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Presidenze, il Pd sceglie Boldrini (Sel) e Grasso
Dopo le fumate nere, il Pd cambia strategia. Chiude all'alleanza con Monti. E punta sull'ex portavoce dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati alla Camera. E sul procuratore antimafia al Senato.
Il Partito democratico cambia strategia sulle presidenze del parlamento. Tramontata l'alleanza con Lista civica, che per volontà del premier uscente Mario Monti ha scelto di votare scheda bianca a Montecitorio e Palazzo Madama, il partito di Pier Luigi Bersani punta su due nuove candidature per lo scranno più alto di Camera e Senato.
Per Montecitorio il Pd ha scelto Laura Boldrini di Sinistra e libertà, mentre per Palazzo Madama c'è Pietro Grasso.
CANDIDATURE PER CAMBIAMENTO. A darne annuncio è stato lo stesso leader dei democratici, ricevendo gli applausi dei deputati di Pd, Sel e centro democratico. «Queste candidature vanno nella logica di responsabilità e cambiamento», ha detto Bersani, giustificando la scelta di Boldrini e Grasso.
Il leader Pd ha poi aggiunto che nonostante sia fallito il tentativo del Pd di condividere le presidenze con altre forze «continueremo ad avere atteggiamento di condivisione e reciprocità anche per le presidenze delle commissioni».
SODDISFATTO FRANCESCHINI. «Una grande scelta di innovazione che ho voluto e condiviso», è stato il commento di Dario Franceschini su Twitter sulla decisione comunicata da Bersani di puntare su Boldrini e Grasso. «Mai le aspirazioni personali davanti agli interessi generali» è la tesi proposta dell'ex segretario del Pd, che era stato tra i papabili per lo scranno più alto di Montecitorio.
NUOVE VOTAZIONI IN PARLAMENTO. Dopo le tre fumate nere a Montecitorio il quorum per eleggere il presidente scende a 316 voti e a questo punto il centrosinistra, forte di 345 seggi può permettersi di non scendere a patti con gli altri partiti.
Discorso differente per Palazzo Madama: dopo le votazioni a vuoto di venerdì 15 marzo, sabato 16 la maggioranza assoluta è richiesta solo per la terza votazione. Quindi, si procede al ballottaggio tra i due candidati più votati e per l'elezione basta la maggioranza relativa. E, come per la Camera, anche in Senato il centrosinistra può far valere i suoi 123 voti contro i 117 del centrodestra e i 54 del Movimento 5 stelle.
Sabato, 16 Marzo 2013, Lettera 43