La fiammella di Amnesty s’è spenta
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Miserie del Nobel della Pace fra lapidatori islamisti e prostituzione come “diritto umano”
di Giulio Meotti | 20 Agosto 2015 ore 17:30 Foglio
Nello spirito della sua simbolica torcia, Amnesty International è riuscita a gettare una luce dove c’era soltanto il buio. Nacque negli anni Sessanta con uno scopo nobile e per questo è stata premiata con un Nobel per la Pace e oltre due milioni di iscritti. Ma da allora, Amnesty International sbanda fra l’eccitazione umanitarista, l’esposizione mediatica (Bono e Yoko Ono) e i flirt con l’islamismo. “Amnesty director’s links to global network of Islamists”, i legami della direttrice di Amnesty con la rete globale islamista: è questo il titolo di una corposa inchiesta del Times di Londra.
Solo una candelina Yasmin Hussein, attualmente direttore di “Faith and Human Rights” ad Amnesty International, ha profondi legami con la Fratellanza musulmana e con Hamas. E’ l’accusa del Times. Il marito di Hussein, Wael Musabbeh, è poi un membro di rilievo della Union of Good, la ong islamista con base nel Qatar bandita da Israele per finanziamenti al terrorismo, sospettata di passati legami con al Qaida. Musabbeh dirige anche il Claremont Community Trust, una organizzazione britannica dei Fratelli musulmani. Si scopre anche che nel 2012, la Hussein, quando era già dirigente di Amnesty, al Cairo viveva a casa di Adly al Qazzaz, un consigliere del governo egiziano dei Fratelli musulmani (la figlia è la portavoce dei Fratelli musulmani nel Regno Unito, mentre il figlio era consigliere del deposto presidente Mohamed Morsi). Tutti arrestati nel giro di vite che ha seguito il rovesciamento di Morsi. Legami politici e famigliari alla faccia della pretesa di Amnesty di “operare una rigorosa politica di non schieramento con qualsiasi governo o partito politico”. E alla faccia del premier David Cameron, che ha ordinato una inchiesta sulla fratellanza nel Regno Unito. Lo scorso marzo, Amnesty aveva già tagliato i legami con Cage, un gruppo di pressione islamista che si batte per “le vittime della guerra al terrore”, una ong fondata da un ex detenuto di Guantanamo e che ha descritto Mohammed Emwazi, il boia dell’Isis conosciuto come Jihadi John, come un “bravo ragazzo”.
Sharia e prostituzione. Sembra incredibile ma è così. E’ quanto emerso dall’International Council Meeting di Dublino, l’assemblea mondiale di Amnesty che si tiene ogni due anni e che ha appena sostenuto il ricorso al “sex work” come un “diritto umano”. Chi vende il proprio corpo in cambio di denaro “esercita l’autonomia”. Giovedì Amnesty è stata accusata dalle organizzazioni che vogliono prevenire la violenza sessuale. Chissà cosa ne penserebbe Peter Benenson, l’avvocato inglese che fondò Amnesty come parte della “testimonianza cristiana”. Chissà cosa ne pensano gli islamisti, i nuovi pii amici di Amnesty, che di prostitute discutono al massimo sulla grandezza del sasso con cui metterle a morte.
Miseria e confusione di un ex Nobel per la Pace, che un tempo si batteva per la liberazione della compagna di Pasternak, Olga Ivinskaya, la “Lara” del Dottor Zivago, e che oggi oscilla fra uno sciatto libertinismo e i lapidatori della sharia.
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