Doppio turno, il vero piano B di Bersani
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E’ il modello che in Francia annulla l’antisistema (ma Grillo lo sa?)
Nell’ultima frase del quarto paragrafo del programma del governo che Pier Luigi Bersani vorrebbe presiedere c’è scritto: “Legge elettorale con riproposizione della proposta pd sul doppio turno di collegio”. A prima vista può sembrare una banale ripresa di una ipotesi già avanzata in passato, in realtà si tratta di un elemento politico di grandissimo rilievo, che però si cerca di “tenere basso”. Anzi, in direzione, a una combattiva esponente della sparuta pattuglia riformista, Magda Negri, che sosteneva che se c’è il rischio di una crisi di sistema, bisogna rafforzare il sistema, con il doppio turno che è l’anticamera dell’elezione diretta di un presidente della Repubblica con poteri di governo, Bersani aveva replicato con sufficienza e con qualche giaculatoria.
E’ un fatto che in Francia, dove si vota con quel sistema dal 1958, le tendenze antisistema, che raggiungono e superano spesso il 30 per cento, finiscono col ridursi a minuscole rappresentanze parlamentari. Non è dato sapere che cosa pensi Beppe Grillo di questa ipotesi, che potrebbe agire nei confronti del suo movimento come una tagliola. La riforma della legge elettorale, e possibilmente del bicameralismo perfetto, probabilmente diventerà, insieme alle misure economiche, il tema centrale del confronto quando l’illusione dell’utilizzo dei grillini (con tanto di trappola elettorale già pronta) sarà tramontata. Forse per questo Bersani ha cercato di evitare che si notasse quel “codicillo” sul doppio turno che alla fine potrebbe rivelarsi il punto centrale di un percorso politico e di intese del tutto diverse da quelle proposte e che sembrano più in sintonia con la costante pressione del Quirinale.
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