Il mistero dei mercantili scomparsi sulle coste italiane
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Nel Mediterraneo i mercantili scompaiono dai radar, con i loro carichi illegali di armi e profughi. Fino ad approdare da noi.
di Erika Dellacasa e Guido Olimpio Corriere 6.2.2016
La bomba ha incenerito l’Alfa Romeo e ucciso l’unica persona a bordo, Martin. Cinquantasei anni, maltese, ufficialmente pescatore, un passato tra guai con la legge e rapporti stretti con i trafficanti del Mediterraneo. L’esplosione, avvenuta il 16 gennaio a Marsascala, Malta, ha dato molto lavoro agli investigatori. Non è chiaro se qualcuno abbia sistemato l’ordigno sull’auto o se invece fosse nelle mani della vittima. Storia intricata, dai molti giri come quelli delle navi fantasma che incrociano al largo. Molte le rotte e i trucchi usati per sottrarsi ai controlli in una regione piena di unità militari, sentinelle per le crisi siriana e libica. I due conflitti sono per molti un’opportunità di fare denaro.
I «boschi» per nascondersi
Da sempre il nostro mare ha un lato oscuro. Legato alla tradizione, alle tratte relativamente corte, alla possibilità di giocare tra molte rive, alla presenza di organizzazioni usate da regimi e fazioni. Per questo in certi angoli sono cresciuti i «boschi»: zone dove mercantili con carichi illegittimi attendono dopo aver spento il transponder Ais che segnala la loro posizione. Punti geografici ideali per scambiarsi merci senza che nessuno se ne accorga. Lo spazio tra Cipro e la costa siro-libanese è stato spesso scelto dai contrabbandieri per questi appuntamenti, perché vicino a scali turchi e di certi clienti che non vogliono comparire. Ruolo condiviso con la Libia e l’Algeria. Proprio davanti a questo Paese si era piazzata, in settembre, una nave che avrebbe dovuto raggiungere Genova. Al solito, ha chiuso il segnalatore, ma poi ha volto la prua verso un’altra direzione.
Le manovre
L’8 novembre — come ha raccontato il Financial Times — un cargo ha lasciato Genova diretto a Lisbona, solo che non si è fermato ma ha proseguito oltre Gibilterra. Quindi ha fermato le macchine per una strana sosta, seguita da una manovra di rientro verso la capitale portoghese. È possibile che dovesse incontrare una nave per ricevere qualcosa. La procura antiterrorismo di Genova ha aperto un’inchiesta. Fonti investigative hanno precisato al Corriere che al momento di lasciare la Liguria a bordo non c’era nulla di illegale. Le medesime fonti hanno aggiunto che l’Ais ha segnalato nel capoluogo ligure 7 casi sospetti, 5 riguardanti munizioni e 2 profughi. Nel Mediterraneo, a gennaio, sono transitati 9 mila vascelli, di questi 5.500 avevano bandiere di comodo. E 11 hanno usato un nome falso. Nello stesso periodo sono stati 540 quelli che hanno attraversato zone a rischio sollevando dubbi su quello che avevano all’interno. Il sospetto è che alcune facciano parte di quella inesauribile pipeline che alimenta guerriglie, regimi, bande. Persino gli Stati creano cortine fumogene. Pochi giorni fa la Tkachenko ha raggiunto l’approdo siriano di Tartous proveniente dal Mar Nero, anche se inizialmente aveva indicato come meta finale un porto greco-cipriota. Il mercantile è ben noto, in quanto partecipa al «Syria Express», il network che sostiene Assad.
Il greggio in offerta
Il greggio oggi costa poco, però tanti lo vendono e taluni beffano il mercato regolare. E alcune petroliere, dopo aver caricato a Ceyhan, Turchia, o in approdi libici, si muovono perennemente in cerca di clienti, in terminali dove attraccare. Gli ordini arrivano da personaggi in grado di offrire tonnellate di prodotto, oppure piccoli commercianti, come Martin il maltese. Poi ci sono kalashnikov, granate, munizioni. I saccheggi di alcuni arsenali non hanno solo permesso di creare milizie, ma hanno anche messo nelle mani dei contrabbandieri «pezzi» preziosi. È un campo dove non si butta niente. Fucili libici sono apparsi in Siria, sistemi cinesi venduti al Sudan sono spuntati a migliaia di chilometri di distanza. Casse che dopo percorsi tortuosi sono state infilate in container. E nel tentativo di depistare le menti delle operazioni hanno usato la triangolazione. La nave deposita i cassoni di metallo sul molo di Port Said, in Egitto: 100 sono puliti, due hanno la sorpresa. Dopo qualche giorno arriva un secondo cargo che imbarca e riparte. Sotto i sacchi di zucchero missili e esplosivo al plastico. Nel 2001 a Gioia Tauro trovarono persino un misterioso egiziano, dotato di strani tesserini e computer. Personaggio rimesso in libertà con troppa fretta.
Le carrette
L’intelligence e i militari sono in guardia. Due centri, uno in Portogallo e l’altro in Italia, osservano quanto avviene, coordinano interventi piuttosto complicati, con l’azione di motovedette, aerei e anche sottomarini. In uno di questi blitz, ha avuto ruolo un sommergibile della Marina. Attività di contrasto contro un fenomeno in evoluzione. L’ultimo timore riguarda il terrorismo. Nuclei jihadisti potrebbero rilanciare la dimensione navale ripetendo quanto avvenne con il dirottamento della Achille Lauro. Una grossa compagnia tedesca ha appena annunciato che le sue crociere eviteranno visite in Turchia. Preoccupazione unita a quella di infiltrazioni di mujaheddin a bordo di qualche peschereccio, di vecchie carrette. Quelle usate dai neo-negrieri che portano i profughi sulle sponde europee possono essere acquistate avendo in mente altri obiettivi. È solo una questione di prezzo e soldi.
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