L’Ue se la prende con Ankara per non schierarsi sulla Siria
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La creazione di una “safe zone” nel nord della Siria e l’escalation militare della Russia saranno il principale piatto della cena che sarà servita ai capi Stato e di governo nel Vertice europeo di oggi
di David Carretta | 15 Ottobre 2015 ore 06:20
Bruxelles. La Turchia potrebbe diventare il capro espiatorio della crisi dei rifugiati, nel momento in cui i leader dell’Unione europea sembrano incapaci di assumersi le proprie responsabilità di fronte al conflitto siriano, con il rischio di altri milioni di migranti che si incamminano verso l’Europa. La creazione di una “safe zone” nel nord della Siria e l’escalation militare della Russia saranno il principale piatto della cena che sarà servita ai capi Stato e di governo nel Vertice europeo di giovedì sera. “Un accordo con la Turchia ha senso se ridurrà effettivamente l’afflusso di rifugiati. Concessioni saranno giustificate solo quando questo obiettivo sarà realizzato”, ha scritto il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, nella lettera di invito agli altri leader. “La Turchia ci chiede di sostenere la creazione di una zona sicura, mentre la Russia – sempre più coinvolta in Siria – rigetta apertamente questa idea”. Ma gran parte dei paesi europei è contraria all’ipotesi di un coinvolgimento militare in Siria. Sulla zona sicura nel nord della Siria “serve grande cautela”, spiega al Foglio un ambasciatore di un grande paese: “E’ una richiesta turca e non c’è assolutamente accordo” tra i governi. L’Ue è divisa anche sul ruolo della Russia nel conflitto e il mantenimento di Bashar el Assad al potere. Mosca “ha annunciato che il suo principale obiettivo è trovare una soluzione con Assad”, dice un altro ambasciatore. Ma l’Ue è indecisa su “quanto Assad possiamo accettare”.
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"Tre milioni di siriani in arrivo" La bozza di conclusioni del Vertice – che il Foglio ha potuto consultare – riflette le esitazioni europee. Per spingere la Turchia a sigillare la sua frontiera, a Ankara viene offerto un pacchetto di incentivi, che il presidente Recep Tayyip Erdogan ha già definito insufficienti: una “road map” sulla liberalizzazione dei visti, aiuti finanziari fino a un miliardo di euro e il trasferimento verso l’Europa di 500 mila rifugiati siriani presenti sul territorio turco. Il vice-presidente della commissione, Frans Timmermans, ha spiegato che “l’Ue ha bisogno della Turchia per tenere la situazione (dei rifugiati) sotto controllo e la Turchia ha bisogno dell’Ue”. Ma gli europei “non vogliono mettersi nella condizione di avere il cappello in mano”, spiega un diplomatico. Il rischio è di farsi trascinare nell’agenda di politica interna ed estera di Erdogan: con i negoziati di adesione in stallo, agli europei mancano gli strumenti per influenzare Ankara sui rifugiati.
Sulla Russia, la bozza di conclusioni del Vertice è ancora più ambigua. I leader si limitano a esprimere “preoccupazione per gli attacchi russi contro l’opposizione e i civili siriani” e auspicano una “soluzione politica del conflitto”, con la richiesta “a tutte le parti coinvolte di lavorare a questo scopo”. Nessuna menzione del ruolo di Assad nella transizione, né della possibilità di una nuova ondata di profughi siriani verso l’Europa causata dall’intervento russo. Nella sua lettera, Tusk parla della necessità di prepararsi a “milioni di potenziali nuovi rifugiati”. Sia il dipartimento di stato americano sia il governo turco hanno avvertito che la presa di Aleppo potrebbe spingere centinaia di migliaia di siriani sunniti a lasciare il paese. I leader dell’Ue prometteranno aiuti a Turchia, Libano e Giordania per rafforzare la loro capacità di accoglienza, nella speranza che non intraprendano il viaggio verso l’Europa. Il premier italiano, Matteo Renzi, “arriverà armato di alcune idee su come riformare il sistema di Dublino”, compresa la creazione di un “meccanismo di ridistribuzione automatico” dei migranti, spiegano fonti italiane. Ma a forza di rinviare le scelte strategiche – allargamento alla Turchia, intervento militare nelle crisi regionali, relazione con la Russia – il prezzo della crisi dei rifugiati continua a salire.
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