Silete politologi! Quando si coccolava il Belgio, “democrazia mite e serena”
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Prima modello esaltato da Lijphart & co., ora culla del jihad
Una via del quartiere di Molenbeek, a Bruxelles
di Marco Valerio Lo Prete | 03 Aprile 2016 ore 00:18
Roma. Subito dopo il 15 settembre 2008, quando fallì la banca americana Lehman Brothers, la categoria degli economisti passò un brutto quarto d’ora. Che però è durato anni, e riaffiora tuttora nella polemica pubblica. Nel novembre di quell’anno, intervenendo alla London School of Economics, perfino la pacata regina d’Inghilterra Elisabetta II sfidò gli accademici e i ricercatori convenuti con il noto quesito sulla crisi finanziaria: “Perché nessuno l’ha vista arrivare?”. Il ministro dell’Economia italiano, Giulio Tremonti, fu ancora più perfido e assertivo. “Silete, economisti!”, così ammonì i suoi critici.
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E il Belgio, per i “comparatisti”, è il paese che ha annacquato il più possibile il principio del “chi vince governa”, giudicato troppo maggioritario o meglio brutale. Da qui l’esplosione del numero dei partiti politici, la rappresentanza iper proporzionalista in Parlamento, il dominio del legislativo sull’esecutivo, l’esaltazione del corporativismo dei gruppi d’interesse, l’affermarsi di un federalismo spinto e di un multiculturalismo di stato. Tutte caratteristiche – hanno sostenuto Lijphart & co. passando con disinvoltura dall’analisi descrittiva a quella prescrittiva – che consentono di smussare gli angoli dei confronti più spigolosi, politici, religiosi o etnici. Il Belgio, con la sua laboriosa convivenza di valloni, fiamminghi e tedeschi, sarebbe stato il paradigma di questa “mitezza”. Falsificata però nei primi anni 2000 dall’emergere di movimenti etno-regionalisti, e più recentemente dalla scoperta di quartieri dove la sharia è più forte dello stato di diritto. Per scongiurare a tutti i costi una versione “antagonistica” dei conflitti politici, si è finito per negare anche – a suon di ingegneria sociale – una salutare e fisiologica opposizione “agonistica” fra interessi. Così la pax consensuale si è trasformata lentamente, ancora di più dopo la mancata assimilazione delle comunità islamiche, in una “Bosnia fredda” nel cuore dell’Europa. Che quando si surriscalda viene trascinata nel primordiale confronto tra amico e nemico invece che adattarsi a quello liberal-democratico tra amico e avversario.
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