Ankara attacca i curdi, baluardo contro l'Isis
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L'abbattimento di un Sukhoj sul confine turco è il frutto avvelenato dei compromessi, delle incoerenze e degli errori che hanno condotto Obama a un accordo con Erdogan
di Domenico Cacopardo Italia Oggi, 26.11.2015
L'abbattimento di un Sukhoj sul confine turco è il frutto avvelenato dei compromessi, delle incoerenze e degli errori che hanno condotto Obama a un accordo con Erdogan: disponibilità di una base aerea e occhi chiusi sui bombardamenti turchi delle forze curde, le uniche che combattano contro l'Isis, gli alleati più affidabili dell'Occidente nello scacchiere siro-iracheno. Tutti capiscono che si tratta di una manifestazione di forza: tutti conoscono, in Medio Oriente, l'impegno russo a favore di Assad, contro gli insorti e contro l'Isis. Né Erdogan né il suo primo ministro Davutoglu né il loro capo di stato maggiore potevano ritenere che il volo del Sukhoj avesse intenzioni aggressive nei confronti della Turchia. Insomma, nessuno poteva equivocare sulla natura della missione dell'aereo russo, anche se, da diverso tempo, la Turchia denunciava violazioni del suo spazio aereo. L'abbattimento, quindi, è un clamoroso e immotivato atto ostile nei confronti della Russia messo in atto per ridimensionare il peso e il ruolo conquistato di recente nello scacchiere.
Vladimir Putin lo considera una pugnalata nella schiena da parte di un Paese dagli interessi opachi. Anche perché lo mette in difficoltà di fronte al suo popolo e alle sue forze armate. E, tuttavia, l'hanno fatto. Se è così, ed è così, bisogna capire se il rischio è stato calcolato bene. La posizione occidentale è emersa martedì, a margine dell'incontro tra Obama e Hollande e negli uffici Nato di Bruxelles: un formale consenso all'operazione turca, labilmente legata a una questione di sovranità di confine, più speciosa che reale, per circoscrivere l'evento nei militi di un deprecabile errore di valutazione con un appello a una «descalation» che tenta di dissuadere Putin dal mettere in atto le tragiche conseguenze che ha annunciato.
Il realismo che ha sempre guidato lo zar moscovita dovrebbe indicargli la strada giusta: non Sarajevo ma un incidente da superare con un riconoscimento formale che ristabilisca il suo prestigio, senza una sanguinosa controprova di forza, che aprirebbe una incontrollabile spirale di atti di guerra. Nel doppio e triplo gioco (anche americano) medioriental
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