La Francia ci riprova. Esaltazioni, errori e fallimenti dei fronti popolari

Non è come il 1936, e per fortuna: le coalizioni fra centristi e sinistra nell’Europa del tempo finirono tutte male. Lezioni dalla storia per il paese che si prepara al referendum pro o contro Le Pen

SIEGMUND GINZBERG 29 GIU 2024 ilfoglio.it

"Mais où sont les Fronts populaires d’antan?", mi verrebbe da dire parafrasando il verso di François Villon sulle nevi e le dame d’antan, di una volta, del tempo che fu. Ma c’è poco da essere nostalgici. Il Nouveau Front populaire che si presenta a queste elezioni francesi non è il Fronte popolare di una volta. Se lo fosse sarebbero fritti. Il Front populaire che vinse le elezioni del 1936 portando al governo il socialista Léon Blum, il Frente popular spagnolo, il Fronte popolare del nostro 1948, il Fronte popolare con cui andò al governo Imre Nagy nell’Ungheria del 1956, l’Unidad popular di Allende in Cile, oltre a condividere il nome, hanno in comune il fatto che finirono male. Prima che dalle feroci reazioni dei nemici furono demoliti dalla rissosità tra i componenti, e in modo particolare dai colpi e dalla frammentazione a sinistra, dal fatto che non seppero dialogare con il centro, dividevano anziché unire, spaventavano l’altra metà del paese, non avevano la minima idea sul che fare in economia, erano divisi (o addirittura stavano dalla parte sbagliata) in politica internazionale. Non per niente, nel 1973 Enrico Berlinguer si era guardato bene dal parlare di Fronte popolare. Parlò invece di compromesso storico…

In Francia, i giochi non si faranno domenica 30 giugno. Si faranno al secondo turno, domenica 7 luglio. È lì che, collegio uninominale per collegio uninominale, si deciderà la partita, quanti dei 577 seggi in palio andranno a chi. Per essere eletti al primo turno bisogna ottenere più del 50 per cento dei suffragi espressi, con una partecipazione di almeno il 25 per cento degli aventi diritto. Altrimenti si va al secondo turno. Il ballottaggio non è solo tra primo e secondo arrivati, ma tra tutti quelli che abbiano ottenuto almeno il 12,5 per cento dei voti degli iscritti alle liste. La partecipazione quindi è determinante. Con una partecipazione al 50 per cento, un candidato avrà bisogno almeno del 25 per cento per passare al secondo turno. Se la partecipazione è del 60 per cento, gli basterà il 20,8 per cento, e così via. Alle europee la partecipazione era stata del 51,5. Ancor più che in altri sistemi elettorali, sarà l’astensione a decidere.

Ci potranno quindi essere non solo duelli, ma anche “triangolari”. In teoria anche “quadrangolari”. Nelle precedenti legislative del 2022 c’erano stati 7 triangolari. Nel 1997 c’era stato un record di triangolari: ben 79. Alle europee del 9 giugno, con una partecipazione debolissima, il Rassemblement national (Rn) di Jordan Bardella aveva ottenuto il 31,4 per cento dei voti espressi, arrivando primo nel 90 per cento dei comuni e in 92 dei 96 dipartimenti. Risultato strepitoso, che doppiava le percentuali dei macroniani. Assolutamente in testa quindi, ma con appena il 16 per cento dei voti degli aventi diritto. Rn alle europee ha ottenuto 7,8 milioni di voti, 2 milioni di voti in più rispetto alle europee del 2019. Ma 5,5 milioni di voti in meno che al secondo turno delle presidenziali del 2022. Impressionante se si dà un’occhiata alla mappa: tutta la Francia risulta colorata di blu (il colore di Rn della Le Pen), con un solo puntino di colore diverso in corrispondenza di Parigi.

Le europee erano elezioni proporzionali, con un turno secco. In queste legislative, anche se i candidati di Rn arrivassero ovunque in testa al primo turno, dovranno vedersela al secondo turno con tutti gli elettori che non li vogliono al governo. Indipendentemente dalle indicazioni di voto dei partiti (peraltro contestate, come nel caso dei voti promessi a Rn dal gollista Ciotti). A differenza di chi tifa per loro fuori dalla Francia, nel partito se ne rendono ben conto. Marine Le Pen si era guardata dal candidarsi alle europee, non le è passato nemmeno per l’anticamera del cervello di candidarsi premier alle legislative. C’è chi ipotizza che l’abbia fatto per scaramanzia: non è mai successo che un premier francese poi riesca a fare il presidente della Repubblica. Ed è noto che l’ambizione della Le Pen è andare all’Eliseo. Ma ha un problema: Rn continua ad essere incompatibile con altre forze, anche di destra. Non gli basta essere primi. Devono poter fare una coalizione. Farla davvero. Non gli basta che tra i centristi ci sia chi ne muore dalla voglia. L’Italia è al momento un’eccezione. Difficile che in Francia Rn riesca a quagliare una coalizione di governo, anche se avesse i numeri. E’ questa probabilmente la ragione per cui Jordan Bardella ha detto che non farà il primo ministro, a meno che non abbia la maggioranza assoluta. “Tanto non è matura”, come disse la volpe che non riusciva a raggiungere l’uva.

Il salto riuscirebbe solo se domenica 7 luglio, al secondo turno, una parte consistente degli elettori che al primo turno voteranno per la sinistra decidessero di non turarsi il naso, preferissero andare al mare, o addirittura votare per il candidato lepenista piuttosto che per la coalizione in cui c’è anche lo scostante populista di ultra-sinistra Jean-Luc Mélenchon. È il doppio turno, bellezza! Conta il voto contro, non solo quello per. Il 41 per cento degli intervistati nell’ultimo sondaggio prima dell’apertura delle urne risponde che in un duello al secondo turno tra Rn e Fn sceglierebbe il candidato della destra, il 34 per cento sceglierebbe il candidato di sinistra. Meno dubbi nel caso il duello fosse tra Rn e l’alleanza macroniana: il 44 per cento voterebbe per il centrista, il 36 per cento per quello della destra.

Tecnicamente, queste elezioni francesi non sono una scelta tra diversi contendenti. Sono un referendum pro o contro Le Pen. E i referendum in genere non favoriscono chi entra nell’agone con la corona del vincitore. Quelli contro, nella loro diversità e frammentazione, saranno sempre di più. Rn ha già avuto tanto. Non è detto che abbia raschiato il fondo del barile. Potrebbe avere anche di più, magari molto di più. Dipenderà dalla partecipazione. Si tende a dare per scontato che arriveranno primi. Ma non è detto. Il cosiddetto “problema dei tre corpi” in meccanica classica – reso celebre dai romanzi di fantascienza del cinese Liu Cixin – ha fatto impazzire generazioni di matematici. Semplicemente non è possibile, date la posizione iniziale, la massa e la velocità di tre corpi soggetti all’influsso della reciproca attrazione gravitazionale, calcolare l’evoluzione futura del sistema da essi costituito. Con quel magro 16,5 per cento di suffragi degli aventi diritto al voto ottenuto alle europee, Rn potrebbe fare l’en plein di deputati solo nel caso che stravincesse il partito dell’astensione, del disinteresse e del disgusto per la politica e i politicanti. Come andrà ovviamente lo sapremo solo all’indomani del 7 luglio. Sappiamo però come andò le altre volte

Commenti   

#1 walter 2024-06-30 17:48
Qualora dovesse vincere le elezioni il partito fondato da Le Pen, si farà melonizzare avvicinandosi
cioè al mainstream europeo o sarà Meloni che si farà lepenizzare facendosi influenzare nella sua azione politica dall'affermazione possibile in Francia della destra estremista?

30-6-2024 ilfoglio.it lettura1’
Finisce il weekend elettorale italiano ne inizia uno importante a livello europeo. E questa volta non si vota in Europa, ovunque, ma si vota in Francia, con un doppio turno utile per scegliere il nuovo Parlamento sciolto tre settimane fa dal presidente Macron. Si dirà: sono elezioni che interessano all'Italia? Certo che sì.



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La destabilizzazione del quadro francese ha avuto un effetto sull'economia europea e i paesi maggiormente coinvolti dalla possibile affermazione del populismo in Francia sono stati due in queste settimana. Il primo paese è scontato: la Francia. Il secondo lo è meno: l'Italia. È stata coinvolta l'Italia perché quando l'Europa rischia di fare un passo indietro rispetto al percorso dell'integrazione, della solidarietà, della flessibilità i paesi più indebitati (e con debiti al rialzo) ne soffrono di più.

Ma è stata coinvolta l'Italia anche perché le domande che molti osservatori si sono posti, osservando il caso francese, è ovvia e importante: qualora dovesse vincere le elezioni il partito fondato da Le Pen, si farà melonizzare avvicinandosi cioè al mainstream europeo o sarà Meloni che si farà lepenizzare facendosi influenzare nella sua azione politica dall'affermazione possibile in Francia della destra estremista?

È una domanda che riguarda la Francia ma è una domanda che riguarda l'Europa. Dita incrociate.

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