Quello che Putin capisce dell’occidente
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Dal feticcio legalitario alla Nato, le nostre contraddizioni viste da Mosca
di Redazione | 04 Dicembre 2015 ore 06:17 Foglio
L’occidente è adulto e libero a sufficienza per dire al presidente della Russia, Vladimir Putin, quelle cose che Putin non vorrebbe sentirsi dire. Incluso denunciare per anni una stretta autoritaria in corso al Cremlino. Ciò detto, dovremmo ora essere adulti e liberi a sufficienza per ammettere che da mesi il presidente russo continua a mettere il dito in alcune delle piaghe dell’occidente contemporaneo quando si proietta sulla scena internazionale. Il caso siriano è una buona cartina di tornasole di ciò. Si parta dal principio, cioè dall’incapacità occidentale di leggere in tempo reale quelle che furono battezzate in maniera un po’ incauta “primavere arabe”. In Siria, anche grazie al sostegno di paesi vicini, le iniziali manifestazioni del fronte anti Assad si sono trasformate presto in una simil guerra civile, con il regime di Damasco sempre più incline a reazioni violente. E’ seguìto un balletto di ultimatum e linee rosse che Assad ha perlopiù ignorato, a fronte di una leadership americana di volta in volta pronta a chiudere un occhio o due. Fino al punto che la guerra civile si è trasformata in guerra di sopravvivenza di un regime contro bande terroristiche costituitesi dal 2014 in stato califfale. Da questo momento in poi l’occidente non ha fatto altro che rifugiarsi dietro il feticcio della legalità internazionale a trazione onusiana per evitare un intervento massiccio, di state building, in Siria.
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Mosca, che quel veto all’Onu aveva contribuito a mantenerlo, lo scorso settembre ha deciso invece di intervenire; lo ha fatto senza sentirsi frenata da cavilli di legulei, per sostenere Assad innanzitutto. Si potrà contestare il merito di quell’intervento, non la prontezza a far seguire i fatti alle parole. Come è innegabile che soltanto di fronte al fatto compiuto dei russi, Washington si sia sentita in dovere di una piccola escalation (con tanto di manipoli di forze speciali sul campo). La seconda lezione è arrivata dopo gli attacchi a Parigi: il presidente francese Hollande cercava solidarietà tra le cancellerie, Putin gliel’ha offerta, poi ha aggiunto che contro l’Isis “raggiungere un accordo tra Russia e occidente è impossibile perché non esiste un’idea di occidente, ogni paese ha la propria posizione”. Difficile dargli torto, ancora oggi, alla luce delle nostre reazioni in ordine sparso: chi arriva a bombardare dall’alto, chi a fotografare con cautela, chi brandendo libri. Lasciando che a calzare i boots on the ground siano soltanto i soliti curdi. La terza cosa che Putin ha capito di noi è che l’ambiguità della coalizione occidentale anti Isis alberga perfino dentro la Nato. Si vedano i coreografici generali russi che spiattellano filmati sul confine colabrodo che divide Erdogan e il Califfato. Sulla Turchia “morbida” nei confronti dell’Isis finora c’era stata al massimo qualche voce dal sen fuggita da parte dell’Amministrazione, o qualche inchiesta giornalistica. Ragioni logistiche e contingenti avevano spinto americani ed europei a far finta di nulla; difficile continuare così, ha fatto capire ieri il ministro degli Esteri italiano Gentiloni.
In definitiva, da domani i nostri leader occidentali potrebbero pure decidere di comportarsi ignorando la Russia, etsi Putin non daretur. Resterebbero comunque da superare tutte quelle contraddizioni che Mosca ci ha lucidamente attribuito.
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