“Perché noi ebrei rischiamo la vita indossando la kippah”
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Intervista a Zvi Ammar, che ha chiesto agli ebrei di Marsiglia di nascondersi per strada. “L’iniziativa del Foglio è emozionante. Ma qui il copricapo è come la stella gialla nazista: i terroristi la usano per identificarci e colpirci”
di Giulio Meotti | 27 Gennaio 2016 ore 06:18
Roma. “Preferisco un giorno essermi sbagliato per aver preso questa decisione che espormi a una nuova disgrazia e sopportarne il peso sulla coscienza”. Zvi Ammar è fiero di quanto ha deciso a Marsiglia, primo porto del Mediterraneo, seconda città della Francia, mélange multiculti affascinante: consigliare agli ebrei di non indossare la kippah per strada. Nascondersi. E’ un po’ la sua storia di Ammar, diciassettenne ebreo che fuggì l’antisemitismo di Djerba, in Tunisia, trovando riparo a Marsiglia. Oggi gli ebrei marsigliesi vivono in uno stato di paura e di abbandono. Dal 2012, una trentina di episodi di antisemitismo sono segnalati ogni anno a Marsiglia, secondo i dati del Dipartimento di sicurezza della comunità ebraica. Fino all’attacco antisemita contro un insegnante che dieci giorni fa ha gettato nello sconforto i 70 mila ebrei, un decimo della popolazione totale di Marsiglia. Il presidente del Concistoro israelita di Marsiglia, Zvi Ammar, è così diventato uno degli uomini più contestati in Francia, criticato dal presidente Hollande, dal ministro della Giustizia Taubira e pure dal Gran Rabbino di Francia, Haïm Korsia.
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Prima tocca alla kippah, poi gli ebrei scappano. Il caso Malmö Alcuni dettagli della vita quotidiana degli ebrei ci forniscono una idea dell’“incubo Marsiglia”. Oggi gli ebrei vanno in sinagoga a gruppi di dieci o quindici, per meglio difendersi. Molte madri, quando vanno a fare shopping nei negozi kosher, lasciano i figli in macchina con qualcun altro. Le ventidue scuole ebraiche e le sinagoghe sono monitorate dai militari e i genitori hanno organizzato le ronde intorno alle scuole. Gli ebrei di Marsiglia hanno provato a dialogare con la comunità islamica locale, ma senza successo. Hanno invitato l’imam di Bordeaux, Tareq Oubrou, la madre di un soldato ucciso da Mohamed Merah, Latifa Ibn Ziaten, e l’imam di Drancy, Hassen Chalghoumi. Ma una settimana prima della visita, Tareq Oubrou, sotto pressione, ha dovuto annullare la sua presenza e i capi della comunità islamica sono stati accusati di essere “traditori pagati dal Mossad”, il servizio segreto israeliano. Cinquecento ebrei se ne sono già andati da Marsiglia nel 2015. Proprio dalla città da dove nel 1947 salpò per Israele la mitica nave Exodus. Ne parliamo in esclusiva con Zvi Ammar.
Roger Cukierman, presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche in Francia, l’ha accusata di “disfattismo”. “Cukierman può parlare così perché ha tre guardie del corpo e vive nel XVI arrondissement di Parigi, ma la Francia è molto grande e lui non sa cosa accade nel resto del paese, dove gli ebrei se la passano molto male. Il mio ruolo non è quello di piacere o dispiacere. La gente ha davvero paura ad andare in giro con la kippah in testa. Essere orgogliosi del giudaismo è bene, anche io lo sono, ma di fronte al pericolo, ci sono limiti all’orgoglio. Noi preferiamo restare in vita. Ora siamo in uno ‘stato di guerra’. Nell’Europa di oggi la kippah può mettere in pericolo gli ebrei. La kippah può ucciderti. Nessuna polizia del mondo, anche efficace, è in grado di monitorare 600 mila ebrei. Noi, con una kippah, siamo in prima linea: un obiettivo chiaramente individuato a essere massacrati dai terroristi. Per questo ho detto alla mia comunità, la seconda più grande di Francia, di stare attenta”.
Il governo socialista si vanta di proteggervi. “Lo fanno, il governo ci protegge nelle scuole, nelle sinagoghe, ma non possono proteggerci per strada, quando usciamo. Gli ebrei sono identificati oggi dai terroristi grazie alla kippah. E questo ricorda la Shoah, quando i nazisti ci trovavano grazie alla stella gialla di Davide che portavamo al braccio”. Quest’anno ottomila ebrei hanno lasciato la Francia, per Israele, il Canada, l’Inghilterra. “La società in Francia è malata, non c’è libertà per gli ebrei, domani chissà a chi toccherà. Già oggi, prima del mio appello, soltanto il cinque per cento della popolazione ebraica a Marsiglia portava la kippah in pubblico”. Come vede il futuro degli ebrei nel suo paese? “Penso abbiano un futuro in Francia, almeno lo spero, spero che la popolazione francese reagisca positivamente e mostri solidarietà con gli ebrei. Spero non ci sia un’altra Vichy”. Oggi il nostro giornale esce con una edizione speciale, nata in risposta alla sua richiesta di non portare la kippah. Che ne pensa? “Quella del Foglio è una iniziativa meravigliosa e molto importante, è un gesto di grande solidarietà verso il popolo ebraico in questo momento difficile”.
“Marsiglia è l’universo”, scriveva il poeta André Chénier, la cui testa volò via sotto la