Nazioni Unite, è record di profughi nel mondo: 38 milioni
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Conflitti e violenze, nuove crisi ed emergenze protratte hanno alimentato nel 2014 il drammatico fenomeno della "fuga nel proprio Paese" a dimensioni mai viste
Italia Oggi 6.5.2015
Oggi ci sono 38 milioni di persone costrette ad abbandonare le proprie case, un numero senza precedenti, pari all`insieme degli abitanti di Londra, New York e Pechino. Questo il quadro descritto dall'Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC), il centro di ricerca del NRC, che ha presentato oggi il suo rapporto "Global Overview 2015" presso le Nazioni Unite a Ginevra.
"Si tratta delle peggiori cifre da una generazione riguardo le persone costrette alla fuga nei loro Paesi, che prova il totale fallimento nel compito di proteggere i civili innocenti", ha dichiarato Jan Egeland, segretario generale del Consiglio norvegese per i rifugiati (NRC), da cui dipende l'IDMC.
Secondo il nuovo rapporto, oggi nel mondo gli sfollati interni sono il doppio dei rifugiati. In base a dati delle Nazioni Unite, nel mondo c'erano circa 16,7 milioni di rifugiati nel 2013. Per sfollati interni (Internally displaced people) si intendono le persone che abbandonano le loro case per motivi di pericolo, ma restano nel loro Paese, mentre i rifugiati cercano riparo oltre le frontiere nazionali.
L'IDMC fa notare che lo scorso anno il numero di sfollati interni è aumentato di 11 milioni, o del 14% rispetto al 2013, superando di gran lunga quello che era considerato "il picco" alla metà dello scorso decennio, marcata dalla crisi nel Darfur e dalle violenze in Iraq. Oscurata anche la fase molto critica che ha accompagnato le cosiddette "Primavere arabe" nel 2011, evidenzia il rapporto. Un documento che "dovrebbe fungere da drammatico campanello d'allarme", ha detto Egeland, "dobbiamo rompere questa catena per cui milioni di uomini, donne e bambini restano intrappolati in zone di conflitto in tutto il mondo"..
Il 60% dei nuovi sfollati interni, quelli entrati nella categoria l'anno scorso, si trovano in cinque Paesi: Iraq, Sud Sudan, Siria, Repubblica democratica del Congo e Nigeria. L'Iraq è tra questi il Paese con il maggiore numero di sfollati interni, ovvero 2,2 milioni, in gran parte persone costrette alla fuga dalle loro case per sfuggire alla brutalità dello Stato Islamico.
Almeno il 40% della popolazione siriana, ovvero 7,6 milioni di persone, è sfollata, il numero più alto al mondo.
Più a Sud, la campagna di Boko Haram per controllare il territorio e imporre la legge islamica nel nord-est della Nigeria ha spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalle proprie case. Ma il fenomeno riguarda anche l'Europa, dove per la prima volta da oltre un decennio, si è verificato un numero massiccio di esodi, principalmente a causa dalla guerra in Ucraina, che ha costretto 646.500 persone ad abbandonare le proprie case nel 2014.
"I diplomatici di tutto il mondo, le risoluzioni delle Nazioni Unite, i colloqui di pace e gli accordi di cessate il fuoco hanno perso la loro battaglia contro uomini armati e senza pietà, spinti da interessi politici o religiosi, i che da imperativi umani", ha dichiarato Egeland. "Questo rapporto dovrebbe costituire un sostanziale campanello d'allarme. Dobbiamo interrompere questa tendenza in cui milioni di uomini, donne e bambini rimangono intrappolati nelle zone di conflitto di tutto il mondo."
Volker Türk, Assistente Alto Commissario per la Protezione dell`UNHCR, ha affermato che tale, impressionante, numero di persone in fuga a causa di conflitti e violenze anticipa ulteriori esodi. "Sappiamo che sempre più sfollati sono costretti a fuggire più e più volte all'interno del loro paese. Quanto più a lungo dura il conflitto, tanto più si sentono insicuri e quando la disperazione dilaga sono in molti a decidere di attraversare le frontiere e diventare rifugiati ", ha dichiarato.
"Come abbiamo visto nel recente passato, ad esempio nel Mediterraneo, la disperazione spinge le persone a tentare la sorte, anche rischiando pericolose traversate in barca. La soluzione più ovvia è rappresentata da uno sforzo a tutto campo per portare la pace nei paesi devastati dalla guerra", ha aggiunto Türk.
Il rapporto evidenzia inoltre come i casi di esodo di lunga durata o prolungati contribuiscano in maniera rilevante all`allarmante dato totale sugli sfollati nel mondo. Nel 2014, in quasi il 90% dei 60 paesi e territori monitorati dall`IDMC erano presenti persone sfollate da dieci o più anni.
"Con nuove crisi in corso o con il peggioramento di quelle già esistenti, come in Ucraina o l'Iraq, nuovi casi di sfollati vanno ad aggiungersi a una già massiccia popolazione globale di sfollati a cui sembra impedito di trovare il modo di porre fine al proprio esodo", ha dichiarato Alfredo Zamudio, direttore dell`IDMC.
"La maggior parte di questa vasta popolazione è composta da coloro che sono diventati sfollati molti anni fa, in Azerbaigian o Cipro. Di conseguenza, ciò a cui comunemente assistiamo è che l`esodo interno costringe un individuo a un circolo vizioso a cui diventa sempre più difficile sfuggire con il passare del tempo", ha affermato Zamudio.
Il rapporto dell`IDMC descrive inoltre come questi esodi interni spesso rivelino difficoltà strutturali all'interno di un Paese, e come tali crisi possano essere prolungate a causa di una deliberata politicizzazione della questione da parte del governo o del suo rifiuto di trovare una risoluzione formale per risolverle.
Ben "38 milioni di esseri umani soffrono - spesso in condizioni orrende, trovandosi senza speranza e senza futuro. Se non ci impegniamo a cambiare il nostro approccio, l'onda d'urto di questi conflitti continuerà a perseguitarci per i decenni a venire", ha dichiarato Egeland.
Il rapporto riguarda le migrazioni forzate che si sono verificate nel 2014 e si basa sui dati forniti da governi, organizzazioni non governative partner e agenzie delle Nazioni Unite. Questo rapporto fornisce dati ed analisi degli esodi interni provocati da conflitti e violenza generalizzata in 60 paesi e territori.
Questo rapporto fa riferimento ai casi di migrazioni forzate all'interno dei paesi e non va confuso con il rapporto Global Trends dell'UNHCR, previsto per giugno 2015.