Tutti in Grecia per Tsipras. Senza una grande mutazione genetica,
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l’unica sinistra possibile è quella che sfascia i paesi. Perché la scommessa del premier greco contro la politica degli idioti e degli ideali mette in brache la brigata kalimera
di Claudio Cerasa | 21 Agosto 2015 ore 17:32 Foglio
La verità è che molti di loro, molti degli eroici compagni della brigata kalimera, sono ancora lì con la testa a Piazza Syntagma. Sono ancora sotto choc come dopo una notte in discoteca passata a ingurgitare pasticche e acidi. E sono ancora lì, tramortiti e frastornati, a cercare di capire come diavolo sia stato possibile, nel giro di due mesi, passare dal considerare il compagno Tsipras non più il grande amore della propria vita ma il solito bastardo cornificatore che ha deciso ancora una volta di tradire la sinistra con la signorina troika.
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Da quel 5 luglio del 2015 – giorno in cui i kalimeri di tutta Europa si ritrovarono ad Atene per consegnare al premier greco la corona della democrazia e della lotta contro la tecnocrazia brutta e cattiva, ricordando involontariamente da vicino tutti quei ragazzi che d’estate vanno a trombare a Mykonos solo perché non ci riescono a Rimini (copyright Spinoza) – è successo di tutto. Ma la cosa più importante che è accaduta negli ultimi due mesi non è tanto la dimostrazione che solo i cultori del cialtronismo pentastellato possono essere convinti che la democrazia diretta possa sostituire la democrazia rappresentativa ma è anche la dimostrazione concreta che la conversione di Tsipras, e il suo passaggio da leader populista a politico con il piglio da statista, come scritto ieri su queste pagine da Marco Valerio Lo Prete, sia una notizia centrale per capire quale potrà essere il destino delle sinistre occidentali, e forse non solo di quelle europee. Si diceva, appena due mesi fa, che la direzione di Tsipras, il suo generoso concedere al popolo la possibilità di far sentire la propria voce contro l’invasore straniero, avrebbe avuto l’effetto di motivare e cementificare le forze anti sistema di tutta Europa e avrebbe avuto di conseguenza anche un effetto moltiplicatore destinato a far risvegliare da un lungo letargo tutte le truppe di sinistra e di destra annidate nelle varie catacombe europee.
Due mesi dopo, invece, la straordinaria storia di Tsipras si è trasformata nell’esatto opposto di quello che sarebbe dovuta essere. Ed è diventata una traiettoria esemplare sia per tutti coloro che provano a dimostrare che un conto è vivere per fare campagna elettorale un altro è vivere per governare (la politica degli ideali, come si sa, spesso è destinata a trasformarsi in una politica degli idoti), sia per tutti coloro che provano a dimostrare che per uscire dalla spirale dell’austerità c’è solo una strada ed è quella dell’uscita dell’euro. Tsipras, come è noto, avrebbe potuto essere coerente fino in fondo con le sue idee e avrebbe potuto fare quello che nessuno ha ancora avuto la possibilità di fare concretamente: considerare l’uscita dall’euro come l’unica ancora di salvezza per un paese martoriato dai debiti. Invece oggi la sinistra che si considera dura e pura e che considera di destra tutto ciò che è di governo non può riconoscere che Tsipras è stato semplicemente assalito dal principio di realtà, lo stesso che lo porterà a costruire il 20 settembre alle urne quello che potremmo definire un partito della nazione greco, e quella sinistra non può che dire dunque che Tsipras si è comportato così solo perché è sotto ricatto della troika, della Merkel, di Schäuble e degli speculatori tedeschi. Da questo punto di vista, Tsipras, al di là del colore politico del suo partito, oggi rappresenta il miglior alleato possibile per tutti quei governi assaliti dalla realtà che hanno capito che l’Europa può essere tale solo se si arrende al principio della cessione di sovranità. E paradossalmente, dovendo pensare ai prossimi mesi, non ci poteva essere un alleato migliore di Tsipras per un politico pragmatico, tosto e riformista come Rajoy, che nella sua Spagna, contro Podemos, sta provando a fare da un certo punto di vista la stessa operazione che dovrà mettere in campo tra un mese il capo di Syriza: per vincere le elezioni e governare tocca essere affidabili, credibili, mentre la politica incredibile, non affidabile, è una politica che può portare molte persone a Piazza Syntagma ma che alla lunga è destinata a far fallire il proprio paese.
Se Renzi avesse oggi il sistema elettorale su cui può far affidamento la Grecia, difficilmente potrebbe resistere alla tentazione di andare al voto per costringere la Syriza del Pd a un bagno di realtà, ma questo in Italia potrà accadere solo alla fine del prossimo anno, quando entrerà in vigore la nuova legge elettorale e quando verosimilmente potrebbe essere stata approvata definitivamente la riforma costituzionale. Nell’attesa che anche Renzi possa sperimentare il metodo Tsipras, il presidente del Consiglio nei prossimi mesi ha una grande occasione e oggi può fare quello che fino a qualche mese fa giustamente non ha fatto: andare in Grecia e fare campagna per Tsipras. Il premier greco ha molti limiti ma se dovesse vincere la sua scommessa è destinato a formare con Renzi una coppia di fatto di una nuova famiglia: le sinistre che capiscono che l’unico modo per sopravvivere è quello di diventare delle sinistre geneticamente modificate. Massimo D’Alema, dall’alto della sua robusta tradizione di politico vincente, un tempo diceva che no, non scherziamo: “Oltre la sinistra esiste la solo la destra”. Tsipras, con Renzi, potrebbe dimostrare, una volta per tutte, che oltre la sinistra non c’è solo la destra ma c’è anche una cosa più ambiziosa e per questo complicata e forse dalemianamente orrenda: si chiama sinistra di governo, diciamo.
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