Leopolda tendenza Cameron
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Il renziano Serra contro il "populismo" elettorale inglese. Non solo Fitto&Capezzone prediligono le ricette economiche dei conservatori inglesi
di Marco Valerio Lo Prete | 27 Aprile 2015 ore 13:57 Foglio
David Cameron con Matteo Renzi (foto LaPresse)
Roma. Non sono soltanto Raffaele Fitto e Daniele Capezzone (Forza Italia, corrente "dissenso") a interessarsi da vicino alle elezioni inglesi del prossimo 7 maggio. Anche Davide Serra, finanziere a tempo pieno e sostenitore della prima ora dell'attuale presidente del Consiglio Matteo Renzi, è intervenuto in queste ore su Twitter per commentare sinteticamente quel che proprio non gli va giù della campagna elettorale britannica. E anche lui, a giudicare da quanto scrive, non sostiene di certo le proposte legislative dei laburisti britannici guidati da Ed Miliband.
Fitto e Capezzone, sul Telegraph, hanno scritto di tifare Cameron perché – dicono – "in giro per l’Europa, abbiamo visto gli effetti dei governi di sinistra. Promettono qualunque cosa, ma poi, una volta eletti, depotenziano l’economia, alzano le tasse, e fanno crescere il debito. Noi possiamo sostenere la protezione sociale che tutti vogliamo solo con un’economia in crescita, ma le forze di sinistra, in tutta Europa, non riescono a ottenere questi risultati" (qui il testo integrale della missiva dei "Ricostruttori"). La testa della corrente dissidente di Forza Italia è in Puglia, insomma, dove i candidati del centro-destra sono due (uno di rito berlusconiano, l'altro fittiano), ma il cuore pulsa a Londra. Si vedrà se almeno porteranno fortuna a Cameron.
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Serra, che nel Regno Unito invece si è trasferito da anni e lì lavora a tempo pieno, in queste ore ha motivato di fatto la sua distanza dai laburisti di Miliband, cioè dal partito (teoricamente) omologo del Pd renziano in Italia. "Il vantaggio competitivo del Regno Unito è uno Stato di diritto cristallino (su tasse, concorrenza, libero mercato) che ha reso il paese la prima destinazione in Europa per gli investimenti". Un vantaggio che, secondo Serra, "è stato costruito in molti anni" e che oggi "è a rischio per colpa di una campagna elettorale decisamente populistica".
Serra, tra un retweet del ministro Maria Elena Boschi o del consigliere economico renziano Filippo Taddei, butta giù la lista di quello che, in particolare, non sopporta di questa campagna elettorale da cui dovrà emergere il successore di Cameron (al governo dal maggio 2010): "Brexit, Bank Levy, Non Dom Status, Cap on Rents. Nessuna di queste proposte crea posti di lavoro. All'opposto. Triste vedere tutto ciò sprecato in nome del populismo". La proposta del "Brexit", cioè dell'uscita del Regno Unito dall'Ue, è sostenuta innanzitutto da Nigel Farage e dal suo partito di destra Ukip. La "Bank levy", o tassa sulle banche, è stata annunciata in aprile dal cancelliere dello Scacchiere del governo conservatore, George Osborne, ma da tutti interpretata come un bieco tentativo di inseguire i veri propugnatori di un approccio punitivo verso gli istituti di credito, cioè i Laburisti. A Serra, oggi a capo del fondo Algebris, non piace nemmeno l'idea del "Non Dom Status", cioè la proposta dei laburisti di tornare ad alzare le tasse su ricchi cittadini inglesi che finora avevano goduto di un regime di favore sui guadagni fatti all'estero. Infine il guru renziano critica un'altra proposta laburista, quella di imporre un tetto governativo agli affitti per favorire minoranze e classi meno abbienti.
Se a tante e tali critiche verso i laburisti si unisce lo scetticismo di Serra per gli attacchi che i laburisti nelle scorse settimane avevano dedicato all'investitore monegasco Stefano Pessina – patron di origine italiana del gruppo farmaceutico Boots – si può intuire come, anche alla Leopolda, Cameron o forse i suoi alleati Lib-Dem grazie alle loro ricette liberiste di politica economica facciano decisamente tendenza.
p.s. Per togliersi ogni dubbio su chi sostenere il prossimo 7 maggio, a Serra e ai lettori consigliamo comunque il quiz dell'Economist