Il mistero dei soldi della Libia usati dagli Stati europei

Il sospetto è che, almeno in parte, i fondi sequestrati a Gheddafi servano e sono serviti per attività tutt’altro che meritevoli.

NOV 27, 2018 MAURO INDELICATO www.occhidellaguerra.it

Prende sempre più piede la polemica sui fondi congelati a Gheddafi nel 2011 in Europa e che, negli ultimi anni, sarebbero però stati ugualmente utilizzati per finanziare ribelli e fazioni libiche. Non solo in Belgio, dove è da alcune settimane un caso politico l’inchiesta della Rtbf sui miliardi libici “custoditi” in alcune banche del Paese e girati in modo sospetto verso il paese africano, anche in altre parti d’Europa si discute circa il destino delle ingenti somme poste sotto la scure del congelamento da parte delle Nazioni Unite. Il sospetto è che, almeno in parte, i fondi sequestrati a Gheddafi servano e sono serviti per attività tutt’altro che meritevoli.

Cos’è la Lia

Ma è bene fare un passo indietro e partire dal 2006. In quel periodo il governo di Tripoli attraversa una fase importante di transizione. Da appena due anni sono terminate le sanzioni internazionali, a seguito della rinuncia di Gheddafi al programma di sviluppo di armi nucleari, e la Libia decide per una politica più incisiva sotto il profilo economico. Viene creato un fondo destinato ad includere tutti i proventi del petrolio in eccesso. Il fondo viene chiamato Lia, acronimo di Libyan Investment Authority e si stima al suo interno una cifra di quasi 70 miliardi di dollari. Il meccanismo che porta alla fondazione del fondo è molto semplice: tutto ciò che non viene speso dai proventi del petrolio viene girato alla Lia. In pratica il fondo è alimentato dal surplus generato dalle transazioni derivanti dalla vendita dell’oro nero. Anche l’obiettivo della Lia appare semplice: far fruttare queste somme e generare per la Libia dei ricavi che aiutino il paese ad affrontare eventuali crisi energetiche od abbassamenti del prezzo del greggio. Come scrive Giancarlo Elia Valori, Tripoli nel 2006 opta per tre direttrici di indirizzo per la gestione dei fondi della Lia: dei circa 70 miliardi in portafoglio, 30 miliardi di dollari sono investiti in bonds, hedge funds, altri miliardi nella finanza di impresa e infine, le rimanenti somme vengono “accantonate” per la liquidità temporanea messa in sicurezza presso la Banca Centrale Libica e la Libya Foreign Bank.

Poi arriva il 2011, con esso le rivolte, le presunte primavere arabe e quindi il bombardamento Nato. L’Onu decide di congelare le somme all’estero di Gheddafi. Ed è qui che, specialmente sotto il profilo mediatico, si crea un profondo ed importante malinteso: si parla di congelamento del “tesoro del rais”, invece ad essere bloccati sono somme del fondo sovrano, della Lia per l’appunto. Sono miliardi non personalmente riferibili all’ex leader libico, ma all’intera Libia.

“Fondi della Lia usati da paesi europei”

Da qui l’inchiesta della tv belga che sta creando scandalo nel paese. In Belgio, presso alcune filiali locali di importanti banche, risiedono alcuni miliardi della Lia investiti all’estero da Tripoli. Almeno 14 miliardi dei 66 ufficialmente congelati del fondo sovrano si troverebbero proprio qui. Ma mancano all’appello tra i 3 ed i 5 miliardi di Euro. Somme ingenti che, secondo i giornalisti autori del reportage, sarebbero stati tolti dalle somme congelate e girati in Libia a milizie e trafficanti di esseri umani. Accuse pesanti sostenute politicamente anche da alcuni deputati quali Georges Gilkinet e Dirk Van der Maelen. Ma nell’occhio del ciclone non ci sarebbe soltanto Bruxelles. Nei giorni scorsi infatti, una nota degli attuali vertici della Lia punta il dito contro alcuni paesi europei, tra cui l’Italia: “Cinque paesi europei – si legge – Hanno distribuito denaro dai conti congelati nel vecchio continente”. Gli Stati menzionati dai leader della Lia, in particolare, sono Belgio, Italia, Germania, Gran Bretagna e Lussemburgo.

Nei giorni successivi allo scandalo in Belgio, il governo di Bruxelles si è difeso sostenendo come in realtà il congelamento dell’Onu non valga per gli interessi maturati dai conti libici all’estero. In parole povere, quei 3 – 5 miliardi di cui non c’è traccia sarebbero in realtà gli utili dei fondi libici i quali, per l’appunto, non sarebbero soggetti alle normative volute dalle Nazioni Unite nel 2011. Secondo un report della stessa Onu in realtà le cose non starebbero così: anche gli interessi andrebbero considerati tra i fondi da congelare e non utilizzare. Ma ammettendo per assurdo che quei miliardi siano realmente utilizzabili, il problema sarebbe comunque anche di natura politica.

La Libia è fondamentale per la sicurezza dell’Italia.

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Proprio un altro rapporto Onu, pubblicato a settembre, denuncia come in Libia diverse milizie e diversi sodalizi criminali anche non libici ricevano fondi esterni. Potrebbe esserci un collegamento tra quei miliardi spariti in Belgio ed in altri paesi europei ed il finanziamento sospetto di milizie e fazioni in Libia. Il problema dunque, prima ancora di riguardare la tematica sulla possibilità o meno di spendere gli interessi dei conti della Lia all’estero, ha a che fare su come queste somme sono state utilizzate. E soprattutto, su chi le ha intascate.

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