L’instabilità non dipende dall’austerità
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In Irlanda si ripete la storia moderna della frammentazione politica
di Redazione | 29 Febbraio 2016 ore 19:22 Foglio
Il partito di governo che ha fatto le riforme e applicato l’austerità è in testa, ma perde consensi e non ha più la maggioranza in Parlamento. Il suo partito di coalizione (a volte di grande coalizione) affonda, e impedisce di raggiungere una maggioranza. Il partito anti austerità guadagna terreno, qualche seggio parlamentare in più rispetto alla tornata elettorale precedente, ma arriva sempre al terzo posto (e ha già detto di non voler partecipare ad alcuna coalizione). La sorpresa diventa ago della bilancia. Questo è il canovaccio di una storia tutta europea, modernissima, fatta di contesti politici in cui l’austerità, nonostante i continui scossoni, non viene affatto rifiutata, ma è costosa in termini politici e lascia sul terreno un po’ di forza in termini di continuità. Capita oggi in Irlanda, ma è capitato anche in Spagna e Portogallo – l’unica eccezione, se si esclude il caso greco che è tutto particolare, è quella britannica: il sistema elettorale maggioritario aiuta, il resto lo ha fatto un governo tosto e bravo a comunicare i suoi successi, con un’opposizione invece fragile, incapace di offrire un’alternativa vincente all’austerità dell’esecutivo.
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L’Irlanda, che pure è uscita da programma di bailout nel 2013 e ha una crescita del 6,5 per cento, straordinaria persino per i britannici, si trova nel mezzo del contagio della frammentazione. Il premier Kenny è in testa, ma la sua maggioranza relativissima non gli permette granché, anche perché il Labour, che era in coalizione con lui, non è più un partner che assicura il 50 per cento dei seggi in Parlamento. La sorpresa è non tanto il Sinn Féin di Gerry Adams, che ha comunque ottenuto il miglior risultato in vent’anni, quanto piuttosto il Fianna Fáil, che ha ottenuto il 23 per cento (Kenny è al 26), e ha già dato il nome del suo leader, Michael Martin, come prossimo premier (il Taoiseach). Il Fianna Fáil è uno dei principali partiti dell’Irlanda, nel 2011, dopo la gestione disastrosa dell’economia che portò il paese al bailout, passò dal 41,6 per cento di consensi del 2007 al 17,4. Ora è di nuovo al centro della scena, esclude un’alleanza con i rivalissimi del Fine Gael ma non la possibilità di sostenere un governo di minoranza. Le trattative saranno lunghe, qualcuno parla già di un altro voto, come in Spagna, ma la sintesi della nuova storia europea è da un po’ di tempo sempre la stessa: instabilità.
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