USA convention: Ferrara, La nuova Kamala contro il weird Trump: la macchina da guerra dem, alle prese con le guerre
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Guzzanti: "A decente job" Convention da orbi, Kamala Harris vede solo Trump: il discorso di chiusura delude le aspettative
24.8.2024 Ferrara ilfoglio e Guzzanti ilriformista lettura4’
1-L'editoriale dell'elefantino
La nuova Kamala contro il weird Trump: la macchina da guerra dem, alle prese con le guerre vere
L’adunata democratica di Chicago, celebrata con toni di ispirata partigianeria dai progressisti di tutto il mondo, ricorda un po' la a“gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto che portò a Palazzo Chigi Silvio Berlusconi nel 1994. Con le dovute differenze.. titolo articolo ilfoglio.it
Giuliano Ferrara 24.8.2024 ilfoglio.it
2-- "A decente job" Convention da orbi, Kamala Harris vede solo Trump: il discorso di chiusura delude le aspettative
Paolo Guzzanti — 24 Agosto 2024
Convention da orbi, Kamala Harris vede solo Trump: il discorso di chiusura delude le aspettative
Aborto, diritti civili, identità, troppo Trump e non regge il confronto con il discorso storico di Obama nel 2008. Un’occasione persa per lei, la prima donna di colore
C’è una parola inglese che gli americani usano in casi speciali nei discorsi e che ha anche la sua equivalente italiana, da noi usata, però, per raccontare una disgrazia. La parola è “lethal”, cioè letale: che provoca la morte. Noi diciamo, con tristezza, “incidente letale ieri sull’autostrada”. Ma Kamala Harris, forse futuro nuovo presidente degli Stati Uniti la usa – come ogni altro aspirante alla Casa Bianca – in modo festoso, per rassicurare i fellow Americans che “the US always has, the strongest, most lethal fighting force in the word”, gli Stati Uniti hanno e avranno sempre la più forte e mortifera forza armata del mondo intero.
Il Patriottismo senza colore politico
Kamala l’ha garantito in chiusura del Congresso democratico di Chicago, fra ovazioni scroscianti, perché questo è un elemento che fa parte del mito popolare americano, come il Patriottismo con la “P” maiuscola di cui dicevamo ieri. Il popolo americano sa di essere diviso e spaccato, percorso da rancori profondi e reciproci, ma non tollera che in un’altra parte del mondo ci sia qualcuno che si armi al punto di aggredire gli States. Che si tratti di un sentimento popolare relativo alla sicurezza, mi sento di testimoniarlo come chiunque conosca l’anima profonda di quel paese esausto di guerre altrui, di cimiteri altrui fecondati dai loro morti. Dunque, non è un sentimento di destra.
Semmai, è di destra il sentimento contrario, quello di chi svicola, non fa volontariato da giovane (negli Usa assolutamente tutti i ragazzi americani fanno volontariato per una parte delle vacanze, come da tradizione) perché pensa solo ai propri “own business”, i fattacci propri, e ha schivato il campo di battaglia quando era il momento di rischiare per il paese. Questa è del resto l’accusa che Trump muove al candidato vicepresidente running mate della Harris, il rusticone Tim Walz, che vanta una lunghissima carriera militare come un plautino Miles Gloriosus nella Guardia Nazionale del Minnesota, sempre in mimetica o col casco da coach di Football, ma che, quando il suo reggimento combatteva in Iraq, non c’era. Argomento che vale tale e quale per Trump, che non ha alcun record militare e dunque ha poco da fare il gradasso. Ma udire la prima candidata donna di colore garantire che assicurerà il potere “lethal” del sistema militare americano è interessante anche perché Kamala Harris rappresenta la tradizione dem, che vuole la Russia (sovietica o no) come la sua Cartagine e non senza ragione.
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L’avvertimento (con la spada) a Putin
In breve: il discorso di accettazione della candidatura alla Presidenza degli Stati Uniti (lo ha detto con le sue ultime parole quasi sussurrate mentre scrosciavano gli applausi e scendevano le lacrime) include la promessa di scoraggiare con la spada le smanie armate del Cremlino, laddove invece Trump si propone come mediatore al quale nessuno osa dire di no, per chiudere la guerra russa all’Ucraina. Kamala ha definito Trump come un uomo “pericoloso e poco serio” e ha chiamato sé stessa, legittimamente, il nuovo “Commander in chief”, se sarà eletta. Sul Medio Oriente ha confermato il diritto (e il sostegno) di Israele a difendersi, ma ha aggiunto il diritto dei palestinesi alla loro “sicurezza, libertà, dignità e auto-determinazione” (frase che a Gaza non è piaciuta e molte bandiere americane sono finite sui falò).
La zuffa elettorale
Sulla politica interna il pezzo forte è stato la difesa dell’aborto, dicendo che Trump sta preparando un apparato poliziesco che registrerà tutti gli aborti, compresi i miscarriages, gli aborti spontanei (intenso “Boooo” dell’intero congresso). Tutte le sue parole diventavano in tempo reale materia di zuffa elettorale perché dall’altra parte i repubblicani rispondevano a palle incatenate e i siti traboccavano astio odio disprezzo reciproci. La Harris era veramente scatenata e non somigliava più a quella signora in scuro che talvolta compariva dietro il Presidente Joe Biden. Ha confidato che Trump ha dato ordine ai suoi di affossare in Parlamento la legge per il muro di frontiera perché sa di non poterlo ottenere, ma ha lanciato una sua formula di frontiera più severa (“tougher”) attraverso la quale l’immigrazione clandestina sarà messa sotto controllo. Ma non ha detto come.
“A decent job”
Per la verità non ha spiegato quasi nessuno dei punti che ha toccato, salvo quelli identitari e la difesa dell’aborto insieme ai diritti civili di ogni minoranza, che è il minimo indispensabile per un discorso d’accettazione della nomina a candidato Presidente degli Stati Uniti d’America. I giornali definiscono questo discorso come mediocre “a decent job”, perché tutti si aspettavano molto di più e rimpiangono lo storico discorso di Barack Obama (primo nero candidato e poi due volte presidente), visto che Kamala poteva sfruttare il suo “momentum” di prima donna di colore. E la criticano anche per aver messo insieme in modo non sensazionale due citazioni famose. Quella di Obama quando disse “Prometto di essere il Presidente di tutti gli americani” e quelle storiche del repubblicano Ronald Reagan: “Siamo gli eredi della più grande democrazia della storia e del mondo”. È stata anche criticata per il troppo tempo dedicato a colpire il suo rivale Trump (“Quello è uno che si batte solo per gli affari suoi e dei suoi amici miliardari dimezzandogli le tasse”) perché il grande speech di accettazione non fa parte della campagna elettorale, ma della storia costituzionale.