In Siria si sta combattendo l'Isis ma anche una partita energetica
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Da quasi 150 anni la lettura degli interessi energetici aiuta molto di più dell'interpretazione religiosa per capire gli accadimenti mediorientali
di Edoardo Narduzzi Italia Oggi, 20.10.2015
Da quasi 150 anni la lettura degli interessi energetici aiuta molto di più dell'interpretazione religiosa per capire gli accadimenti mediorientali. La crisi siriana non fa eccezione. Mentre i più credono che il Daesh, cioè lo stato islamico, sia il vero obiettivo da combattere, si perde di vista perché Damasco e la Siria sono entrati in una guerra civile permanente. Gli sgozzatori musulmani sono soltanto uno strumento militare della vicenda, armato da uno degli interessati produttori di petrolio per destabilizzare il governo di Damasco.
La Siria era il naturale hub per far transitare i prodotti energetici, petrolio e gas, dei paesi produttori della regione verso il Mediterraneo. Con l'Iran riaperto al mercato internazionale, l'Iraq pronto nuovamente a esportare e la Russia desiderosa di trovare sbocchi geopolitici meno pericolosi per il suo gas il ruolo di una Siria non disgregata dalla guerra civile poteva essere originale e importante. Ecco spiegato perché, chi non aveva un interesse energetico a che ciò accadesse ha trovato conveniente armare le varie fazioni che combattono l'esercito alawita di Bashar al-Assad.
L'intervento militare della Russia di Vladimir Putin va letto anche usando le lenti degli interessi geopolitici energetici di Mosca. Ovviamente il Presidente russo dichiara di voler colpire i combattenti dell'Isis, un target utile da comunicare perché fa guadagnare molti consensi nell'opinione pubblica occidentale confusa dall'inazione dei propri governi di fronte all'avanzata dei miliziani islamici più estremi. Ma il vero obiettivo di Putin è stabilizzare la Siria e, soprattutto, mandare un messaggio forte e chiaro in politica estera agli altri paesi: la Russia è pronta a difendere i propri interessi energetici anche con politiche interventiste analoghe a quelle degli Usa in Iraq o in Libia.
Ecco spiegato perché Putin ha avuto un triplice interesse (verso la sua opinione pubblica, verso i suoi alleati naturali come il Kazakistan e verso gli altri paesi) a far vedere che le sue forze armate non sono più le truppe allo sbando dell'epoca di Eltsin che andavano in Cecenia senza alcun comando efficiente alle spalle. Oggi, militarmente, la Russia è tornata una superpotenza e non resterà a guardare mentre vengono organizzate e finanziate altre rivolte come quella di Kiev o mentre si destabilizzano gli equilibri energetici. Questa settimana, il 22 e il 23, a Verona si terrà il quarto Forum Eurasiatico e si discuterà molto anche di politiche energetiche e di geopolitica e si avrà l'opportunità di ascoltare Igor Sechin, il numero uno di Rosneft e probabilmente la persona di maggior fiducia di Putin.
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