Siria, l'avanzata delle comuni curde della Rojava
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Hanno guadagnato terreno al confine con la Turchia. E sconfitto più volte l'Isis. Ora sono alleati con Putin. L'ascesa dei curdi di Kobane. Dove vige il socialismo.
Un posto di blocco del Ypd dopo la riconquista curda di Kobane (Getty)
di Barbara Ciolli | 23 Febbraio 2016 Lettera43
L’obiettivo dei curdi è allungarsi su tutto il confine settentrionale tra la Turchia e la Siria e poco ci manca.
I raid del Cremlino che stanno polarizzando il conflitto in una lotta della Turchia, dell’Arabia saudita e della Nato contro la Russia e regime di Bashar al Assad hanno dato grande spinta alle brigate curde Ypg di Kobane, timidamente appoggiate dagli Usa con qualche fornitura aerea e raid limitati contro l’Isis.
L'ultima conquista curda, duramente contesa con il Califfato, è la cittadina di Shaddadi, nel Nord-Est della Siria, snodo chiave di collegamento tra Raqqa e Mosul, le due capitali dell'Isis in Siria e in Iraq.
LA FRONTIERA CALDA TRA SIRIA E TURCHIA. Nella zona sono in corso ancora scontri con i jihadisti, una guerra di posizione che si consuma da mesi, ora sbloccata (in parte) da Mosca. Perché Washington, l' alleato di Ankara, non può permettere l’espansione della regione autonoma curda della Rojava in una regione che è l’incubo peggiore del leader turco Recep Tayyip Erdogan.
Nella striscia tra Turchia e Siria combattono anche le milizie turcomanne e i ribelli dell’Esercito libero siriano che gli islamisti (Akp) di Erdogan hanno scelto di appoggiare e finanziare, per ristabilire un’area di influenza nella provincia di Aleppo un tempo parte dell’impero ottomano.
Tra Idlib, a Ovest, dove il 15 febbraio è stato gravemente bombardato l’ospedale di Medici senza frontiere, e lungo la fascia che segue il confine settentrionale siriano verso le montagne orientali del Kurdistan, stanno imperversando le battaglie più cruente dai tempi delle incursioni medievali dei crociati e dei mongoli.
Ribelli anti-Assad, curdi e anche Isis puntano a ridefinire, con le conquiste sul campo, i confini a tavolino del 1916 della grande spartizione coloniale anglo-francese di Sykes-Picot, saltati con le rivolte arabe.
L’ “AMBASCIATA” CURDA A MOSCA. Ogni attore locale ha sponsor stranieri in competizione tra loro e dall’autunno 2015, con i raid a tappeto dei russi, stanno guadagnando terreno soprattutto l’esercito di Assad e i guerriglieri della Rojava.
Alla regione autonoma curdo-siriana il presidente russo Vladimir Putin, in rotta di collisione con Erdogan, ha fatto aprire anche un ufficio di «rappresentanza» a Mosca.
Le brigate Ypg della Rojava sono il braccio militare del partito curdo socialista Pyd, considerato il ramo siriano del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) turco di Abdullah Öcalan e vicino anche alla sinistra radicale curda dell'Hdp di Selahattin Demirtas, entrata in parlamento ad Ankara.
Da qui la grande ostilità di Erdogan verso le brigate combattenti curdo-siriane di Kobane, maggiore di quella verso i peshmerga curdi, oggi di fatto l’esercito curdo della regione autonoma del Kurdistan iracheno.
ÖCALAN SI MISE AL RIPARO IN SIRIA. Durante la lotta armata per un Kurdistan turco, negli Anni 80 e 90 Öcalan aveva trovato rifugio tra i curdi siriani, complice il beneplacito del padre di Bashar e padrone della Siria, Hafez Assad.
Il Pkk organizzava le azioni paramilitari in Turchia anche dalle montagne sul confine con l’Iraq e dalle retrovie siriane.
Finché le minacce di Ankara a Damasco di un conflitto come quello attuale non si fecero serie e, nel 1998, Assad padre cacciò Öcalan dal Paese, dichiarando il Partito dei lavoratori del Kurdistan «organizzazione terroristica».
Sui curdi la Siria si era riallineata alla Turchia, agli Usa e all’Ue e alla stessa Onu.
LA REPRESSIONE DEL PYD. Fondato nel 2003, il Pyd che è il maggiore partito dei circa 600 mila curdi siriani - mai classificato come organizzazione terroristica - è stato duramente represso dal regime siriano, per aver manifestato e chiesto democrazia.
Gli si recriminano le origini politiche dalle basi del Pkk espulso e l’aver accettato, negli ultimi anni di Bashar al Assad al potere, di negoziare con Damasco, per ottenere forme di riconoscimento e autonomia locali.
Per queste ragioni la Turchia e i ribelli arabi sunniti accusano i curdi-siriani di parteggiare dal 2011 per il regime.
Dal 2011 in lotta per la democrazia, ma dagli Usa pochi aiuti
Esplose le rivolte, anche il Pyd-Ypg si era in realtà sollevato contro le forze governative, nell’obiettivo prioritario di liberare i territori abitati dall’etnia e rifiutando sempre (al contrario de ribelli islamici moderati) commistioni con le milizie jihadiste.
In queste occasioni, anche ad Aleppo, sono nati scontri tra i curdi e i gruppi islamisti armati dalla Turchia e dagli Stati del Golfo, che a Idlib hanno finito per allearsi con i qaedisti di al Nusra e con altri gruppi fondamentalisti.
LA VITTORIA DI KOBANE. Aiutate dai rinforzi dei peshmerga curdi, le brigate Ypg hanno respinto l’Isis da Kobane, dimostrandosi le più efficaci e maggiori forze sul terreno contro l’espansione del Califfato nel Nord della Siria.
Tra il 2014 e il 2015 sono state alleate degli Usa, ricevendo in cambio aiuti con il contagocce.
Ma l’aggressività dei turchi, che nel loro Kurdistan hanno in corso una violenta offensiva contro il Pkk e che hanno iniziato a sparare anche contro il Ypg oltre confine, e il profilarsi di truppe turco-saudite in Siria hanno spinto il Pyd-Ypg a unirsi, in una nota ufficiale di febbraio 2016, all’asse Assad-Russia-Iran.
Le brigate-curdo siriane si erano già trovate dalla parte dei soldati regolari nei conflitti a fuoco contro i jihadisti.
ALLEATE CON I RUSSI. E ambiguamente il regime siriano non ha mai contrastato la nascita, in un territorio ormai fuori controllo, delle tre comuni socialiste della Rojava (Efrin, Kobane e Cizre).
Potevano servire come cordone sanitario e Putin ha colto la palla al balzo, attirandole nell’orbita russa. Mosca non bombarda le basi Ypg e dove arretrano i ribelli per i raid si allarga la Rojava.
Gli ultimi tre villaggi conquistati sono Aqlamiyah, Deir Jamal e Mareanar.
Twitter @BarbaraCiolli