è successo, ma quello che potrebbe accadere. Per strappare Cipro al collasso finanziario, l'Eurozona ha deciso di rompere il suo storico patto coi risparmiatori e finanziare in parte il salvataggio imponendo una "una tantum" sui conti bancari dell'isola.

Anche se metà delle vittime dello scalpo creditizio saranno stranieri, dunque non risparmiatori qualunque, i soldi destinati all'erario di Nicosia infrangono un tabù. Ora si sa che Bruxelles ha un'arma in più da utilizzare alla prossima crisi. Non è un segnale confortante, potrebbe innescare un fuga dai depositi alla prima incertezza, il che non tranquillizza i mercati, per i quali conta solo la stabilità.

A Bruxelles ricordano che qualcuno doveva pur pagare. La tempesta è cominciata in parallelo a quella greca, quando si è scoperto che le banche cipriote vantavano un'esposizione di oltre venti miliardi di euro nei confronti dei cugini ellenici, un buon 50% dei quali sarebbe andato perso con la "partecipazione dei privati" al salvataggio: era una somma doppia del pil isolano. Il tempo ha reso il quadro sempre meno sostenibile. Posto che sull'isola mediterranea nessuno, tantomeno lo stato, aveva i mezzi per ristrutturare la barca che affondava, il conto poteva avere solo tre intestatari: i contribuenti; i creditori; l'Europa e/o il Fmi.

Al punto in cui siamo - è il quinto salvataggio dal 2009 - la strada d'un intervento all'ombra della bandiera a dodici stelle non era praticabile, per molti motivi, a partire dal fatto che in Germania - il paese che per definizione paga più degli altri - si vota in settembre.

Non si poteva fare nemmeno per "soli" 10 miliardi, somma tutto sommato piccola. Volendo evitare un aumento della pressione fiscale generalizzato in tempo di recessione, alla fine non restava che disegnare un pacchetto composito che mirasse ai correntisti, sapendo fra l'altro che fra loro ci sono parecchi stranieri, sopratutto i russi. I quali, viene rimarcato, non hanno necessariamente le carte in regole in un'isola che - stando a numerosi osservatore - è centro dinamico di riciclaggio.

Così i detentori di conti correnti pagheranno il 6,75% sotto i centomila euro e il 9,9% sopra. Una volta soltanto. Non a fondo perduto come la tassa italiana che il governo Amato impose nell'estate del 1992. Agli scotennati sarà data una quota di azioni della loro banca pari all'imposta. Limita i danni. I quali, come ha detto il presidente Anastasiades, sarebbero stati maggiori se si fosse fatto altrimenti.

Vero o falso? Per i ciprioti è probabilmente vero. Per ottenere i fondi necessari per ricapitalizzare le banche, il governo ha promesso di introdurre nuove imposte sulla finanza e rivedere il sistema creditizio, i cui asset sono arrivati a pesare l'850% del pil. Se non avesse tassato i correntisti avrebbe dovuto colpire i contribuenti: invece, per metà, carica l'onere su degli stranieri, magari non del tutto limpidi.

Gli effetti per l'Europa sono incerti. Appena un altro universo bancario dovesse traballare, l'una tantum cipriota consiglierebbe di cambiare aria ai depositanti, col risultato di impanicare il sistema. I mercati potrebbe non gradire, anche se i creditori obbligazionari privilegiati sono stati esclusi dalla tosatura.

L'ultima incertezza è tutta comunitaria: il pacchetto deve essere approvato da tutti e diciassette i parlamenti dell'Eurozona. Sarà una corsa ad ostacoli che si preannuncia faticosa e potrebbe non essere priva di incidenti. Dalle nostre parti succede spesso.

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