Grecia, via al piano di privatizzazioni tra le incognite. Dopo il salvataggio, asset sul mercato. La Cina vuole il Pireo,

gli arabi l'aeroporto Hellinikon, i russi il gas. Ma il Fmi: con ricavi per 10 miliardi non si farà cassa.

di Francesco Pacifico | 14 Luglio 2015 Lettera43

Appena arrivato al governo, Alexis Tsipras mandò un chiaro segnale alla Troika.

E in un giorno solo bloccò il piano di privatizzazione del 30% della compagnia elettrica Public Power Company, la dismissione della compagnia di distribuzione dell’energia elettrica (Admie) e soprattutto congelò la vendita del 67% del porto di Pireo ai cinesi di Cosco.

Tutto «per il beneficio del popolo greco», disse allora il vice ministro Thodoris Dritsas.

PROMESSI 22 MILIARDI. Poche ore dopo l’ex titolare della Finanze, Yanis Varoufakis, licenziò anche i ver­tici dell’agenzia per le privatizzazioni, l’istituzione creata dall’ex premier Antonis Samaras che aveva promesso ai creditori internazionali privati dismissioni per 22 miliardi di euro, incassando però appena 8 miliardi.

MA ORA C'È UN FONDO. Ed è forse per questo che i creditori internazionali hanno vincolato il terzo salvataggio della Grecia alla creazione di un fondo indipendente di circa 50 miliardi (gestito però ad Atene) e nel quale trasferire asset da vendere.

RIPARTIZIONE DECISA. La Troika ha anche deciso la destinazione dei fondi raccolti: 25 miliardi dovranno andare alla ricapitalizzazione delle banche, 12,5 miliardi alla riduzione del debito pubblico e 12,5 miliardi destinati a investimenti per la crescita.

Questo, almeno in teoria, perché in pratica gli obiettivi inseriti nell’ultimo memorandum rischiano di essere rivisti al ribasso.

Scarsissime possibilità di fare cassa con le privatizzazioni

Nel 2011 - quindi dopo uno e non cinque anni di recessione - il governo Papandreu annunciò un piano di dimissioni pari a 50 miliardi.

ASSET PER 14 MILIARDI. Nello stesso periodo il Rapporto del Privatization Barometer, curato da Kpmg e Fondazione Eni Enrico Mattei, calcolò che gli asset in mano ai greci avevano un valore di poco inferiore ai 14 miliardi.

Senza contare che nei precedenti 20 anni Atene aveva incassato 25 miliardi di euro dalle privatizzazioni.

SERVE UN HAIRCUT? Qualche settimana fa il Fondo monetario internazionale (Fmi) richiamò alla realtà gli altri componenti della Troika (Bce e Commissione europea), ricordando che uno dei motivi per i quali la Grecia necessitava di un haircut sul debito era dovuto anche alle scarsissime possibilità di fare cassa con le privatizzazioni.

Secondo Washington non si supereranno i 10 miliardi.

I BIG FANNO AFFARI. Anche per questo si comprende la ritrosia di Tsipras a cedere in questa fase i gioielli di famiglia, mentre le grandi potenze già sperano di fare grandi affari.

Come la Germania, che in terra ellenica ha già messo le mani su 120 aziende.

A Berlino fremono per conoscere i nuovi bandi che si accinge a presentare il governo di Atene, anche perché intende aumentare la sua presenza in Ote (la compagnia telefonica di Stato dove Deutsche Telekom detiene già il 60%), mentre la Fraport intende continuare il suo shopping negli aeroporti regionali.

La Cina punta al Pireo

Sono proprio gli asset infrastrutturali e quelli energetici gli oggetti più bramati all’estero.

Sul primo versante la Cina punta a concludere l’acquisto del porto del Pireo (ma Tsipras vuole più dei 300 milioni già messi sul piatto) e e ha messo nel mirino l’acquisto dell’ex monopolista ferroviario Trainose, per dare forma a quella dorsale di strade e binari in territorio ellenico della sua nuova via della Seta.

GLI ARABI NEI CIELI. Sempre sul versante dei trasporti i fondi sovrani arabi (con in testa quello del Qatar) si sono candidati alla conquista dei 623 ettari del vecchio scalo aeroportuale ateniese Hellinikon (ora in mano agli armatori Latsis), che possono essere riconvertiti e possono garantire la più grande operazione immobiliare mai esistita nel Paese.

PUTIN, AFFARI COL GAS. Dopo aver promesso a Tsipras di fare della Grecia il futuro sbocco europeo del suo gasdotto Turkish Stream, Vladimir Putin potrebbe mettere le mani sui principali asset energetici del Paese.

Innanzitutto Gazprom vuole finalmente concludere l’acquisizione dell’ex monopolista del Gas Depa (alla quale si era interessata anche l’Eni) e guarda al controllo del 35,5% di Hellenic Petroleum, la prima raffineria del Paese.

ADMIE DA PRIVATIZZARE. Nel piano approvato dall’Eurosummit è messo nero su bianco l’impegno a privatizzare la compagnia di distribuzione dell’energia elettrica (Admie), la rete che piace a Terna e ai russi.

I quali, però, vedono questi asset soltanto come merce di scambio: da pagare a prezzi di poco superiori a quelli di mercato asset che dovrebbero essere ricapitalizzati per poi giocarsi questa fiche battendo la concorrenza per ottenere le concessioni per lo sfruttamento degli idrocarburi in 20 aree marine della Grecia occidentale e a Sud di Creta.

UN TESORO ENERGETICO. Nell’Egeo c’è un mare di gas che da solo potrebbe garantire ad Atene tra licenze di esplorazione e royalty almeno 15 miliardi nei prossimi 10 anni.

Categoria Estero

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata