America contro Israele, again
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Washington approva l’etichettatura dei prodotti degli insediamenti
di Redazione | 21 Gennaio 2016 ore 06:18
Lo scontro diplomatico tra Israele e Stati Uniti sta tornando ai suoi picchi di acidità, dopo qualche tempo di calma, almeno apparente, e di grandi rassicurazioni da parte di Washington, soprattutto per quel che riguarda il deal iraniano. I toni sono di nuovo ostili, coloriti, irrimediabili. Due giorni fa il portavoce del dipartimento di stato americano, John Kirby, ha detto: “Non pensiamo che etichettare l’origine dei prodotti dei settlements sia un boicottaggio di Israele, così come non pensiamo che etichettare l’origine dei prodotti equivalga a un boicottaggio”. Kirby stava discutendo della politica degli insediamenti di Israele, condannandola (“il governo americano non ha mai sostenuto i settlement”), e a domanda diretta sulla politica europea di etichettatura dei prodotti degli insediamenti ha risposto avallandola. La questione – i lettori del Foglio lo sanno bene – non è marginale, fa parte di una cultura demonizzante nei confronti di Israele che in Europa va sempre forte e che contagia l’America. L’ambasciatore statunitense in Israele, Daniel Shapiro, parlando lunedì alla conferenza dell’Institute for National Security Studies a Tel Aviv, ha detto: “Troppe attività di vigilanza di Israele in Cisgiordania sono senza controllo, mancano inchieste chiare, a volte sembra che Israele abbia due standard di rispetto dello stato di diritto in Cisgiordania, uno per gli israeliani e uno per i palestinesi”.
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Nello stesso giorno, si tenevano i funerali della mamma di sei bambini uccisa da un palestinese, e una donna incinta è stata assalita e ferita in un altro attacco. L’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito le dichiarazioni di Shapiro “inaccettabili e scorrette”, e poi toni si sono ulteriormente inaciditi. Un ex collaboratore di Netanyahu, Aviv Bushinsky, commentando in tv il discorso di Shapiro, ha detto: “Per metterla giù in modo schietto, queste sono parole tipiche di un ‘Yehudon’”, che è un’espressione denigratoria tradotta più o meno con “ragazzino ebreo”. Dopo le proteste, Bushinsky ha ribadito che non è la prima volta che sente un “nonsense” simile, è già successo, sempre detto da ebrei “che vogliono apparire liberal ed equilibrati”. Il dipartimento di stato americano, sostenendo che l’etichettatura dei prodotti degli insediamenti non è un boicottaggio, ha anche difeso l’ambasciatore Shapiro. Ovviamente.
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