Lawrence d'Arabia aveva già previsto la strategia di Hamas. Il tenente colonnello Lawrence traccia una chiara distinzione

tra una guerra regolare, fondata sull'idea di confine, da attaccare o difendere, e la guerriglia.. per portare avanti atti continui di sabotaggio…

5.6.2024 di Luigi Curini, italiaoggi.it lettura2’

Rileggere Thomas Edward Lawrence, conosciuto ai più come Lawrence d'Arabia, è quanto mai utile di questi tempi. Il tenente colonnello Lawrence traccia infatti una chiara distinzione tra una guerra regolare, fondata sull'idea di confine, da attaccare o difendere, e la guerriglia, che agisce invece su un attraversamento costante delle linee militari (materiali o immateriali) per portare avanti atti continui di sabotaggio, con l'obiettivo di disorientare l'avversario. In questo quadro, la vittoria si deve anche alla capacità di implementare delle mosse erestetiche, atte a cambiare a proprio vantaggio la prospettiva del conflitto, che vanifica la forza dell'avversario sul terreno, aggirandola e rendendola inutile.

Si può infatti vincere spostando la propria azione altrove, un altrove che può essere ben più propizio e non necessariamente geografico, senza la necessità di sparare un solo colpo. Rendendo l'azione militare del tuo avversario sempre più onerosa, fino al suo collasso, morale, prima ancora che militare. Coerentemente con questa prospettiva, Lawrence sosteneva che la carta stampata è l'arma più potente nell'arsenale di un comandante. Perché il guerrigliero deve tenere in considerazione la psicologia dell'avversario, ma ancor di più quella di chi gli sta dietro.

Per Lawrence, una volta che hai convinto la maggior parte degli abitanti di una certa area (nel suo caso, i territori arabi sotto il gioco dei turchi-ottomani) che le tue ragioni sono giuste, hai già vinto. Perché, da quel momento, il tuo nemico avrà tutta la popolazione avversa e ogni sua mossa gli si ritorcerà contro. Insomma, non c'è alcuna vera discontinuità tra conflitto e consenso, essendo l'una la faccia dell'altro. Sostituiamo ora la carta stampata, con internet e i social media. E pensiamo allo straordinario successo su Instagram del post “All eyes on Rafah” tutti gli occhi su Rafah. E tutto quello sottolineato da Lawrence d'Arabia trova un suo compimento all'ennesima potenza.

Perché ora la propaganda dei guerriglieri non tocca più solo una certa area geografica, ma copre tutto il mondo, in tempo reale. Perché a differenza delle guerriglie di 100 anni fa, queste azioni non si concentrano più solo sulla coesione delle popolazioni nazionali dei combattenti. Sono al contrario condotte per impressionare innanzitutto chi sta a guardare, ovvero lo spettatore della guerra, che include persone, istituzioni, aziende e governi.

Cosa è l'invito a boicottare le università israeliane se non questo?

Una guerriglia giocata tutta sul piano morale, in un momento storico in cui l'Occidente è innamorato della cosa e dei suoi sensi di colpa. Un vento (virtuale) si aggira dalle nostre parti. Il timore è che con lui si diffonda anche qualche spora velenosa

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata