Arrivano sempre tre
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La rivoluzione di Podemos era pronta a cambiare la Spagna, ma si ferma in terza posizione. Vince Rajoy, ma non ha i numeri per governare, per ora
di Eugenio Cau | 20 Dicembre 2015 ore 23:42 Foglio
A scrutini ormai ultimati, ci sono poche ma importanti certezze nelle elezioni più combattute della storia democratica della Spagna: il Partito popolare di Mariano Rajoy ha vinto, nessun partito ha ottenuto la maggioranza, e la rivoluzione di Podemos è arrivata tre.
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Dopo l'urlo di gioia degli exit poll, che situavano il partito antisistema guidato da Pablo Iglesias come secondo nel paese per numero di voti (ma terzo per seggi parlamentari), i dati ufficiali hanno riportato Podemos con i piedi per terra: terzo posto, a distanza considerevole dai secondi, i socialisti di Pedro Sánchez. La rivoluzione che doveva partire dalla Spagna per arrivare in Europa, come Iglesias ha detto tante volte nei suoi comizi, per stanotte è rimandata. L'ondata populista che vorrebbe travolgere il Vecchio continente ancora una volta si è afflosciata alla prova del voto.
A scrutini ormai conclusi, il Partito popolare (Pp) ottiene 123 seggi in Parlamento, con il 28,7 per cento delle preferenze. Il Partito socialista (Psoe) 92 seggi con il 22 per cento; Podemos 69 seggi con il 20,6 per cento e Ciudadanos, la formazione centrista di Albert Rivera, 40 seggi con il 13,9 per cento. Rajoy è il vincitore, e il bipolarismo spagnolo ottiene un risultato migliore delle previsioni, ma tutti i partiti sono molto lontani dalla maggioranza di 176 seggi necessaria per governare. A partire da domenica notte la politica spagnola si avvia a dover risolvere il "rompecabeza", il rompicapo della maggioranza.
Nessuna delle due coalizioni considerate più plausibili, una di centrodestra tra popolari e Ciudadanos e una di centrosinistra tra socialisti e Podemos, ha i numeri in Parlamento per governare. Entrambe si sono fermate in perfetta parità, a 14 seggi di distanza dalla maggioranza, e avrebbero bisogno dell'appoggio esterno o dell'astensione in sede di votazione della fiducia di uno dei partiti minori. Le sinistre non riuscirebbero a governare nemmeno con l'appoggio dell'ultrasinistra tradizionale, Izquierda unida, che ha ottenuto meno di dieci parlamentari.
Gli analisti, dunque, parlano già di una grande coalizione dei due partiti tradizionali, Pp e Psoe, l'unica che garantirebbe vera governabilità al paese. Sarebbe un inedito per la politica spagnola, difficile da creare per la grande polarizzazione tra i due principali partiti. Durante la campagna elettorale, tanto Rajoy quanto Pedro Sánchez hanno sempre scartato l'ipotesi, e le posizioni tra i due si sono ulteriormente allontanate dopo il duro dibattito elettorale di una settimana fa. Un'altra ipotesi numericamente possibile è un'alleanza tripartita tra Psoe, Podemos e Ciudadanos, soluzione simile a quella vista in Portogallo negli scorsi mesi. Non è esclusa infine l'ipotesi di nuove elezioni, da tenersi in primavera.
Un dato notevole infine è quello della Catalogna, dove a settembre si è votato per il rinnovo del governo locale e le forze autonomiste di Artur Mas hanno ottenuto la maggioranza dei seggi, dando inizio a un contestato processo secessionista. A pochi mesi di distanza, oggi gli elettori catalani hanno relegato Mas e i suoi al quarto posto.
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