L’anno della rivalsa di Orbán
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Su immigrazione e confini il premier ungherese è stato facile profeta
di Redazione | 02 Gennaio 2016 ore 06:27 Foglio
Esattamente un anno fa il primo ministro ungherese Viktor Orbán era un paria in Europa. Nazionalista, xenofobo, in odore di autoritarismo, Orbán sembrava un errore di sistema del grande progetto europeo. Ma il 2015 appena concluso è stato l’anno della rivalsa per il premier di Budapest, come ha scritto il sito Euobserver. Le priorità da lui imposte hanno dominato l’agenda europea, alcune delle sue parole chiave sono diventate parte integrante del discorso pubblico, e alcuni leader europei, pur senza ammetterlo, hanno adottato almeno in parte la sua linea.
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Nel gennaio del 2015, in un discorso tenuto all’indomani degli attacchi terroristici contro la redazione di Charlie Hebdo, Orbán fu il primo a ricordare che l’immigrazione sarebbe stata la prossima grande sfida per l’Europa, capace di mettere in pericolo l’esistenza stessa dell’Unione, e chiese con forza la chiusura delle frontiere esterne dell’Ue. Allora, con la crisi dei migranti ancora lontana, la maggior parte degli europei rispose con scetticismo; oggi non la chiusura, ma il rafforzamento delle frontiere esterne è sulla bocca di tutti i leader. Il primo ministro ungherese è stato inoltre il primo a ordinare la costruzione di un valico di filo spinato per fermare le masse migratorie; pochi mesi dopo, scrive l’Economist, l’Europa sta per avere più barriere fisiche ai suoi confini di quante ne avesse durante la Guerra fredda. Nel suo discorso di fine anno la cancelliera tedesca Angela Merkel ha invitato i concittadini a vedere l’immigrazione come un’opportunità, ma la retorica incendiaria dell’ungherese, anche a causa delle carenze dei leader europei, quest’anno si è presa la sua rivincita.
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