Califfi e topi
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Una galleria di Londra elimina un’opera d’arte irriverente sull’Isis. La cultura inglese si piega all’islam
“L’Isis minaccia Sylvania”, un dettaglio del lavoro dell'artista Mimsy
di Giulio Meotti | 30 Settembre 2015 ore 16:57
Sembra la versione aggiornata di “Maus” di Art Spiegelman, la storia dei topi ebrei e dei gatti nazisti durante la Shoah. Protagonista stavolta una famiglia di pupazzetti che popola una valle incantata di nome Sylvania. A irrompere nella vita di questi animaletti un commando nerovestito di ratti dello Stato islamico (Isis), pronto a massacrare gli ignari e innocenti abitanti della valle, a scuola e su una spiaggia, durante un picnic o a un gay pride.
Si intitola “L’Isis minaccia Sylvania” l’opera dell’artista di origini siriane Mimsy, che ci ha lavorato nel corso degli ultimi due anni. “E’ stato inquietante, perché ogni volta che ho immaginato una scena è poi successa in realtà”, ha detto Mimsy al Guardian. “Ho realizzato la scena della spiaggia prima del massacro in Tunisia e la scena a scuola prima che Boko Haram rapisse le studentesse in Nigeria”. Ma chi volesse visitare la celebre galleria Mall di Londra, che in questi giorni ospita la rassegna “Passion for Freedom”, dedicata ogni anno agli artisti che subiscono la censura e la persecuzione, si dovrà accontentare dell’opera di Jamie McCartney “Il Grande Muro della Vagina”, nove metri di genitali femminili. Perché l’opera di Mimsy è stata eliminata dal programma.
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La galleria d’arte l’ha rimossa, infatti, dopo che la polizia inglese ha parlato di “contenuto potenzialmente incendiario” dell’opera, informando gli organizzatori dell’evento culturale londinese che se volevano metterla in mostra avrebbero dovuto sborsare 36 mila sterline per i sei giorni della mostra. Tanto costava la sicurezza per i pupazzetti minacciati dall’Isis.
Un portavoce della galleria ha dichiarato: “Mall Galleries è stata avvicinata dalla polizia di Westminster che ha espresso preoccupazione per i potenziali rischi di includere il lavoro di Mimsy. Hanno chiarito che ci sarebbe stato un costo aggiuntivo per la polizia se il lavoro fosse stato incluso nella mostra e hanno specificato che questo costo sarebbe stato addossato all’artista o alla mostra. Mall Galleries allora si è riunita e ha deciso di eliminare il lavoro dalla mostra”.
Cacciata l’esule iraniana dall’università
Nelle stesse ore a Maryam Namizie, una celebre esule iraniana fuggita dopo la rivoluzione khomeinista e che oggi milita in difesa dei diritti umani, veniva impedito di prendere la parola all’Università di Warwick, una delle più prestigiose del Regno Unito. L’associazione degli studenti ha sostenuto che il suo intervento avrebbe potuto costituire un “incitamento all’odio”. La prevista conferenza è stata così annullata. Si è voluto difendere, è stato detto, “il diritto degli studenti musulmani di non essere discriminati”. Numerose personalità inglesi hanno fatto appello all’ateneo perché ritornasse sulla sua decisione. “Proteggere gli studenti dalle idea è una idiozia”, ha scritto Salman Rushdie. “Sono le idee che una università dovrebbe proteggere”. Due casi che illuminano la codardia e l’ipocrisia di un establishment artistico sempre incline a criticare le religioni innocue (i cristiani) e i regimi che non arrestano (le democrazie).
Sui pupazzetti di Sylvania è intervenuto anche l’Index of Censorship, la rivista fondata nel 1972 da Stephen Spender e che si spese a favore dei dissidenti della Cortina di ferro. Definitivo il suo commento di ieri: “Nel 1972, Michael Scammell, primo direttore dell’Index, scrisse che ‘la libertà di espressione non si autoperpetua, ma deve essere mantenuta dalla vigilanza costante di coloro che ce l’hanno a cuore’. E’ ovvio che non siamo stati molto vigili”. Il califfo ringrazia.
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