L'Is usa le armi chimiche che trova nei depositi in Iraq o in Siria. Sì, ci avevano detto che non c’erano
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Secondo fonti di intelligence, il Califfato è riuscito ad accedere a depositi di armi non convenzionali e ha iniziato a usare sostanze chimiche contro i ribelli siriani
di Paola Peduzzi | 08 Ottobre 2015 ore 06:19 Foglio
Milano. “Colpo di mortaio in arrivo, state attenti!”, ha gracchiato il walkie-talkie di Abu Anas Ishara, un ribelle siriano che difende il villaggio di Marea per metà deserto (sono scappati tutti verso l’Europa), vicino ad Aleppo, nel nord della Siria. Abu Anas sapeva già che cosa sarebbe accaduto: dopo dieci, quindici secondi avrebbe sentito l’esplosione. Ma era talmente abituato a quell’allarme, dopo quattro e più anni di resistenza, che non si era messo al riparo: era in casa con la famiglia, sua moglie Nada si era appena messa ad allattare la figlia nata cinque giorni prima. Il proiettile colpì il tetto, tra le macerie e il fumo la figlia più grande, di tre anni, gridò “papà!”, Abu Anas la prese in braccio, uscì dalla casa assieme alla moglie: tutti sembravano illesi. “Era il 21 agosto – scrive C. J. Chivers sul New York Times – La loro discesa nella confusione e nel dolore rovente di un attacco chimico era appena cominciata”. L’attacco era stato fatto dallo Stato islamico che, secondo gli analisti militari, gli esperti e le testimonianze locali, usa armi non convenzionali già dalla primavera scorsa: il cloro prima di tutto, ora anche il gas mostarda, un agente chimico vietato a livello internazionale.
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Abu Anas, un ex poliziotto che fa parte della 13esima divisione, un gruppo di ribelli che ha ricevuto sostegno dalla Turchia, da alcuni paesi arabi e dagli Stati Uniti, ha visto ogni genere di attacco. Carri armati, fanteria, blitz aerei, cluster bomb, i missili balistici sono caduti nelle vicinanze facendo tremare la terra e sollevando le case. Ma qualcosa, il 21 agosto, era diverso. Il mortaio non era esploso, ma aveva lasciato un buco a forma di pera nella terra. Abu Anas sentiva addosso come una sabbia tiepida, e subito un odore strano invase loro e la casa, lo sentivano attorno, lo sentivano addosso: odore di “uovo marcio, di aglio marcio, di qualcosa di marcio”, racconta. Gli effetti del gas mostarda non sono immediati, arrivano dopo qualche ora: verso sera Abu Anas vomitava, aveva gli occhi che gli bruciavano, cercava sul corpo le bruciature, non le vedeva, ma si sentiva come se stesse prendendo fuoco. Nada lo stesso, i bambini piangevano e piangevano, la bebè tremava e si agitava. Andarono in ospedale, le bruciature iniziarono a comparire, i medici separarono i bambini dai genitori: Abu Anas e Nada non hanno più rivisto le loro figlie.
Ieri l’Ap ha raccontato con particolari da film spionistico la caccia da parte dei gruppi terroristici di armi di distruzione di massa, il contrabbando che c’è in Moldavia e poi giù a scendere verso il medio oriente di materiale radioattivo per costruire la bomba sporca. Secondo fonti di intelligence, lo Stato islamico è riuscito ad accedere a depositi di armi non convenzionali e ha iniziato a usare sostanze chimiche con costanza contro i ribelli siriani da almeno sei mesi (noi ci ostiniamo a non vedere la differenza tra ribelli e gruppi jihadisti, ma evidentemente lo Stato islamico la vede benissimo). I depositi assaltati sono in Iraq o in Siria – in quell’Iraq in cui le armi non convenzionali non ci sono mai state, giusto? In quella Siria in cui le armi non convenzionali sono state tutte consegnate grazie alla mediazione russa e smaltite, giusto?
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