Il piano Merkel sui migranti è “irrealizzabile” nel Gran Bazar europeo
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E' iniziato il vertice con la Turchia che si concluderà venerdì. E si discute di “boots on the ground” (amministrativi) da inviare in Grecia
di David Carretta | 18 Marzo 2016 Foglio
Bruxelles. Il Gran Bazar interno all’Unione europea rischia di trasformare il piano di Angela Merkel per mettere un po’ di ordine nel caos della crisi dei migranti in un “pastrocchio”, dice al Foglio un diplomatico europeo. Ieri sera i leader dei Ventotto erano ancora chiusi in una stanza di un palazzo brussellese per discutere tra loro dell’offerta da presentare questa mattina al primo ministro turco, Ahmet Davutoglu, in cambio della promessa di Ankara di riprendersi tutti i migranti – rifugiati compresi – che sbarcheranno sulle isole greche. Cipro è contraria all’apertura di nuovi capitoli negoziali nel processo di adesione di Ankara all’Ue. Francia e Austria si oppongono a una accelerazione sulla liberalizzazione dei visti per 72 milioni di cittadini turchi. L’Ungheria non è disposta ad accettare l’arrivo di altre decine di migliaia di profughi in Europa. Spagna e Lussemburgo, come alcune organizzazioni internazionali e ong, hanno dubbi sulla legalità del dispositivo che, di fatto, prevede l’espulsione in massa dalla Grecia alla Turchia non solo dei migranti economici illegali ma anche di siriani, iracheni e afghani che fuggono dalla guerra. Già in campagna per il referendum sulla Brexit, il premier David Cameron ha annunciato che “la Gran Bretagna non offrirà visti liberi ai turchi” e “non prenderà altri rifugiati”, grazie al fatto che “manteniamo il controllo delle nostre frontiere” e “siamo fuori da Schengen”. Risultato: per accontentare le molte sensibilità dei Ventotto e salvare la pre-intesa con Davutoglu raggiunta al Vertice del 7 marzo, il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, è stato costretto ad annacquare il piano Merkel. A meno di una zampata della cancelliera, l’accordo con la Turchia che dovrebbe essere siglato questa mattina sarà “impossibile da applicare”, spiega il diplomatico: tra meccanismi burocratici europei per garantire il rispetto della legalità internazionale e paletti numerici al programma di reinsediamento, i rifugiati siriani “faranno due conti” e continueranno a partire verso la Grecia. “L’accordo è possibile, ma questo meccanismo è difficile”, ha detto la presidente lituana, Dalia Grybauskaite. “Con questa proposta non siamo ostaggi della Turchia, ma di noi stessi”.
ARTICOLI CORRELATI Reinsediamento in cambio di riammissione. Il do ut des tra Turchia e Ue sui migranti Tutti gli ostacoli di Merkel Un bilancio comune e una frontiera europea. Il piano di Padoan sui migranti All’origine, il piano Merkel si fondava su un’idea semplice: scoraggiare le partenze di rifugiati verso la Grecia, garantendo ai siriani il fatto che prima o poi sarebbero arrivati in Europa per vie legali e rimandando in Turchia chi cerca di superare la fila imbarcandosi su un gommone. Un massiccio programma di reinsediamento dei richiedenti asilo direttamente dalla Turchia, che equivale a un corridoio umanitario, consentirebbe di limitare il “push factor”. Meglio aspettare qualche mese in un campo turco per poi salire su un aereo diretto a Francoforte che rischiare la vita dei propri figli nel mar Egeo o attraversando un fiume alla frontiera greco-macedone. Il programma di riammissione dalla Grecia alla Turchia di tutti i migranti servirebbe a eliminare il “pull factor” e a rompere il modello di business dei trafficanti. Inutile spendere i pochi soldi che si hanno a disposizione se, una volta arrivati a Lesbo, c’è la certezza di essere caricati su un traghetto verso Bodrum perché la porta dell’Europa è chiusa. Alcuni princìpi del piano Merkel sono rimasti nella bozza di accordo, come il grande scambio “per ogni siriano riammesso in Turchia dalle isole greche, un altro siriano sarà reinsediato dalla Turchia verso l’Ue”. Ma i dettagli lo rendono impraticabile: le espulsioni che dovrebbero essere effettuate dalla Grecia sono difficili da realizzare, mentre i 72 mila posti del programma di reinsediamento promessi dall’Ue sono insufficienti per convincere i rifugiati ad attendere un aereo che – per gran parte degli oltre 2 milioni di siriani in Turchia – non arriverà mai.
Secondo Gerald Knaus dell’European Stability Initiative, uno degli ispiratori del piano Merkel, un accordo con la Turchia su queste basi sarebbe “una svolta”, ma solo “sulla carta”, perché “rimangono problemi maggiori su due componenti chiave di questo piano: la riammissione e il reinsediamento”. La Grecia, senza un apparato amministrativo efficiente e priva di una legislazione di livello europeo sull’asilo, al momento non è in grado di applicare il complesso meccanismo immaginato dai burocrati dell’Ue per evitare di violare la Convenzione di Ginevra. Per non derogare al divieto di “non respingimento” ed espulsioni a tappeto, la bozza di accordo prevede di concedere a chi arriva sulle isole greche il diritto di presentare domanda di asilo individuale, e perfino ricorso in caso di rifiuto, anche se c’è la quasi certezza che poi sarà rispedito in Turchia grazie a una deroga di una direttiva Ue sull’asilo che permette i rimpatri verso i “paesi sicuri”. Un recente accordo tra Ankara e Atene stabilisce che i migranti debbano essere espulsi entro 14 giorni, altrimenti rimarranno in Grecia. Per gestire la registrazione di 1.500 migranti al giorno – la media degli arrivi dall’inizio dell’anno – servirebbero tra i 3 e i 4 mila funzionari pubblici, secondo le stime di Atene. Per rispondere a un numero equivalente di domande d’asilo sarebbero necessari tra i 300 e i 400 giudici in più nelle isole, secondo le stime della Commissione. L’Ue è pronta a inviare “boots on the ground” nella forma di esperti di altri paesi che si sostituiscano all’inesistente amministrazione greca. “Migliaia di persone”, spiega una fonte comunitaria. Inoltre, secondo la Commissione, gli hotspot greci dovrebbero essere “riconfigurati” e le strutture di accoglienza nelle isole dovrebbero essere “aumentate sostanzialmente”, con “sufficienti capacità di detenzione” per evitare rischi di fuga dei migranti. “Il piano non sarà operativo prima di Pasqua”, rivela la fonte comunitaria. Nel frattempo, i migranti potrebbero accorgersi di una falla e accorrere in massa verso i gommoni: chi arriverà prima che il dispositivo di riammissione verso la Turchia sia operante, alla fine, potrebbe rimanere in Europa.
Sul reinsediamento il problema sono i numeri. I 72 mila posti offerti dall’Ue – 18 mila da un vecchio programma di reinsediamento da Turchia, Libano e Giordania, più 54 mila richiedenti asilo non assegnati nei ricollocamenti da Italia e Grecia verso gli altri paesi Ue – sono meno di un decimo dei rifugiati arrivati in Grecia lo scorso anno. “Servirebbero 400 mila posti”, dice al Foglio il diplomatico europeo. “Per mandare un forte segnale ai rifugiati siriani affinché non attraversino l’Egeo, è necessario convincerli che esiste un’altra opportunità credibile” di arrivare in Europa, ha spiegato Knaus commentando la bozza di accordo. Ma con l’attuale schema “non è il caso”. Secondo Knaus è “vitale” lanciare un programma massiccio ed è “perfino ancor più importante vedere i primi siriani imbarcarsi su aerei diretti negli stati europei”. Altrimenti l’accordo con la Turchia rischia di essere “condannato”.
Merkel da mesi lavora a una coalizione di paesi “volenterosi” pronti ad andare a prendere i siriani direttamente in Turchia. Ma finora la cancelliera ha rifiutato di lanciarsi in un’azione unilaterale e abbandonare la strada della “soluzione europea” alla crisi. Eppure, alla fine, la “Merxit” dall’Ue nella gestione della crisi dei rifugiati potrebbe essere l’unica soluzione per uscire dal Gran Bazar di Bruxelles e rimettere ordine nel caos. “Le coalizioni dei volenterosi sono possibili fuori dagli articoli dei trattati Ue”, ha scritto Mattia Toaldo dell’European Council on Foreign Relations: alla fine i leader europei “dovranno fare una scelta” tra “l’unità dei 28” e “una risposta realistica che sia anche eticamente accettabile”.
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