Paracadutisti russi sul Polo Nord
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Ma oltre agli aspetti celebrativi, i paracadutisti russi hanno svolto un’esercitazione del tipo “search & rescue” (installazione campi-base di sopravvivenza, reti di comunicazione-segnalazione, sgombero),
di Fabio Ragno 11 aprile 2015, pubblicato in News AD
Come riportato dall’agenzia Tass, lo scorso 8 aprile un centinaio di paracadutisti russi della 98^ Divisione aerotrasportata più una quindicina di parà bielorussi e tagiki in rappresentanza del CSTO (“Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva” o “Nato dell’Est”), dopo essersi imbarcati su un Ilyushin Il-76 alla base aeronavale di Olenya (regione di Murmansk), hanno effettuato un aviolancio (video) sulla banchisa polare ad una latitudine di 89° Nord (all’incirca ad un centinaio di chilometri dal Polo Nord geografico, a 90° Nord) ed a una temperatura di -60°, nell’ambito di un’esercitazione denominata “Pobeda 2015”, dedicata al 70° anniversario della vittoria ed all’85° anniversario delle aviotruppe russe.
Ma oltre agli aspetti celebrativi, i paracadutisti russi hanno svolto un’esercitazione del tipo “search & rescue” (installazione campi-base di sopravvivenza, reti di comunicazione-segnalazione, sgombero), previste in caso di recuperi per crash aeronautici o comunque per situazioni di evacuazione di personale dalle basi artiche permanenti.
Non solo. Come ha precisato il portavoce delle aviotruppe T. Col. Yevgeny Meshkov -“un lancio al Polo Nord diventa un test per operazioni in condizioni climatiche estreme”.
I Russi hanno infatti potuto sperimentare la validità dei loro equipaggiamenti alle tremende temperature artiche. Per l’aviolancio è stato utilizzato il paracadute “Arbalet-2” di recente adozione (anno 2012), finora abilitato a temperature da -35° a +35°, nonché degli indumenti speciali per freddo intenso in grado di offrire un’affidabile protezione anche a temperature inferiori a -50° e tali da consentire, secondo il T.Col. Meshkov, di restare immobili ed esposti alle tormente anche per ore.
Test particolari hanno riguardato i materiali per la sicurezza dato che, nell’Artico, uno dei pericoli più grandi è costituito dai crepacci, formati dal continuo movimento dei ghiacci e fatturazioni della banchisa.
Nella zona di lancio era comunque già stato attivato un campo-base denominato “Kupol”, allestito specificatamente per quest’esigenza, a sua volta collegato alla base permanente “Barneo”, anch’essa a 89° Nord, in funzione vari mesi all’anno, però dotata di piazzole per elicotteri Mil Mi-8 ed anche di una pista utilizzabile dagli aerei da trasporto An-74.
Presso questa base, nel 2014, aveva avuto luogo un altro analogo aviolancio di un centinaio di paracadutisti, storicamente il primo aviolancio in prossimità del Polo Nord, a sua volta preceduto da un aviolancio di ben più ampie proporzioni sull’Isola Kotelny, la più settentrionale dell’Arcipelago della Nuova Siberia, effettuato da 350 paracadutisti della 98^ Divisione aerotrasportata di stanza a Ivanovo (Mosca) e trasferiti alla base aerea di Tiksi in Jakuzia, dismessa dopo il crollo dell’URSS e ritornata operativa dallo scorso anno.
V’è da dire che tutte queste attività non sono semplicemente definibili come “esercitazioni” ma rientrano in una più ampia strategia di rafforzamento della presenza militare nell’Artico tratteggiata a più riprese dal Presidente Putin (vedi precedenti articoli), su cui primeggiano le immense e ancora intatte riserve di idrocarburi del circolo polare e la mai definita questione della sua territorialità.
Foto Itar TASS