Europa neocarolingia
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Perché la Germania, dopo anni di Ostpolitik post sovietica, ora guarda verso il Mediterraneo
di Sergio Soave | 05 Settembre 2015 ore 06:08 Foglio
L’energia con cui Angela Merkel ha polemizzato con i governi che rifiutano la corresponsabilità europea sull’accoglienza dei rifugiati, il suo richiamo vigoroso a princìpi morali e giuridici, fa pensare che questa scelta, questa modificazione di ottica e in sostanza questo cambio di alleanze all’interno del sistema europeo sia il risultato di una analisi approfondita e non solo la reazione momentanea a una situazione specifica. Finora l’attenzione principale della Germania era rivolta ai paesi usciti dall’orbita sovietica dopo la caduta del muro di Berlino. La cancelliera, che è vissuta nella Repubblica democratica tedesca, è comprensibilmente molto sensibile ai problemi e ai drammi di società e di stati che hanno ricostruito la loro identità e la loro economia dopo mezzo secolo di soggezione paralizzante. Ha sentito come un dovere della Germania quello di fornire appoggio a questo processo evolutivo, sia nell’economia sia nella restaurazione delle istituzioni democratiche. Naturalmente ha contato molto anche un fattore meno ideale, la penetrazione in questi mercati riaperti delle imprese e delle produzioni tedesche. Però a lungo andare questo orientamento della politica tedesca ha mostrato anche effetti negativi: la reazione russa a quello che considera un accerchiamento e la distanza crescente dai paesi mediterranei dell’Unione, resa evidente dal carattere sempre meno propositivo dell’obsoleto asse franco-tedesco e dalla protesta italiana, per una volta efficace, contro gli eccessivi rigorismi economici e l’indifferenza per i devastanti fenomeni migratori. Il rischio di una rottura dell’Unione su questo crinale (che in Germania alcuni addirittura auspicano) si è fatto consistente e probabilmente ha indotto la cancelliera a rimeditare sulla funzione centrale ed equilibratrice della Germania, che si andava vanificando proprio per il carattere troppo orientato a est della sua strategia delle alleanze.
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Virtù del modello tedesco sull’immigrazione Da qui nasce la riedizione dell’Europa dei fondatori, quell’Europa “carolingia” che fu la risposta del lembo del continente non sottoposto alla dominazione sovietica ai rischi che correva la sua indipendenza. A suo tempo questo aggregato riuscì a reggere soprattutto grazie alla protezione americana, quando il quadro geopolitico era dominato dal confronto anche militare tra le grandi potenze globali. Oggi, quando, nonostante l’Ucraina, il continente europeo è un continente pacifico, l’Europa carolingia può ridefinire la sua missione sul terreno della coesione economica e dalle capacità di reggere come soggetto non del tutto subalterno alle nuove sfide che vengono dal terrorismo islamico e dalla situazione incontrollabile in una larga fascia che va dall’Iraq fino alle sponde meridionali del Mediterraneo. Se questo è lo scacchiere decisivo sul quale si giocherà la partita della stabilizzazione è evidente che i grandi paesi mediterranei acquisiscono nuovamente un rilievo, se non altro per la loro collocazione geografica e per le loro connessioni economiche e soprattutto energetiche, che non può essere trascurato. La vicenda dei profughi, che è l’epifenomeno di processi e di crisi profonde che scuotono un’estesa area del mondo, è diventata l’argomento e l’occasione per rendere esplicita una svolta che sembra nascere da una considerazione più ampia.
Per una volta si può anche prendere atto della funzione esercitata dall’Italia, che ha saputo accompagnare la delusione per l’isolamento in cui veniva lasciata sulle questioni dell’immigrazione a una iniziativa volta a impegnare l’Europa sul terreno della stabilizzazione dell’Africa settentrionale. I tentennamenti della Francia originati anche dalla debolezza del presidente François Hollande che non riesce a contenere le spinte identitarie antieuropee sembra abbiano trovato un approdo e una convergenza anche per effetto della fermezza con cui l’Italia ha sostenuto le proprie ragioni. Naturalmente quello che si profila per ora è solo un disegno, una prospettiva nuova che ha bisogno di lavoro e di pazienza per consolidarsi in un nuovo orientamento della politica europea. Anche le conseguenze, per ora imprevedibili, potrebbero essere di segno diverso. Per esempio non si sa come i paesi dell’area orientale dell’Europa, se si sentono abbandonati dalla Germania, reagiranno alla ricostruzione del sistema continentale che parte nuovamente dai paesi fondatori della comunità. In ogni caso si deve apprezzare il carattere dinamico e costruttivo della prospettiva che si sta aprendo
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