Turchia e Siria.Nelle città più colpite dal terremoto un solo escavatore per cercare centinaia di morti

Il dramma della Siria divisa, 12 anni di guerra e ora il terremoto: “Lasciati soli, non ci resta che scappare”

Elena Del Mastro — 15 Febbraio 2023 ilriformista.it lettura3’

Il dramma della Siria divisa, 12 anni di guerra e ora il terremoto: “Lasciati soli, non ci resta che scappare”

A nove giorni dal sisma che ha colpito la Turchia e la Siria con epicentro nel governatorato turco di Kahramanmaras, area che dista soli 60 chilometri dal confine siro-turco, il bilancio delle vittime ha superato quota 40.000. Ma la ferita più grande resta in quella parte della Siria rimasta isoalta e abbandonata e dove le speranza si affievoliscono giorno dopo giorno.

Difficile fare la conta delle vittime in un territorio diviso e così politicamente complesso, piegato da 12 anni di guerre su cui si è abbattuto anche il grave sisma. Secondo quanto riportato dall’agenzia Nova, in Siria, secondo un ultimo bilancio diramato dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), organizzazione non governativa con sede a Londra ma con una vasta rete di fonti sul campo, il numero delle vittime è salito ad almeno 5.417, di cui 2.063 nelle aree poste sotto il controllo di Damasco e altri 3.349 nelle regioni controllate dai gruppi di opposizione al presidente Bashar al Assad. Secondo il ministero della Salute siriano, invece, le vittime nel Paese ammontano a 1.414.

Repubblica racconta la situazione disperata soprattutto nel Nord Ovest, lembo di terra lacerato dal dolore, prima per i bombardamenti di Bashar al-Assad e ora dal terremoto che ha completamente raso al suolo le città. Le persone hanno scavato per giorni, spesso a mani nude, ma a 9 giorni dal sisma la speranza di trovare vivo qualcuno non c’è più. E a prevalere è lo sconforto di chi davvero non ce la fa più. Basti pensare alla cittadina di Ariba: nel 2004, censiva 585 persone al suo interno, in vent’anni la popolazione sarà certamente aumentata per via dei profughi arrivati ma ieri le forze di difesa civile dei territori liberati, contavano 627 vittime.

“Siamo usciti subito per tirare fuori i vivi”, racconta il responsabile nell’area dei Caschi bianchi, ma questa Protezione Civile è priva di mezzi e povera come tutto il resto della zona. Repubblica racconta l’emblematica situazione della cittadina di Haram, governatorato di Idlib. Due quartieri sono venuti giù per intero e per liberare le macerie lavora un solo escavatore. Haram, ventinovemila abitanti presunti, di morti, fin qui, ne ha contati 720. In Turchia ci sono ancora i miracoli delle vittime tirate fuori vive giorni dopo. Come è successo a una donna di 77 anni è stata estratta viva dalle macerie del terremoto 212 ore dopo il sisma. Il salvataggio è avvenuto nella regione sud-orientale della Turchia di AdÕyaman: lo riporta l’agenzia di stampa statale turca Anadolu.

In Siria miracoli non ce ne sono, al massimo si sperano, ma pochi hanno la forza anche solo di sperare. I mezzi per le ricerche sono pochi e vecchi, ridotti al minimo. “Ogni metro che andiamo avanti, la conta delle vittime cresce”, dice il responsabile locale dell’Organizzazione mondiale della sanità. In questi territori la Turchia negli ultimi anni aveva diffuso la sua influenza. Erdogan ha iniziato a finanziare le forze Anti Assad che al loro interno trattengono cellule jihadiste affinché i miliziani cacciassero dal Nord della Siria i curdi, nemici della Turchia. Così hanno ottenuto da Ankara aiuti umanitari e lire turche. Erdogan ha aperto panifici e ospedali gestiti da siriani. Ma ora il terremoto cambia ancora una volta il volto politico di quei territori. Aiuti umanitari solo nelle ultime ore arrivano attraverso i passaggi controllati da Assad o da Erdogan. E la situazione è sempre più drammatica.

L’attivista di Idlib, Abdulkafi Alhamdo, program manager di “Still I rise”, a Repubblica dice: “Molti siriani, molti più di prima, vorrebbero scappare in Europa, in Turchia“. Il traduttore Ayoub Abdelsalam, anche lui di Idlib, aggiunge: “La Turchia è scesa nelle nostre terre, ha ridefinito alcuni confini spostandoli in avanti e alzando nuovi muri, ma adesso, dopo la catastrofe, potrebbe essere Erdogan a non voler più aiutare la Siria del Nord. Il terrore di una nuova ondata di migranti potrebbe fermare ogni progetto di allargamento territoriale“.

Elena Del Mastro

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