“ISRAELE PUÒ SMETTERE DI BOMBARDARE, HAMAS NON PUÒ SMETTERE DI UCCIDERE” -

CAPPELLINI FA A PEZZI IL SEGRETARIO GENERALE ONU ANTONIO GUTERRES CHE HA DETTO COME “GLI ATTACCHI DI HAMAS NON NASCONO NEL VUOTO

27.10.2023 dagospia.com lettura2’

“CONCEDE AI TERRORISTI UNA GIUSTIFICAZIONE IMPLICITA E SOPRATTUTTO INFONDATA. NELLA STORIA NULLA NASCE NEL VUOTO, MA HAMAS UCCIDE PER MISSIONE, NON PER REAZIONE”

Stefano Cappellini per La Repubblica - Estratti

Israele può smettere di bombardare Gaza, Hamas non può smettere di uccidere. Il primo è uno Stato democratico, che può compiere scelte sbagliate o anche scellerate ma è in condizione di correggerle o rimangiarsele, il secondo è una organizzazione fondamentalista e terrorista il cui scopo unico e immutabile, per statuto, per missione per vocazione, è la distruzione fisica dell’avversario e di tutte le sue istituzioni.

Sta tutta qui, nella chiara asimmetria tra le parti in conflitto, l’inopportunità della battuta del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, in quel passaggio che tante polemiche ha creato: “Gli attacchi di Hamas non nascono nel vuoto”. Una frase infelice non perché sia vero il contrario. Nella storia nulla nasce nel vuoto.

(...) Ma quella frase sul "vuoto" concede a Hamas una giustificazione implicita e soprattutto infondata, come dimostra tutta la storia del ruolo di Hamas nel conflitto israelo-palestinese.

I kamikaze di Hamas si facevano esplodere sui bus di Tel Aviv, nei locali, per le strade di Israele anche quando la trattativa di pace per la soluzione “due popoli due Stati” era ancora aperta, e proprio per questo lo facevano: per sabotarla e impedirne il buon esito.

Per realizzare il suo disegno omicida Hamas non ha bisogno che Israele sia governata dall’estrema destra, o che intensifichi la colonizzazione dei Territori occupati o che compia altro genere di abusi sulla popolazione palestinese. Hamas ucciderebbe gli ebrei comunque, esattamente come l’Isis macella gli infedeli non perché ci sia stato il colonialismo, o la guerra in Iraq, e tantomeno la diaspora palestinese, ma perché è il suo lavoro: sterminare gli infedeli, piegare i sopravvissuti a vivere nel Califfato.

Anche qui l’equivoco è il medesimo: qualunque errore l’Occidente abbia potuto commettere, e ne ha certamente commessi di gravi, favorendo così l’arruolamento e la crescita del terrorismo, ciò non toglie che l’Isis – come prima al Qaeda - sarebbe rimasto tale: una macchina del terrore tesa all’annientamento dell’avversario con ogni mezzo disponibile. Non capirlo significa non aver chiaro cos’è il moderno fondamentalismo islamista, quando e come è nato un secolo fa, cosa pensa e cosa vuole, obiettivi che non dipendono in alcun modo dal rapporto più o meno buono che l’Occidente sceglie di intrattenere con il mondo musulmano.

È giusto che l'opinione pubblica, la comunità internazionale chiedano a Israele di temperare la sua reazione; è sacrosanto che l’Occidente si mobiliti per evitare a Gaza anche solo una morte di civile innocente. Ma vedere persone di sinistra che in Europa – a Parigi, a Londra, a Milano – sfilano accanto a militanti islamisti che urlano Allahau akbar, convinte di manifestare per la Palestina anziché tenere bordone ai piani di criminali oscurantisti, è agghiacciante e testimonia una deriva forse irrecuperabile.

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