Il senso tutto socialdemocratico per i soldi
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Così un'organizzazione europea è stata usata per fare lobby per il Kazachstan. Un giro di denaro notevole che coinvolge, tra gli altri, Romano Prodi e Gerhard Schröder.
Nursultan Nazarbayev, presidente del Kazachstan (foto LaPresse)
Tra gli obiettivi dell'Indipendent International Advisory Council anche quello di risolvere le faide interne alla famiglia del presidente kazako Nazarbajev
di Andrea Affaticati | 15 Giugno 2015 ore 17:22
Che “pecunia non olet” lo sapeva già Vespasiano. E lo pensavano anche gli elder statesmen, quando l’Indipendent International Advisory Council (Iiac), fondato alla fine del 2009 a Vienna, provò a ingaggiarli: tra gli statisti illustri che ne fanno parte o hanno gravitato per un po’ nella sua orbita ci sono l’ex cancelliere Gerhard Schröder, l’ex capo di stato tedesco Horst Köhler, l’ex ministro degli Interni – sempre tedesco – Otto Schily, l’ex premier Romano Prodi. Come si nota, un gruppo di estrazione prevalentemente socialdemocratica. Come l’ex cancelliere austriaco Alfred Gusenbauer incaricato di reclutarli.
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A volere questo comitato di consulenti d’alto rango, tutti rigorosamente dell’Europa che conta, è stato Nursultan Nazarbajev, dal 1990 presidente del Kazachstan (“l’amato leader”, come lo chiamano i suoi concittadini). Si sa, il Kazachstan è una miniera di materie prime che valgono bilioni e non c’è politico occidentale che non vorrebbe avere una corsia preferenziale per assicurarsi almeno una fetta del loro sfruttamento. Peccato che da quelle parti la democrazia e il rispetto dei diritti individuali valgano poco, motivo per cui i rapporti troppo stretti con Nazarbajev e il suo clan solitamente non giovano all’immagine di un politico. Per questo, racconta lo Spiegel di questa settimana, nel 2009 Nazarbajew decide di porvi rimedio e lo strumento che deve aiutarlo a ripulirsi l’immagine è diventato appunto l’Iiac. Deve essere, secondo il presidente kazako, il suo lasciapassare nei palazzi delle democrazie europee, e poco importa se permette di accedere solo alla porta di servizio, anzi, per certi aspetti è meglio, perché più discreta. Tra i primi che Gusenbauer riesce a reclutare ci sono Prodi, l’ex capo di stato polacco Aleksander Kwasniewski e l’ex ministro degli Esteri spagnolo Marcelino Oreja.
I compensi pattuiti sono di tutto rispetto: secondo quanto scrive lo Spiegel, che ne è venuto a conoscenza con un leak della centrale operativa di Vienna (sembra di essere tornati alla guerra fredda), Gusenbauer avrebbe ricevuto per i suoi servigi 400 mila euro l’anno, Prodi 300 mila. Solo che un circolo illustre di politici non può definissi tale senza includere qualche tedesco. E così Gusenbauer si rivolge a Schröder, che come si sa ha una certa soglia di tolleranza verso le democrazie incompiute. E Schröder lì per lì si mostra interessato, partecipa come special guest anche a due riunioni dell’Iiac, una a Vienna e una ad Astana, in Kazachstan. Poi però subentra un problema di compensi: a Schröder vengono offerti 300 mila euro l’anno, 100 mila in meno del suo collega austriaco Gusenbauer. Il cancelliere tedesco pare risentirsene e poco dopo si sfila dal gruppo. A quel punto Gusenbauer contatta l’ex presidente Horst Köhler e anche lui lì per lì si mostra interessato ed è probabile che se non fosse arrivato un incarico dell’Onu, più prestigioso e di certo meno compromettente, avrebbe accettato anche per ‘soli’ 300 mila euro l’anno.
Da una parte l’Iiac serve a Nazarbajev per rifarsi l’immagine, dall’altra per dare la caccia al genero traditore, Rachat Alijev. Un tempo pupillo del suocero, Alijev cade però in disgrazia quando inizia a mostrare ambizioni presidenziali. Quando ricopriva l'incarico di ambasciatore a Vienna, Nazarbajev gli sguinzagliò contro il fisco fino a chiederne l’estradizione dall’Austria che però rispose picche. Era dunque toccato a un altro membro dell’Iiac, l’ex ministro degli Interni, il socialista Otto Schily a provare a far pressione sui media per ottenere l'estradizione di Alijev. Si puntava in particolare sullo Spiegel, che ai tempi aveva Walter Mayr come corrispondente da Vienna (oggi di stanza a Roma). Mayr però non si era prestato al gioco e anzi aveva raccontato tutto in un articolo del 2013 sullo Spiegel. Non essendo andato a buon fine l’incarico, l’Iiac decise allora di decurtare il compenso di Schily, il quale, risentito, se ne andò anche lui, sbattendo la porta.
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