Oligarchi. La pubblica autocritica di Musk e la putinizzazione americana. Se l’uomo più ricco del mondo

si riduce a strisciare in questo modo, è difficile non trarne la conclusione che il parallelo tra gli Stati Uniti di Trump e la Russia di Putin sia meno esagerato

Francesco Cundari 12 Giugno 2025 linkiesta.it lettura2’

di quanto potrebbe apparire, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette

Non bastassero i soldati spediti contro i manifestanti di Los Angeles, non bastasse la minaccia di far arrestare o anche «coprire di pece e piume» il governatore democratico della California, non bastassero i tentativi di intimidire e ricattare università, studi legali, televisioni e giornali non allineati, la pubblica autocritica di Elon Musk su X dovrebbe dare il senso di quanto gli Stati Uniti di Donald Trump si avvicinino al modello della Russia di Vladimir Putin: «Mi rammarico di alcuni miei post sul presidente Trump della scorsa settimana. Sono andati troppo oltre».

In effetti, dichiarare che il presidente degli Stati Uniti era nei famigerati dossier di Jeffrey Epstein, e che questo era il motivo per cui non erano stati resi pubblici, accusandolo quindi non solo di essere un pedofilo, ma di avere anche insabbiato il caso, non sembra un esempio da manuale di understatement.

Ma appare anche un filo troppo specifico, diciamo così, per prenderlo per una di quelle cose che si dicono nei momenti di rabbia, come capita a tutti, suvvia, che sarà mai. E certo il fatto che nel frattempo Musk abbia cancellato quei post, come un troll alle prime armi, non cambia granché i termini della questione.

Del resto, che le cose sarebbero andate a finire così Gideon Rachman lo aveva previsto il 9 giugno, sul Financial Times, con parole precisissime: «Decenni di globalizzazione hanno creato oligarchi immensamente ricchi in tutto il mondo. Ma quando il potere del denaro e quello della politica si scontrano, c’è solo una direzione in cui scommettere: la politica vince sempre».

Seguivano diversi esempi tratti dalle recenti vicende della Russia, della Cina e dell’Arabia Saudita. Pessimista per natura, io mi ero limitato a esprimere qui, nella newsletter del 6 giugno, il timore che il conflitto potesse rientrare rapidamente com’era deflagrato, privandoci di uno degli spettacoli più divertenti e al tempo stesso istruttivi di quest’epoca oscura.

Sinceramente però mai avrei pensato a un così plateale atto di sottomissione da parte di Musk. Se l’uomo più ricco del mondo si riduce a strisciare in questo modo, è difficile non trarne la conclusione che il parallelo tra gli Stati Uniti di Trump e la Russia di Putin sia meno esagerato di quanto potrebbe apparire, e che Musk sia il primo a saperlo. Considerati anche i tanti segnali di ostilità all’Ucraina, forse anche l’antico sospetto che Trump fosse al soldo di Putin era ipotesi fin troppo ottimista. La verità è che è proprio amore.

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