Qatargate, l’audio choc che può far crollare l’inchiesta: «Panzeri non ha alcuna credibilità, esploderà tutto»
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Così parlava il capo degli investigatori in una conversazione registrata di nascosto da Francesco Giorgi.
5 FEBBRAIO 2024 - 16:05 di Diego Messini open.online lettura3’
Così parlava il capo degli investigatori in una conversazione registrata di nascosto da Francesco Giorgi. «Devi essere pazzo per avere fiducia nella giustizia», aggiungeva
A 14 mesi dallo scoppio del caso, con i primi arresti eccellenti, l’inchiesta “Qatargate” sul presunto traffico di tangenti da Qatar e Marocco in cambio di decisioni Ue favorevoli non è arrivata ad alcun esito conclusivo, l’impianto accusatorio a carico degli indagati – tra cui alcuni attuali o ex eurodeputati – non ha trovato riscontri certi e il giudice istruttore e il pm che lanciarono l’inchiesta se ne sono forzatamente allontanati. Cinque persone sono però tuttora agli arresti domiciliari: Antonio Panzeri, ex eurodeputato e pilastro dell’inchiesta, il suo ex assistente Francesco Giorgi, la moglie Eva Kaili – rimossa dalla vicepresidenza del Parlamento europeo per via dello scandalo – e gli eurodeputato Marc Tarabella e Andrea Cozzolino. Ora la bolla di quell’inchiesta rischia di scoppiare con la deposizione di un audio attribuito al capo degli investigatori del Qatargate. Nella registrazione, il poliziotto sembra ammettere la vacuità dell’inchiesta stessa e della credibilità del presunto “pentito” che ne sta alla base, Panzeri. «Non crediamo a niente di quello che dice. Sappiamo benissimo che ci sta prendendo in giro, lo sappiamo. Ma esploderà tutto (…) lo so che ci sta mentendo», dice il capo degli investigatori del Qatargate nell’audio, che sarebbe stato registrato da Giorgi durante una conversazione dello scorso maggio e depositato oggi dal suo avvocato. «Devi essere pazzo per avere fiducia nella giustizia oggi», aggiunge l’ufficiale di polizia giudiziaria. «Avrò fiducia nella giustizia il giorno in cui giudici e pm non saranno nominati politicamente», come accade in Belgio.
L’inchiesta traballa
Frasi potenzialmente esplosive, perché potrebbero contribuire a minare ulteriormente alle fondamenta l’impianto accusatorio dell’intera inchiesta. I suoi «padri», d’altra parte, non se ne occupano più. Il giudice istruttore Michel Claise, tanto osannato quanto discusso in Belgio per le sue battaglie intransigenti contro la corruzione, ha dovuto lasciare il fascicolo a giugno dopo che era emerso un serio conflitto di interessi (suo figlio è socio in un’impresa con quello di una delle eurodeputate coinvolte nell’inchiesta, ma mai iscritte nel registro degli indagati, Maria Arena) e poche settimane fa ha annunciato lil suo ingresso in politica. Mentre il procuratore federale Raphael Malagnini è stato trasferito ad altro incarico ad ottobre su decisione del Consiglio superiore di giustizia belga.
Come sono emerse le registrazioni
Le frasi nel mirino sono state registrate da Giorgi quando l’ex assistente di Panzeri ha perso ogni fiducia nelle possibilità di collaborazione con la giustizia belga, secondo quanto ricostruisce il Corriere della Sera. A fine aprile infatti, mentre Giorgi veniva interrogato dagli interrogato, la sua casa fu nuovamente perquisita e gli furono portati via degli appunti personali preparati per l’avvocato Pierre Monville. Secondo il giovane lombardo, gli inquirenti avevano piazzato anche microspie nel suo appartamento di Bruxelles. Pochi giorni dopo, è la ricostruzione, il capo degli investigatori si presentò da solo a casa di Giorgi per restituirgli un cellulare sequestrato. Ne nacque una conversazione molto spigolosa, che l’ex assistente parlamentare registrò. «Ora avete accesso alle mie note confidenziali che avevo preparato con il mio avvocato. Non è normale», si adira Giorgi, consapevole che in quei fogli stanno anche dichiarazioni estremamente problematiche sui reali interessi in gioco con alcuni Paesi stranieri, che non aveva però alcuna intenzione di far pervenire agli inquirenti, anzi. protesta ricordando che fino ad allora era disposto a collaborare con gli inquirenti. «Ma sì, è normale, questo ci dimostra che hai accesso al fascicolo e che adatti i tuoi discorsi su ciò che è agli atti. Ma ci sono cose che non mettiamo agli atti», gli risponde il poliziotto. «Sono davvero scioccato, questi sono i metodi che avevamo negli anni ‘90 in Italia con Mani Pulite. Questa è un’intimidazione», attacca ancora Giorgi, imbufalito. «No, perché altrimenti il giudice non avrebbe emesso un mandato di perquisizione. E il giudice è il garante che le cose succedano sia a carico che a difesa», risponde senza indugio l’ufficiale di polizia. Che alla fine consegna a Giorgi il suo verdetto più ampio, all’insegna del nichilismo: «Non devi avere fiducia nella giustizia: qualunque sia il Paese e qualunque sistema giudiziario esso sia, non c’è giustizia» perché questa è controllata direttamente dai politici.