1-/ Il “messaggio” di Putin all’Isis espande (ancora) la guerra. 2- DALL’IRAQ/ Card. Sako: comandano le milizie, se l’Occidente non ci aiuta i cristiani spariranno

3-DALLA SIRIA/ Mons Audo: la gente è stanca della guerra ma non crede più alla pace

1.4.2024 Tirabassi, Louis Raphael Sako, Audo estratti da ilsussidirio.net lett5’

1-RUSSIA, UCRAINA, USA/ Il “messaggio” di Putin all’Isis espande (ancora) la guerra

01.04.2024 - Leonardo Tirabassi ilsussidiario.net estratto

Volenti o no, l’attentato a Mosca, sul quale permane ancora nebbia fitta, ha cambiato in peggio i connotati del conflitto

…. Ancora una volta la verità della guerra emerge nella sua essenza. Le guerre una volta cominciate non vanno mai nella direzione che i protagonisti avevano sperato. Si trasformano, cambiano gli scenari, entrano nuovi attori. Tanto più se, nel caso della Russia, lo Stato è un impero impegnato su molti fronti e su più continenti.

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Eppure dobbiamo provare a mettere in ordine i pezzi della storia, che qualcosa ci dicono.

In primo luogo, a compiere l’assalto alla sala concerti è stato un commando che ha agito in modo militare perfetto, cioè in modo spietato, crudele e organizzato. Il gruppetto era composto da tagiki che sono poi fuggiti in auto e arrestati centinaia di chilometri lontani da Mosca…. verso i confini occidentali della Russia, cioè verso l’Ucraina e la Bielorussia. Il commando ha registrato il massacro e l’ISIS lo ha diffuso e rivendicato.

Inoltre, ci sono da segnalare altri due fatti avvenuti sul suolo russo. Il 3 marzo le forze di sicurezza russe avevano eliminato sei sospetti islamisti in Inguscezia, nel Caucaso settentrionale, e il 7 marzo una cellula dell’ISIS nella provincia di Kaluga era stata scoperta. L’ISIS ha compiuto in Russia tra il 2015 e il 2019 ben 14 attentati, e jihadisti o appartenenti ad al Qaida o ad altre formazioni hanno attaccato i russi e il Wagner Group in Africa.

Questo il primo gruppo di informazioni fattuali.

Passiamo al secondo gruppo, più incerto, di dati. Gli arrestati hanno detto di essere stati arruolati sulla rete da un reclutatore per la cifra di 5mila euro (!) e che stavano andando in Ucraina a riscuotere altri soldi. Queste notizie sono state diffuse dagli investigatori russi e i volti mostrati alla televisione degli arrestati parlano chiaro dei metodi usati dagli inquirenti.

Molti osservatori hanno sollevato alcune perplessità che ci sembrano legittime.

1) Nessuno dei terroristi era così motivato da ricercare il martirio, 2) non si è mai vista nessuna banda scappare sulla stessa auto con cui ha colpito e guidare per centinaia di chilometri, senza invece rifugiarsi in una base sicura, cambiare auto e dividersi. 3) La remunerazione di 5mila euro sembra una mercede veramente troppo bassa anche per dei poveracci.

Ultimo dato, Putin ha accusato senza mezzi termini l’Ucraina, Washington e Londra di essere i mandanti di questa strage.

Questi sono i fatti. La domanda è sempre la stessa. Chi è stato a sparare? Chi sono gli esecutori e chi i mandanti?

Sul banco degli accusati vi sono l’ISIS, gli ucraini e i servizi USA e inglesi. Se non possiamo sapere chi è il colpevole, possiamo però perlomeno mettere in ordine gli elementi, le tessere del puzzle, oppure, ancora più modestamente, disegnare la cornice.

La Russia è un impero con una forte minoranza musulmana che non è trattata benissimo; adesso per esempio una gran parte dell’esercito di Mosca combattente in Ucraina proviene dalla periferia asiatica. Il Tagikistan, abitato da popolazioni di lingua persiana, adesso repubblica autonoma, ai tempi della rivoluzione bolscevica oppose una fiera resistenza al comunismo e infatti venne riconosciuta come repubblica autonoma solamente nel 1929. Non si dimentichi una guerra civile dopo la caduta del comunismo tra milizie tagike musulmane ed esercito con conseguente esodo di combattenti islamici verso l’Afghanistan, Paese dove vive nel nord una fortissima comunità: il 27% della popolazione afghana è infatti di etnia tagika.

La Russia – secondo dato – ha combattuto tre guerre terribili contro Stati e popolazioni musulmane sunnite. L’invasione dell’Afghanistan durata dal 1979 all’89 che segnò la fine dell’URSS; la prima e seconda guerra cecena (1994-96 e 1999-2009); la guerra dal 2015 a fianco di Assad in Siria contro l’ISIS.

Da questi conflitti sono derivate due conseguenze. La prima, una diffidenza della comunità musulmana sunnita contro la Russia, un odio viscerale profondo antirusso da parte dell’ISIS, che infatti ha celebrato con soddisfazione l’inizio della guerra tra Russia e Ucraina visto come uno scontro interno all’Occidente cristiano, una guerra insomma tra “crociati”.

La seconda conseguenza su cui forse si è poco riflettuto è che allo scoppio della guerra russo-ucraina volontari e mercenari ceceni e musulmani sono andati a combattere tra le file ucraine. Così ceceni, islamisti di varia provenienza e tatari sono andati a formare i battaglioni “Dzhokhar Dudayev” e “Sheikh Mansur” e la divisione “Crimea”, ben contenti di affrontare gli odiati nemici ceceni fedeli a Ramzan Kadyrov e gli infedeli russi.

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Da questo ultimo punto, traiamo una deduzione logica non fattuale. Solo gli ucraini conoscono le storie e la provenienza di questi soldati militanti, ma è del tutto plausibile che tra le loro fila ci siano estremisti islamici.

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1.4.2024

2- DALL’IRAQ/ Card. Sako: comandano le milizie, se l’Occidente non ci aiuta i cristiani spariranno

01.04.2024 Ultimo aggiornamento: 06:20 - int. Louis Raphael Sako

Il card. Sako spiega la situazione dei cristiani in Iraq. I vescovi non dispongono più dei beni delle chiese. Sarà comunque una Pasqua di speranza

Un Paese in cui manca lo Stato e le milizie fanno il bello e cattivo tempo. L’Iraq del dopo Saddam Hussein è segnato dalla corruzione e dall’arbitrio, con ripercussioni soprattutto sulla comunità cristiana, i cui vescovi ora non possono più nemmeno amministrare i beni della Chiesa. Una situazione drammatica, spiega Louis Raphael Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, che mette a rischio l’esistenza stessa dei cristiani in Iraq. Molti se ne sono già andati e altri stanno partendo, in particolare dopo la strage di Qaraqosh del settembre dell’anno scorso, dove sono morte 133 persone. La Pasqua per questo viene vissuta senza le grandi celebrazioni del passato, ma nella preghiera per alimentare la speranza di sopravvivenza di una comunità che si sente minacciata.

Il Medio Oriente è tornato al centro delle cronache internazionali, ma poche volte si sente parlare dell’Iraq. Qual è la situazione del Paese, come vive la gente?

La gente è molto preoccupata e ha paura del futuro perché questo Paese da tempo non ha stabilità. Le istituzioni sono deboli, non si fa rispettare la legge. Tutto è basato sulla tradizione. Noi abbiamo molto sofferto negli ultimi 20 anni, tanto che più di un milione di cristiani hanno lasciato il Paese: c’è corruzione, confusione politica, settarismo. Prima c’era più sicurezza. Saddam Hussein era un dittatore ma c’erano i tribunali, c’era una giustizia funzionante. Ora è arrivata la guerra in Palestina, che ha cambiato tutto anche in altri Paesi come Siria e Libano. I cristiani non sono tranquilli, non si sentono sicuri e non vedono un futuro migliore

3-DALLA SIRIA/ Mons Audo: la gente è stanca della guerra ma non crede più alla pace

01.04.2024 - int. Antoine Audo

In Siria la crisi è spaventosa e molti lasciano il Paese. La comunità cristiana semina speranza con gesti di solidarietà

Il peso di dodici anni di guerra, della pandemia, di un terremoto devastante, di una povertà endemica, per molti diventa troppo oneroso. E allora ecco che la speranza di una vita migliore i siriani la coltivano soprattutto all’estero. “Non c’è cibo, non ci sono farmaci”, racconta Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo, “si fa fatica a sopravvivere, è comprensibile che molte famiglie decidano di andarsene in Libano e poi in Canada, in Australia, in Svezia. Così però la Siria, dove il governo è troppo debole per riuscire a ideare e realizzare un piano di sviluppo, si sta spopolando e anche la presenza dei cristiani diventa sempre meno consistente”….

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