Perché i maestrini tedeschi di Volkswagen inquinavano troppo fingendosi “green”
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La più nota azienda tedesca aveva messo la sua sapienza tecnologica al servizio di un meccanismo truffaldino. Il software sotto accusa, infatti, fa andare a pieno ritmo il sistema di controllo delle emissioni soltanto durante i test ufficiali
Fot la Press
di Ugo Bertone | 22 Settembre 2015 ore 09:44
Milano. La caduta degli Dei è andata in scena alla Borsa di Francoforte. Ieri il titolo del colosso automobilistico Volkswagen è affondato tra le vendite, anche con ribassi superiori al 20 per cento, per chiudere a meno 18,6 per cento. La capitalizzazione del leader mondiale dell’automobile, grazie alle vendite dei suoi 14 marchi, scende di quasi 20 miliardi di euro. Più o meno quanto la supermulta che il gruppo tedesco potrebbe pagare alle autorità americane dopo che l’Environmental protection agency (Epa) ha accusato il gruppo di avere progettato un software per i modelli diesel che, per ben sei anni, ha ingannato le autorità che misurano le emissioni tossiche. La più nota azienda tedesca aveva messo la sua sapienza tecnologica al servizio di un meccanismo truffaldino. Il software sotto accusa, infatti, fa andare a pieno ritmo il sistema di controllo delle emissioni soltanto durante i test ufficiali, mentre quando le auto sono su strada emettono fino a 40 volte il livello di inquinanti legalmente consentito, dice l’Epa.
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La Volkswagen ha ammesso la colpa, dopo una lettera di scuse del ceo Martin Winterkorn che ha annunciato un’inchiesta interna (come se i vertici potessero non essere informati di un trucco che andava avanti dal 2009). In serata il colosso con base a Wolfsburg ha sospeso le vendite dei modelli diesel negli Stati Uniti. Una brutta botta perché è su questo segmento che si è concentrato lo sforzo del gruppo tedesco sul mercato americano, dove è in netto ritardo rispetto alla giapponese Toyota. Volkswagen può incorrere in una multa da 37.500 dollari per ogni veicolo che non rispetta le regole federali sulle emissioni e le auto diesel a quattro cilindri Vw e Audi coinvolte nell’accusa sono 482.000. Per non parlare delle potenziali class action dei clienti. Ma il danno reputazionale rischia, se possibile, di essere anche maggiore. Non solo perché la storica strategia del governo tedesco di incentivare l’energia verde (energiewende) viene smentita dall’azienda gioiello di casa. Ma anche perché capita in un momento delicato per l’ammiraglia della corporate tedesca. Il ceo Winterkorn, grazie al determinante appoggio del sindacato e del land della Sassonia (entrambi grandi azionisti), era appena uscito vincitore in un aspro duello contro Ferdinand Piëch, già numero uno di Audi ed esponente di punta del clan che fa capo alla famiglia Porsche, discendente del fondatore. In particolare, Piëch sosteneva la necessità di un cambio di rotta rispetto al modello tradizionale, fondato su alte paghe e difesa del lavoro all’interno della Germania.
Il fallimento di Winterkorn, che non ha saputo tenere sotto controllo un gruppo forse troppo grosso e diversificato, potrebbe rimettere in discussione la sua leadeship. Il capo dei consigli di fabbrica del gruppo, Bernd Osterloh, appoggia Winterkorn, a indagini dell’Epa in corso, ma se sarà giudicato responsabile ha detto che dovrebbe dimettersi, riferisce Reuters. Ma c’è un altro risvolto del Volkswagen skandal. Dopo le punizioni inflitte a Fca e la mega-multa che si profila ai dani di Gm, arriva una punizione che rischia di mettere in ginocchio una delle aziende più solide d’Europa. E’ la conferma che le regole imposte dalle autorità di controllo in Europa e negli Stati Uniti, per giunta spesso assai dissimili, hanno fortemente accresciuto i costi per le case dell’auto. E’ sempre più valida la visione di Sergio Marchionne, che ha posto l’indice sulle spese insostenibili per l’industria, già sotto stress per la concorrenza estrema. E così, nonostante il settore goda a prima vista di ottima salute (solo Fiat-Chrysler ha più debiti che cassa), il numero uno di Fca ha invocato una stagione di alleanze e di merger per ridurre la fame di quattrini di un settore “drogato” dalla necessità di capitali. Difficile confutare la sua analisi se perfino i primi della classe cedono alla tentazione di truccare gli esami pur di non perdere punti nella gara per raggiungere il perfetto canone “green”. (u.ber.)
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