Sorpresa. Anche i giovani anti Renziani puntano su
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Renzi per il dopo Bersani. “Il Pd ha sbagliato campagna. Ora via i vecchi capitani
del partito”. Parla Matteo Ricci, rottamatore bersaniano. “Scusa ma non mi trattengo più, adesso dobbiamo dire la verità, basta prenderci in giro”. Prego. “La verità è che in questa campagna elettorale abbiamo sbagliato. Avevamo puntato sulla serietà, mentre gli italiani avevano bisogno di un sogno. Abbiamo puntato sulla sobrietà, mentre gli italiani avevano bisogno di una speranza. Abbiamo puntato sulla ditta, mentre gli italiani avevano bisogno del cambiamento. Perciò è inutile girarci intorno e usare mezze parole: le elezioni sono state deludenti e se vogliamo provare a uscire da questa matassa dobbiamo fare autocritica e dire non che ‘non abbiamo vinto’ ma che tecnicamente è come se avessimo perso”.
Bum! A parlare qui tra virgolette tutto d’un fiato non è il solito integralista dell’antibersanismo e non è il solito teorico della vocazione maggioritaria che non aspettava altro che un flop del segretario del Pd per tornare sui giornali con il sopracciglio obliquo e il ditino alzato. A parlare qui tra virgolette è invece uno dei giovani di talento che fa parte di quella famosa corrente ultra di sinistra del Pd (i giovani turchi) che da settembre a oggi ha sempre difeso, appoggiato e sostenuto con coerenza la corsa di Bersani prima alla premiership e poi alla conquista di Palazzo Chigi. Il suo nome è Matteo Ricci, ha 38 anni, è il presidente della provincia di Pesaro e Urbino ed è uno degli amministratori locali più apprezzati dal leader del Pd. Ricci, come molti suoi colleghi, ha osservato con attenzione le mosse del suo segretario e – pur condividendo il tentativo di Bersani di provare a governare con chi fino a tre giorni fa gli dava del Gargamella – riconosce che nella galassia del centrosinistra oggi, dopo il flop elettorale, ci sono due stelle all’orizzonte che vanno inseguite e sorvegliate per rimanere a galla e per provare a non perdere del tutto la rotta del futuro.
“Da militante istituzionale – dice Ricci – mi spiace che nel gruppo dirigente del Pd nessuno abbia ammesso qual è il vero punto dopo queste elezioni: qui, ragazzi, è finita un’era, è finito il ciclo di una grande classe dirigente, è finita l’epoca di chi pensava di dare le carte con un’intervista a un giornale ed è finita l’era di chi non è riuscito a dimostrare che il Pd è la forza del cambiamento, non la forza della conservazione. Per carità: oggi tutti dobbiamo sostenere Bersani, e credo sia giusto il tentativo fatto dal segretario di stanare Grillo e dimostrare che in questa storia se c’è qualcuno che vuole lo sfascio di certo non siamo noi; ma una volta compreso se sarà possibile o no fare questo governo, che mi sembra impresa ardua, è importante capire che questa classe dirigente non potrà essere quella che ci accompagnerà alle prossime elezioni. Non esiste, bisogna cambiare tutto”.
Ricci, portando avanti un ragionamento condiviso in una buona parte dell’ala sinistra del Pd, sostiene che nel caso in cui dovessero fallire le trattative con Grillo all’orizzonte non ci potrà essere nessun governissimo e nessun altro tipo di governicchio ma ci dovrà essere necessariamente un rapido ritorno alle elezioni. “E’ inutile illuderci. Anche se Grillo dovesse appoggiare il nostro programma quanto pensate che potremmo durare? Quattro mesi? Sei mesi? Otto mesi? Un anno? Bisogna essere realistici, visto che si potrebbe andare a votare anche a giugno, e prepararci per il futuro. Un futuro in cui questa classe dirigente dovrà farsi da parte. E un futuro in cui dovrà essere promosso un vero ricambio generazionale. E in questo senso io credo che anche per noi – per noi non renziani, insomma – sia inevitabile ammettere che il futuro, oggi, si chiama Matteo Renzi”. Renzi? Abbiamo sentito bene? Un giovane turco che propone di puntare su Renzi? Sicuro sicuro? “Sì. Credo che per il domani i rinnovatori del centrosinistra, tutti, sia quelli che si sono schierati con Renzi sia quelli che si sono schierati contro di lui, debbano dar vita a una sorta di grande coalizione tra rottamatori. Matteo oggi è uno dei pochi che ha le potenzialità per competere con Grillo e per rivoluzionare il Pd ma se vogliamo che sia lui il nostro candidato del futuro dobbiamo far scattare l’operazione Panda. Che in una parola significa salvaguardare Matteo e non bruciarlo come mi sembra che stia provando a fare qualcuno con una certa malizia”.
Il ragionamento di Ricci – che si collega con le polemiche di ieri sollevate da un retroscena del Corriere della Sera che lanciava Renzi come leader di un possibile governo di grande coalizione, ipotesi subito smentita dal sindaco di Firenze – si conclude poi con una riflessione significativa sul segretario. Ricci non rinnega il suo appoggio a Bersani e in fondo crede che dal suo punto di vista il leader Pd abbia fatto tutto ciò che era nelle sue corde. Ma nonostante ciò il Rottamatore marchigiano riconosce che se Bersani vuole contribuire a gestire questa transizione in modo costruttivo deve essere lui per primo “a schiacciare il bottone dell’azzeramento”. “Pier Luigi – dice Ricci – deve gestire la transizione per provare a far vincere la prossima partita al Pd e deve aiutarci a promuovere questo ricambio il prima possibile e nel miglior modo possibile. Il partito, si sa, è in gran parte l’immagine riflessa del suo leader: se il leader funziona il partito non funziona, se il leader non funziona il partito non funziona, e quindi affonda. Dunque – conclude – il punto è chiaro: Bersani ha fatto una scommessa e non l’ha vinta, e per questo ora tocca agli altri guidare la baracca per tentare di vincere domani. Con chi poi vedremo. Di sicuro però è arrivato il momento di dire una cosa semplice: le vecchie guardie si facciano da parte definitivamente, adesso è ora che siano i giovani mozzi a diventare capitani”. di Claudio Cerasa – @claudiocerasa, 2/3