Il percorso europeo degli attentatori, la pista belga e il dramma dell'Ue
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Si rafforza l'ipotesi che almeno due attentatori siano arrivati in Europa mescolandosi al flusso di migranti giunti dai Balcani. I dubbi sulle frontiere aperte
di David Carretta | 15 Novembre 2015 ore 15:38
Bruxelles. Le diramazioni in Belgio dell'attentato che ha colpito Parigi e il ritrovamento di passaporti siriani vicino ai corpi di due dei kamikaze rischiano di accelerare la fine di un'Europa senza frontiere, già messa a dura prova dalla crisi dei rifugiati. L'inchiesta condotta dalle autorità francesi per scoprire i responsabili dell'attacco di venerdì si sta orientando verso tre fratelli residenti in Belgio, ma di nazionalità francese. Secondo diverse fonti del Monde, due di loro compaiono sui contratti di locazione dei due veicoli utilizzati durante gli attacchi, mentre il terzo è stato fermato sabato nel comune di Molenbeek-Saint-Jean – uno dei 19 della regione di Bruxelles a più alta densità di popolazione musulmana, dove la classe politica che ha governato in passato ha favorito la ghettizzazioni multiculturale in cambio di voti della comunità islamica. Complessivamente, sette persone sono state fermate nella capitale belga. Ma altri membri dei commando dell'attacco a Parigi potrebbero essere arrivati dalla Siria, sfruttando l'ondata di rifugiati in fuga verso l'Europa.
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Secondo fonti della polizia francese, i due passaporti siriani ritrovati vicino ai cadaveri di due kamikaze sarebbero dei falsi, probabilmente fabbricati in Turchia, dove la contraffazione e il traffico di documenti è diventata una pratica diffusa per facilitare il transito verso l'Unione europea di migranti di ogni nazionalità che sperano di ottenere rapidamente l'asilo, come promesso dalla Germania e altri a chi fugge dalla guerra in Siria. Ma il fatto che i passaporti siano stati registrati in due punti di passaggio della rotta dei Balcani rafforza l'ipotesi che almeno due terroristi siano arrivati in Europa mischiandosi nel grande flusso di 600 mila migranti transitati dalla Grecia dall'inizio dell'anno. “Confermiamo che il possessore del passaporto (siriano) è arrivato sull'isola di Leros il 3 ottobre, dove è stato registrato secondo le regole dell'Ue”, ha detto il ministro greco della protezione dei cittadini Nikos Toskas sabato. Le autorità di Atene hanno fatto sapere che, il possessore del passaporto è sbarcato in un gruppo di circa 70 rifugiati. Ahmad Almuhammad – questo il nome sul documento – è stato poi registrato il 7 ottobre dalla Serbia a Presevo, al confine con la Macedonia, dove ha chiesto asilo prima di dirigersi verso la Croazia. La Grecia ha detto che un altro passaporto ritrovato vicino a un attentatore è stato registrato a Leros nel mese di agosto.
“Non confondete rifugiati e terroristi”, ha detto il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, durante una conferenza stampa a margine del G20 in Turchia: “Quelli che commettono questi atti (di terrorismo) è ciò da cui i rifugiati fuggono”. Il presidente della Commissione ha invitato “chi sta cercando di cambiare la nostra agenda sulle migrazioni a non cedere a bassi istinti”. Secondo Juncker, “non c'è necessità di rivedere l'insieme” delle politiche dell'Ue sui rifugiati, perché i kamikaze hanno semplicemente “abusato del sistema”. Ma il nuovo governo ultra-nazionalista della Polonia ha già colto l'occasione dell'attacco di Parigi per rifiutare di partecipare al programma di ridistribuzione di 160 mila richiedenti asilo. “La Polonia deve mantenere il controllo completo delle sue frontiere, della sua politica d'asilo e d'immigrazione,” ha spiegato il futuro ministro degli Affari europei, Konrad Szymanski, in un'intervista a wPolityce.pl. “Non vediamo la possibilità politica di rispettare” gli impegni sull'accoglienza di richiedenti asilo in provenienza da Grecia e Italia.
Il programma di ridistribuzione, lanciato malgrado l'opposizione di diversi Stati membri, si sta rivelando un fallimento in termini di numeri. Dalla sua adozione in settembre, poco più di 100 richiedenti asilo sono partiti da Grecia e Italia. Il numero complessivo di posti effettivamente offerti dagli altri Stati membri si sta riducendo. Juncker ha ammesso che a questo ritmo l'obiettivo dei 160 mila sarà raggiunto “nel 2101”. Ma è soprattutto l'Europa senza frontiere di Schengen ad essere sotto pressione. La crisi dei rifugiati ha spinto cinque paesi – Germania, Austria, Ungheria, Slovenia e Svezia – a introdurre controlli temporanei alle frontiere. Il governo di Berlino ha appena annunciato la sua intenzione di prolungare gli accertamenti ai confini oltre i due mesi teoricamente consentiti dalle regole Schengen in caso di eventi “non previsti”. Teoricamente, la Germania e altri potrebbero continuare a limitare la libera circolazione fino alla fine del 2017. Nella notte dell'attacco a Parigi, François Hollande, ha deciso di chiudere le frontiere con il Belgio – una misura che ha consentito di arrestare tre persone, tra cui l'uomo che aveva noleggiato a Bruxelles una delle automobili usate nell'assalto. Il governo belga ha fatto altrettanto, con verifiche ai confini terrestri, negli aeroporti e sui treni. In Germania, dove Angela Merkel è sotto la pressione dei suoi alleati conservatori per mettere fine alla politica della porta aperta, il leader della Csu e della Baviera Horst Seehofer ha chiesto “maggiore controlli non solo alle frontiere (esterne dell'Europa) ma anche alle frontiere nazionali”. Secondo il ministro delle Finanze bavarese, Markus Soeder, “l'epoca dell'immigrazione incontrollata non può andare avanti. Parigi ha cambiato tutto”.
“Senza una politica di intelligence europea, tenere aperte le frontiere interne dell'Ue sarà sempre più difficile”, spiega al Foglio una fonte comunitaria a conoscenza dei dibattiti tra i governi. “Ma non c'è la volontà di creare una Cia e una Nsa dell'Ue”. Il coordinatore anti-terrorismo dell'Ue, Gilles de Kerchove, ha più volte chiesto la creazione di un database unico di jihadisti con passaporto europeo da poter monitorare all'interno degli Stati membri e a ogni passaggio alla frontiera esterna del blocco. L'attacco contro Charlie Hebdo a gennaio, così come gli attentati contro Londra e Madrid, aveva spinto i governi a promettere condivisione di informazioni tra servizi segreti e controlli rafforzati sui passeggeri in provenienza dalla Turchia. Ma, nonostante qualche successo, permangono diverse falle fatali, in particolare a causa della reticenza dei servizi nazionali a condividere informazioni tra loro. La vicenda dei passaporti registrati in Grecia indica che i Foreign Fighters – gli jihadisti con passaporto europeo – hanno trovato un modo per bypassare i controlli sui passeggeri aerei. La “Molenbeek connection” dimostra quanto la Francia e gli altri paesi siano vulnerabile agli jihadisti che sfruttano l'Europa senza frontiere.
Dal comune bruxellesese di Molenbeek-Saint-Jean, dove la maggioranza della popolazione è alloctona di origine nord-africana, sono transitati Malika el Aroud (la pasionaria belga dello jihadismo e vedova di uno degli assassini di Ahmed Shah Massoud alla vigilia dell'11 settembre 2001), Mehdi Nemmouche (il responsabile del massacro al museo ebraico di Bruxelles dello scorso anno), due jihadisti uccisi in un'operazione anti-terrorista a Verviers in Belgio lo scorso gennaio, e la sorella di Ayoub El Khazzani (il terrorista del Thalys che avrebbe potuto commettere una strage in agosto). “Ci sono stati spesso legami tra attacchi terroristici e Molenbeek. Paghiamo la fattura del lassismo del passato”, ha riconosciuto il premier belga, Charles Michel. Secondo la stampa belga, Molenbeek da anni è diventata la base dell'islamismo estremista europeo, da dove passano jihadisti e armi, sfruttando le falle di un'Europa senza frontiere e senza una Cia europea.
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