Il piano di Baghdadi per la Tunisia

Nel giorno della Mogherini a Tunisi, ecco cosa dicono i jihadisti

di Redazione | 30 Aprile 2015 ore 14:13

Abu Muqatil al Tunisi

Per la seconda volta in un mese l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, arriva in Tunisia per lavorare alla crisi di sicurezza nel Mediterraneo. Guerra civile in Libia, terrorismo e lotta agli scafisti sono i tre temi principali, anche se in realtà è un tema unico, perché tutto è riconducibile all’anarchia armata che sta distruggendo il paese confinante e minaccia l’Europa (non il sud dell’Europa: l’Europa).

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 In contemporanea, lo Stato islamico pubblica sulla sua rivista in inglese un’intervista a Abu Muqatil al Tunisi, un militante del gruppo estremista che nel 2013 ha ucciso Mohamed Brahmi, un politico tunisino riformista. Pochi mesi dopo altri killer islamisti uccisero un altro riformista tunisino, Chokri Belaïd. L’intervista andrebbe inserita in ogni studio sull’estremismo e sulla primavera araba negli stati arabi più vicini a noi. “Abbiamo ucciso Brahmi per creare caos, il cosiddetto tawahhush, in modo da facilitare i movimenti dei fratelli, così avremmo potuto importare armi e liberare altri fratelli dalle prigioni”. Questo era il principale obiettivo dietro l’uccisione di Brahmi, in aggiunta al fatto che aveva un posto nell’Assemblea costituente e questo faceva di lui uno dei tawaghit del paese (tawaghit sono i tiranni laici, nella visione dei jihadisti). Il concetto centrale è quello di tawahhush, il caos distruttivo ottenuto con il massimo della violenza, che dà il titolo a un libro che è considerato il manuale del jihad dagli uomini dello Stato islamico.

Il libro si chiama “Idarat al Tawahhush”, “Gestire la barbarie”, e l’autore spiega e teorizza che la ferocia distruttiva e gli eccessi di violenza che vediamo compiere dai gruppi islamisti sono una fase necessaria che destabilizza gli stati infedeli, che sono da smontare prima dell’edificazione del Califfato che li rimpiazzerà. Questo è il progetto per la Tunisia, e come spiega Abu Muqatil nell’intervista adorante che gli viene fatta, per ottenerlo c’è un viavai di militanti dalla vicina Libia, dove ci sono le armi e i campi di addestramento. Serve sapere altro? Sullo stesso numero di Dabiq, c’è anche la rivendicazione dell’attacco contro i turisti infedeli al museo del Bardo (è il numero otto per i collezionisti, ma attenzione che a scaricarlo e a linkarlo da internet si può finire nei guai). I jihadisti hanno idee chiare e terrificanti. E noi?

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