Non è tutta colpa del Porcellum
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Con un diverso sistema elettorale, avremmo avuto una maggioranza stabile?
L’ingovernabilità non sembra dovuta al Porcellum, ma all’esistenza di tre poli di dimensioni simili e poco propensi ad accordi. La riforma della legge elettorale è comunque necessaria, per migliorare la qualità dei candidati.
UN PREMIO SENZA QUALITÀ (DEI CANDIDATI)
Durante la conferenza stampa post-elettorale, Pier Luigi Bersani ha mestamente constatato che, pur senza vincere, la sua coalizione è arrivata prima, e ha prontamente accusato il sistema elettorale per l’ingovernabilità del paese. Il Porcellum ha sicuramente molti difetti, ma siamo sicuri che lo stallo in cui versa la situazione politica italiana sia da attribuire a questo (seppur pessimo) sistema elettorale? È vero che un sistema maggioritario avrebbe regalato maggioranze più stabili alla Camera e al Senato?
Evidentemente il premio di maggioranza su base nazionale previsto dal Porcellum per la Camera premia la governabilità, poiché consente alla coalizione che ha ottenuto la maggioranza relativa dei voti di godere della maggioranza assoluta dei seggi. In queste elezioni, uno scarto di soli 124mila voti favorisce il centrosinistra, che si vede assegnare ben 216 seggi più del centro destra (340 a 124 nel collegio unico nazionale che non comprende la Valle D’Aosta e la circoscrizione Estero). Questo forte elemento di dis-proporzionalità, che consente di ottenere la governabilità alla Camera, è tuttavia discutibile, perché da un lato non garantisce la rappresentatività tipica dei sistemi proporzionali, e dall’altro non introduce quell’elemento di concorrenza elettorale che può spingere i partiti a competere sulla qualità dei politici, selezionando i candidati migliori.
Dunque Bersani si riferiva al sistema elettorale in vigore al Senato, con il premio di maggioranza attributo a livello regionale, che ci ha consegnato un’assemblea divisa in quattro partiti (o coalizioni), nessuno dei quali gode della maggioranza assoluta, e con difficili coalizioni all’orizzonte. Ma siamo sicuri che altri sistemi elettorali – al di là ovviamente del sistema già in vigore alla Camera – avrebbero consentito una maggiore governabilità al Senato?
TRE POLI IN PARLAMENTO
Per rispondere alla domanda, abbiamo analizzato cosa sarebbe accaduto se i voti ottenuti dai diversi partiti o coalizioni durante le elezioni del 24 e 25 febbraio fossero stati espressi sotto diversi sistemi elettorali. (1) Si tratta ovviamente di un esercizio puramente teorico, poiché è ben noto che i sistemi elettorali modificano l’offerta politica, ad esempio inducendo alcuni partiti a raggrupparsi in coalizioni o incentivando la nascita di nuovi partiti o movimenti, e di riflesso cambiano le scelte elettorali dei cittadini.
Ciò nonostante, è ugualmente istruttivo comprendere in che misura, date le scelte di voto dello scorso weekend, sia stata l’assegnazione dei seggi dettata dal Porcellum a determinare l’ingovernabilità del paese. La tabella allegata mostra la distribuzione dei seggi ai sei principali partiti o coalizioni (centrodestra, centrosinistra, M5S, Lista Monti, Fare e RC) in diversi scenari che vanno dal proporzionale puro (collegio nazionale senza soglie di sbarramento) al maggioritario con collegi uninominali. Sono analizzati anche casi intermedi, che prevedono un sistema proporzionale con collegi regionali o provinciali (e diverse soglie di sbarramento), e sistemi maggioritari a livello regionale o provinciale (ovvero dove il partito di maggioranza relativa ottiene tutti i seggi disponibili a livello, rispettivamente, regionale o provinciale).
Come è facile prevedere, il sistema proporzionale puro (ovvero con un collegio nazionale e senza soglie di sbarramento) consegnerebbe un Senato ancora più diviso, con 98 seggi alla coalizione di maggioranza relativa (il centrosinistra) e ben 74 seggi al Movimento 5 Stelle. L’incremento della soglia di sbarramento fino all’8 per cento aumenterebbe i seggi del M5S e della lista Monti, a discapito dei partiti minori delle due maggiori coalizioni, che probabilmente in quel caso sarebbero però confluiti in una lista unica. L’utilizzo di un sistema proporzionale con collegi regionali non modificherebbe il quadro attuale in maniera rilevante. Il proporzionale con collegi più piccoli (provinciali) consentirebbe invece al M5S di diventare il secondo partito in Senato con 97 seggi, contro gli 81 del centrodestra, poiché penalizzerebbe la coalizione internamente più frammentata (il centrodestra) a favore del partito unico (M5S). In nessun caso, tuttavia, un sistema proporzionale (puro o modificato con una soglia di sbarramento, anche molto restrittiva) sarebbe stato in grado di garantire una maggioranza assoluta in Senato, dati i voti espressi domenica e lunedì scorso.
Una maggiore governabilità al Senato poteva invece essere ottenuta dai sistemi maggioritari (Fptp: first-past-the-post). Il caso dei collegi regionali, in cui la coalizione di maggioranza relativa si assicura tutti i seggi in palio nella Regione – estremizzando dunque la componente del premio regionale già esistente nel Porcellum – rappresenta l’unica situazione in cui una coalizione (quella di centrodestra) sarebbe in grado di assicurarsi la maggioranza assoluta al Senato con 164 seggi, contro i 107 del centrosinistra, mentre il M5S non otterrebbe alcun rappresentante. Con i collegi provinciali, la coalizione di centrodestra otterrebbe 144 seggi (7 in meno della maggioranza assoluta), il centrosinistra 140 e i grillini avrebbero 17 senatori. L’analisi condotta utilizzando i 231 collegi uninominali esistenti nel 2001 con la legge elettorale Mattarella, ma ignorando la componente proporzionale, presenta una situazione molto simile. Considerando un maggioritario a sistema a turno unico (“first-past-the-post”), centro-sinistra e centro-destra avrebbero circa 100 seggi a testa (con il centro-sinistra in leggero vantaggio) ed il contingente del M5S sarebbe limitato ad una ventina di seggi, ma potenzialmente decisivo per il governo. I dati delle elezioni 2013 non ci consentono ovviamente di simulare gli ipotetici risultati in un sistema maggioritario a doppio turno.
Contrariamente alle riflessioni offerte da Bersani, più che al Porcellum l’ingovernabilità nel nuovo scenario politico italiano sembra quindi dovuta all’esistenza di tre poli indipendenti di dimensioni simili, e poco propensi ad accordi post-elettorali. Tuttavia, una riforma dell’attuale sistema elettorale è quanto mai necessaria per correggere i gravi difetti che, ad esempio, l’esistenza di liste bloccate induce nella selezione dei candidati politici e nella loro accountability verso gli elettori. In quella sede sarà bene ricordare che qualunque riforma in direzione proporzionale (ad esempio attraverso una riduzione dei premi di maggioranza su base nazionale o regionale) renderebbe ancora più arduo il raggiungimento di una maggioranza in entrambe le camere. Per migliorare la governabilità è necessaria una riforma in chiave maggioritaria, che consentirebbe anche di aumentare la competizione elettorale, con conseguenze sulla selezione dei candidati. Vincenzo Galasso e Salvatore Nunnari. Per La Voce info