Gli Stati dicono no alle quote profughi, l’Ue cambia strategia
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Bruxelles vuole comunque una redistribuzione che alleggerisca la pressione sull’Italia. Gli sbarchi di ieri: 328 a Messina, 200 nel Salento, 424 a La Spezia, 210 a Lampedusa
07/05/2015 MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES, La Stampa
«Le quote obbligatorie non si possono fare, manca la base giuridica». Non senza rammarico, una fonte europea ammette il limite più grave della strategia che la Commissione intende presentare il 13 maggio per tentare di dare all’Unione una vera politica comune dell’immigrazione. Il presidente Juncker ha promesso una soluzione che coinvolga tutti gli Stati nello sforzo di affiancare l’Italia nel salvare chi attraversa il Mediterraneo - «un errore lasciarla sola» - e provvedere a una distribuzione equa di chi ha il diritto di restare. «Dovrà essere un sistema volontario - spiegano più fonti -. Ma la nostra intenzione è che la formula assomigli il più possibile a qualcosa di inevitabile».
Si sente parlare di «moral suasion», di mettere le capitali nella condizione di non poter rifiutare. «L’accoglienza è una competenza nazionale», ricordano alla Commissione, dove ieri i servizi si sono affrontati in una riunione parecchio vivace. C’è un testo aperto che circola, da definire nel fine settimana. L’ambizione di Juncker, e del responsabile agli Interni Avramopoulos, è tutelare la dignità dell’Ue. Nei loro quartieri si ritiene che gli orientamenti del vertice di due settimane fa siano stati «insufficienti». L’intenzione è di prendere i governi per la giacchetta e spingerli a fare di più per quella che appare loro «una catastrofe umanitaria strutturale».
RAFFORZARE TRITON
Il primo passo, sul quale c’è qualche problema tecnico ma non politico, è il rafforzamento della sorveglianza di Triton in modo che esso assomigli il più possibile al defunto «Mare Nostrum»: più mezzi, fondi triplicati, maggiore spettro d’azione nelle acque internazionali. I dettagli dovrebbero essere definiti in una riunione di Frontex con gli italiani in programma domani. A Roma dicono che, «data la vastissima partecipazione frutto di una solidarietà che prima non c’era, l’esigenza è organizzare l’impegno». Probabile la richiesta di ampliare la vigilanza sino a i 50 miglia. Come per «Mare Nostrum».
LE SOLUZIONI AL VAGLIO
Così si salveranno più vite. E poi? Juncker vuole le quote. Ma come? La Commissione «ha sul tavolo un ventaglio di opzioni», dice una fonte, rapida a precisare che «alla fine presenterà una sola opzione forte». Presto per dire quale. C’è la strada della raccomandazione agli Stati, ma è l’opzione più fragile. In seconda battuta si ragiona sulla revisione della direttiva per la protezione temporanea, magari con schemi di ripartizione legati a criteri come popolazione e pil: facoltativi, ma moralmente vincolanti. Un’altra opzione è il ricorso al comma 3 dell’art. 78 del Trattato Ue: se uno o più Stati affrontano «l’emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio» degli interessati.
A fianco di questo, la Commissione potrebbe suggerire un «riesame del regolamento di Dublino III» a partire dal 2016, così da scardinare il principio del «porto sicuro più vicino», che fa recapitare i migranti salvati nelle nostre città. In discussione anche un intervento sui permessi di accesso, per renderli più semplici e veicolabili. «Gli Stati devono mostrare la volontà ed essere messi di fronte a responsabilità», assicura un pezzo grosso della Commissione. Meglio tardi che mai.